HiroKyo, Prologo (con premessa)

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Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 28/7/2009, 21:05 by: Nerissa




L'OSPITE ATTESA - SEGUITO

Akatzuki battè leggermente le nocche contro lo stipite, ma aveva la sensazione che dentro la camera non ci fosse nessuno. Infatti, nessuno aprì la porta e nessuno lo invitò ad entrare.
Si mise le mani in tasca e chinò la testa accompagnando il movimento con un sospiro.
Non poteva entrare in quella stanza senza il permesso del suo occupante. D’altro canto, la nuova allieva era stata convocata da Kaname-sama. Lui doveva accompagnarla nello studio del capo dormitorio prima dell’inizio delle lezioni, e fuori le ombre stavano già scendendo.
- Stavi cercando me, Akatzuki – senpai?
Voltò lentamente la testa e rimase sorpreso nel vedere la giovane vampira in piedi accanto a lui, con indosso la divisa impeccabilmente indossata ed i libri in mano.
Chissà perché, aveva immaginato che il suo aspetto fosse più giovanile. Invece, il volto serio e la posa composta ed aggraziata gli sembravano familiari ma discordanti con l’idea che fosse una allieva. E poi, quegli occhi profondi ed estremamente chiari intimidivano un poco.
Nell’insieme, gli ricordava Seiren.
No, a dire il vero…quegli occhi senza tempo gli ricordavano…Kaname – sama.
- Il capo dormitorio ti vorrebbe parlare, prima che ti presenti alla classe. Potresti raggiungerlo nel suo studio? Posso accompagnarti, se vuoi.
- Non sarà necessario. Grazie comunque, Akatzuki-senpai.
Mentre la guardava proseguire il percorso lungo il corridoio vide arrivare dal verso opposto Ruka. Anche lei guardò la nuova arrivata passarle accanto con aperta curiosità e sorpresa. Quando poi si accorse che stava andando nella zona del dormitorio riservata a Kaname Kuran le sopracciglia le si aggrottarono automaticamente.
Si voltò verso Akatzuki con sguardo interrogativo e seccato nello stesso tempo.
Lui la guardò dritto negli occhi, sollevando le sopracciglia.
- Mekane Kyo. – disse.
- Quella nuova?
- Evidentemente.
- Stanno per iniziare le lezioni. Perché sta andando da quella parte?
- Credo che la cosa non ti riguardi, Ruka.
Ruka sbuffò, gli passò davanti e non si trattenne dall’esprimere il prevedibile commento.
- Sei sempre il solito, Akatzuki.
- Anche tu. – ribattè prontamente lui. Ma si pentì subito di questa sua risposta, perché non potè non vedere il velo che scese per un attimo negli occhi di lei.
Tacendo, scesero insieme le scale per andare nella sala comune, in attesa di poter uscire dal dormitorio con tutti gli altri, per andare a lezione.

Finora era andato tutto come previsto.
Ma la presenza di Kaname Kuran non poteva non turbarla.
Stava facendo un sforzo terribile su se stessa per non tremare ma, cosa che non le capitava spesso, anche respirare le risultava difficile.
Troppo potere emanava da quell’uomo.
Troppo…male.
Lui non poteva non essere consapevole di quello che stava provando.
- Sarà meglio che ti siedi su quella poltrona, Mekane – chan. – le disse gentilmente lui.
Lei lo fece subito, ma non era ancora pronta a guardarlo negli occhi.
- Così non va bene, Kyo. Dovrai stare in questo posto per diverso tempo. Non è pensabile che tu stia così male ogni volta che mi incontri, o mi stai vicino.
- Sono mortificata…Kaname – Sama.
- C’è qualcosa in particolare che ti disturba?
- Sono certa che si tratta solo di acquisire familiarità con le mie sensazioni in vostra presenza. Spero che mi ci voglia poco tempo, per questo. Farò del mio meglio per disciplinarmi.
Lui tacque un momento e si allontanò il più possibile da lei.
Dall’altra parte della stanza c’era una vasta libreria. Si fermò li, guardando gli scaffali come se stesse cercando un volume.
- Credimi, Kyo, posso capire che cosa provi. Purtroppo, nel tuo caso, non posso fare nulla per alleviare la tua pena. Temo che se ti permettessi di vedere anche solo un poco in me, non potrei che peggiorare le cose.
- Oh, ma io ho fede in voi, Kaname – sama.
- Davvero? – posò i suoi occhi su di lei come se fosse veramente sorpreso.
Sorrise.
– Mi chiedo se ho fatto bene ad invitarti qui, soprattutto sapendo che ti saresti inevitabilmente portata dietro la tua ombra, Nakada.
Lei non replicò.
- Lo so che non gli hai chiesto tu di accompagnarti. D’altronde, avresti potuto impedirglielo, se avessi voluto. All’inizio ero un po’ contrariato, ma poi ho capito che la presenza di Nakada potrà comunque avere la sua utilità.
Vide che la ragazza aveva smesso di tremare.
Fece con noncuranza due passi verso di lei.
– So che hai conosciuto il nostro allievo della disciplinare. Mi chiedo come mai io possa metterti a tal punto a disagio, mentre quel ragazzo non ti preoccupi minimamente.
Un altro passo.
– E sento che anche per Hiro sei preoccupata. Eppure, in lui leggi come in un libro aperto. Ma Kiryu Zero non ti crea la minima alterazione. Perché?
- Non mi spaventano le persone che stanno così male. Quel tipo di dolore mi è comprensibile e so come affrontarlo. Ed anche quel tipo di odio mi è familiare. Il vostro dolore, Kaname – sama, è intrecciato al vostro odio, al vostro potere ed alle vostre preoccupazioni in modo tale da annichilirmi. Quanto ad Hiro, anche il suo potere è troppo forte, anche se ben lontano dal vostro, e lui non è capace di gestirlo. Sono troppo coinvolta con lui per poterlo aiutare in questo. Ecco perché sono preoccupata per lui. Perdonate se ho parlato con tanta franchezza.
- E’ bene che ne parliamo adesso, perché poi non lo faremo mai più. Ad ogni modo, al momento è libero un posto di disciplinare. Vorrei che fossi tu a svolgere quel ruolo. E vorrei che lo facessi anche fuori dalla scuola, accompagnando Zero. Nonostante la sua condizione…speciale, sta svolgendo una serie di missioni per conto della Associazione.
- Devo andare a caccia di Level E?
- Sì. Anche.
- Questo lo posso fare da sola.
- Ma io non voglio.
- Come desiderate.
- Non mi chiedi perché?
- Mi dareste una risposta sincera?
- Probabilmente non del tutto, no.
Finalmente, Kyo riuscì a sollevare lo sguardo ed a fissare Kaname negli occhi.
- Al momento opportuno lo capirò il perché. E quando accadrà, saprò che cosa devo fare. E’ questo che intendete dire, non è vero? Forse sopravvalutate troppo le mie capacità, Kaname - sama.
- So che ti sembrerà arrogante, ma difficilmente mi sbaglio, Mekane. Ad ogni modo, tu sarai una disciplinare, anche se indosserai la divisa della Night Class, pertanto farai capo anche al preside Cross. Lui ha convenuto con me che sei la persona adatta per assumerti questo incarico. Lì – e indicò con gli occhi un
tavolinetto accanto alla poltrona dove la ragazza era seduta – c’è la fascia distintiva che dovrai portare sempre.
Kaname si voltò verso la finestra e guardò verso il quarto di luna che stava per essere coperto da un velo di nuvole.
- E’ ora di andare. – disse.


La pioggia fitta aveva dissuaso gli allievi e soprattutto le allieve della Day Class ad attendere fuori dal portone che separava i due dormitori l’abituale sfilata degli studenti della Night Class che si recavano nelle aule poco prima del tramonto.
Ormai pioveva da giorni, ma nella piccola processione serale gli unici che si riparavano sotto i loro graziosi ombrelli erano Ruka, Rima e Ichiju.
A tutti gli altri sembrava che l’acqua fosse più o meno indifferente.
A tutti, meno uno.
- Accidenti, quando smetterà questo tempo! Sono giorni che non vedo le mie fan, l’unico elemento divertente tra tutta questa noia. – disse contrariato Aidouh.
- Speriamo che piova ancora per qualche settimana. – commentò Akatzuki.
- E’ così riposante non dovermi mettere la crema protettiva tutti i giorni. – aggiunse Shiki.
- Anche voi siete noiosi! Noiosi! NOIOSI!– replicò Aidouh. – E poi, detesto sentirmi sempre con gli abiti bagnati addosso.
- E allora perché non ti porti un ombrello e la fai finita? – intervenne Ruka.
- Ma vuoi scherzare? Gli ombrelli mi stanno malissimo.
- Questa la dovevo ancora sentire. – mormorò Akatzuki.
- Visto che le tue ammiratrici non sono in giro, potresti prenderlo un ombrello. – commentò Rima. _ Non sono così male, basta saperli portare.
- Che esaltante livello di conversazione...- mormorò di nuovo Akatzuki.
Aidouh guardò di sbieco la nuova studentessa, che indossava un impermeabile bianco, con il cappuccio. A pochi passi da lei, come se fosse una sua ombra, Hiro Nakada con il suo perenne sorriso divertito. Come Akatzuki, anche lui incedeva con le mani in tasca, e non portava la cravatta. Da sotto una manica della giacca che portava tirata su sulle braccia, si intravedeva un pezzo del suo tatuaggio. In verità, si poteva definire in diversi modi, ma non certo come l’ombra della discreta Kyo Mekane. La personalità di Nakada emanava da lui anche senza che facesse nulla per esaltarla.
Aidouh si raddrizzò, impermalosito da quella ingombrante presenza, e , scuotendo la testa, schizzò d’acqua sia Shiki che Akatzuki.
- Assolutamente no! – disse, deciso. – niente ombrelli!!
- Ad ogni modo, dobbiamo percorrere solo pochi metri – intervenne conciliante Ichiju. – e credo proprio che domani sarà di nuovo una bella giornata. Vieni sotto il mio ombrello, Aidouh.
- E va bene, va bene…
- Kyo. – la voce bassa di Kaname fece troncare immediatamente il chiacchiericcio.
- Kaname – sama?
- Ricordati di passare dal preside Cross, oggi, prima delle lezioni.
- Sì, Kaname – sama.
Senza affrettarsi, Kaname superò comunque tutto il resto del gruppo, seguito dall’inseparabile Seiren. Invece, Mekane e Nakada restarono di alcuni passi indietro. Nakada aveva preso la mano di Mekane e le stava sussurrando qualcosa, attirandola più vicino a se.
Ruka gettò uno sguardo da sopra la spalla verso di loro ed aggrottò le sopracciglia.
- Non capisco proprio che cosa ci facciano quei due, qui.
Disse, tra i denti. – Nakada si concia come un teppista, in classe manca poco che dorma, e Mekane…Mekane…dopo le lezioni rimane in aula, oppure sparisce senza nemmeno lasciare detto che fa e dove va, violando una regola che rispettiamo imprescindibilmente tutti. Entra ed esce dal dormitorio come le pare.
- Ruka. – disse Akatzuki. – Mekane è arrivata da poco, sta ancora ambientandosi e pare che abbia preso i nostri “studi” molto seriamente.
- E tutte quelle visite a Kaname – sama! Non lo lascia un attimo in pace.
- Quando si è convocati, nessuno può dire di no a Kaname – sama. – disse Aidouh, sollevando un dito indice come se stesse impartendo a memoria una lezione.
- C’è poi questo comportamento indecente che ha con Nakada. Così, pubblicamente…ormai sappiamo tutti che condividono la stessa stanza. Lui appartiene ad una delle famiglie più importanti…e lei…
- Ruka. – Akatzuki la interruppe, cosa che faceva raramente, ma senza alzare la voce. – Mi sembra di avertelo già detto, non ti occupare di cose che non ti riguardano.
- Oh, Akatzuki, senti…
- A me invece piace, Kyo – chan. – intervenne Aidouh sorridendo. Ichijo faticava a coprirlo con il suo ombrello, visto che il ragazzo non faceva che agitarsi. - Con me è sempre gentile e poi, quando sorride, il suo viso diventa molto dolce…a te, invece, Ruka, si stanno formando delle rughe proprio sopra il naso.
- Aidouh, anche tu!
- Anche a me piace Kyo – san. – si intromise Rima - Ogni volta che rientra dalla città ci porta sempre i nostri dolci preferiti. Vero, Shiki?
- Uhm.
- Con voi deficenti basta che una persona sia appena civile e subito le cadete ai piedi. – ribattè Ruka. Ed affrettò il passo per raggiungere Kaname, lasciando gli altri indietro.
- Ruka è sempre più scorbutica. – affermò Aidouh.
Akatzuki sospirò.
– Però è vero che Mekane ha più libertà di movimento di quanta viene concessa a noi. – disse.
- Non è più libera. – puntualizzò Ichijo. – Ha, piuttosto, più obblighi di noi. Lei è una guardian, prima e dopo le lezioni deve perlustrare il perimetro del collegio. E quando esce, è sempre per ordine del preside Cross o di Kaname – sama.
- Che condivida la stanza con Nakada però è vero. – disse Aidouh, aggrottando le sopracciglia. – Effettivamente, questa cosa ci fa sentire tutti a disagio. Nakada, poi, sembra un cane da guardia, non la molla un attimo, qui dentro. Che selvaggio, si comporta come se fosse una sua proprietà.
- Ti da fastidio solo perché non riesci mai a restare abbastanza da solo con lei per provarci. – disse Akatzuki.
- Proprio così! Insomma, io non sono snob come voi, mi piacerebbe conoscerla meglio! E’ così carina…
- Aiudouh – kun. – fece Ichijo, improvvisamente serio. - E’ meglio che lasci perdere Kyo – san, non voglio assolutamente che tu corra il rischio di scontrarti con Nakada. Comunque - qui Ichijo sorrise un poco - non è che le stia sempre vicino perché la consideri di sua proprietà, ma solo perché anche se volesse non potrebbe allontanarsi troppo da lei. – una pausa. - Si tratta di un legame di sangue.
Aidouh e Akatzuki spalancarono entrambi gli occhi.
Poi Aidouh aggrottò di nuovo le sopracciglia. – Se è un legame di sangue, allora come fa Nakada ad accettare il fatto che faccia la guardian con quella bestia di Kiryu Zero? Quell’arrogante, maleducato, violento, mezzo vampiro, mezzo stronzo…senza contare che potrebbe impazzire da un momento all’altro e farla fuori!! Che razza di incoscienza, sapendo quello che Kiryu pensa dei vampiri…
- Basta spettegolare, adesso. – disse Ichijo,ridendo. - Aidouh, certe volte sei peggio di Ruka…
- Non mi paragonare a quella strega!
Erano oramai arrivati al portone dell’edificio scolastico. Proprio all’entrata, Zero stava aspettando che l’intera Night Class lo oltrepassasse, per verificare che ci fossero tutti. Ichiju lo salutò cordialmente, sorridendogli e ringraziandolo per il suo lavoro, esattamente come aveva fatto Kaname Kuran qualche istante prima.
Tutti gli altri vampiri lo ignorarono, come sempre, e lui ignorò loro.
Fino a quando arrivarono gli ultimi due.

- Mekane. – disse Zero a bassa voce, - vieni, dobbiamo andare dal preside Cross.
- Mekane – San. – Lo corresse Hiro, aggrottando lievemente le sopracciglia ma mantenendo il suo imperturbabile sorriso divertito e minaccioso ad un tempo. – Certo l’educazione non è una delle tue qualità, Zero – kun.
- Per quanto ne so, nemmeno una delle tue, Nakada – senpai. – ribattè prontamente Zero.
- Beh, anche questo è vero. Ma io, almeno, mi diverto. Tu, invece, devi fare degli sforzi incredibili per mantenere costante quel muso ingrugnito.
- Mekane….”san”, dobbiamo veramente andare. – disse Zero, ignorandolo.
- Preferirei che mi chiamassi Kyo, Zero. – disse lei.
- Come è sempre troppo gentile la mia ragazza. – mormorò Nakada, stringendole una spalla con la mano. Lei si voltò un poco verso di lui e ricambiò il suo sorriso.
- Ci vediamo tra poco a lezione, Hiro.
Lui la guardò negli occhi, spegnendo il suo sorriso, improvvisamente dimentico di Zero, e le accarezzò una guancia delicatamente.
- Ti aspetto. – sussurrò.
Gli altri erano già tutti entrati e lui la lasciò quasi bruscamente, avviandosi solitario lungo il vialetto, seguito dallo sguardo di Kyo e di Zero.
- Credo che per questa notte ti aspetterà più di quanto creda. – commentò quest’ultimo, mentre a sua volta imboccava la direzione opposta, verso l’ufficio del direttore.
Kyo lo seguì senza replicare, e stettero in silenzio fino alla porta del preside.

Zero la aprì senza bussare.
Dentro la stanza c’erano due uomini seduti scompostamente sulle sedie di fronte alla scrivania.
Kaien Cross, invece, era intento a versare del tè in delicate tazze di raffinata porcellana cinese. I due sconosciuti la guardarono con fredda curiosità, ma Kyo non si sentì a disagio. Se c’era il preside Cross si sentiva al sicuro.
Curioso. Perché ho pensato questa cosa? Dovrei sentirmi così in presenza di Kaname – sama, invece Kaien Cross mi trasmette quella serenità e quella sicurezza che non riesco a percepire spesso. Quest’uomo…quest’uomo ha qualcosa di speciale.
In quel momento, il preside alzò gli occhi e subito le sorrise:
- Benvenuta, Kyo - san! Posso offrirti una tazza di tè?
- Grazie, ma…
- Zero?
- Io vado in perlustrazione. – Tagliò corto Zero, che era rimasto fermo sulla porta, la mano sul pomello. Gettò uno rapidissimo sguardo a Kyo, poi se ne andò, richiudendo seccamente la porta dietro di se.
Cross sospirò, con la tazza fumante in mano.
– Le maniere di quel ragazzo peggiorano di giorno in giorno – commentò, poi porse la tazza a Kyo.
– Siediti pure, cara. C’è una sedia libera.
Lei ubbidì docilmente, prese la tazza bollente, lasciando il piattino nelle mani del preside, e la tenne stretta tra le mani, sapendo che i due uomini avrebbero osservato attentamente ogni suo gesto.
- Questi due signori sono venuti per parlare con te dell’incidente occorso ai tuoi genitori, due mesi fa. Stanno indagando sull’assassino che ha compiuto quello scempio e pensano che tu possa aiutarli in qualche modo. Naturalmente, conosci Yoga Tagada, per averlo incontrato alcune volte a lezione. Questo, invece, è Kawabata Musashi. Lui non è un Vampire Hunter, il suo ruolo è quello di gestire le relazioni tra l’Associazione e il Consiglio dei Vampiri.
- Sostanzialmente, c’è una cosa che ci lascia perplessi, scusa la franchezza. – Intervenne subito Kawabata, interrompendo il direttore.
Cross aggrottò leggermente le sopracciglia, ma non disse nulla.
- Tu dove eri quella notte? Perché non sei stata tu a denunciare il fatto, ma Hiro Nakada, che però è stato piuttosto vago circa il motivo per cui si è trovato lì proprio in quel momento, cioè, quando il fatto era appena accaduto. Insomma, è un po’ strano…no?
Mi teneva stretta, con tutte le sue forze. Eravamo nascosti nel frutteto, la notte era senza luna, accucciati in terra, io ero racchiusa tra le sue braccia che mi tenevano ferma, e la sua mano era premuta fortemente sulla mia bocca, a bloccare le mie urla, che non riuscivo a fermare. Cercava disperatamente di non lasciarmi andare. “Ti prego…ti prego…non puoi fare niente…stai ferma…ti prego, Kyo!” mi sussurrava continuamente nelle orecchie, ma io ero come impazzita. Quelle urla, le altre urla…mio padre che mi implorava di scappare…e mia madre, che chiedeva pietà e che venne uccisa per prima, perché il suo grido tra le lacrime si spense all’improvviso. Restammo così ancora molto dopo che il silenzio era tornato nella casa. Hiro mi aveva stretto così forte che mi sentivo le braccia indolenzite. Quando finalmente mi tolse la mano dalla bocca, mi accorsi che non avevo più voce. Sentìì che si staccava da me, e che mi baciava le mani e il viso, mentre mi sussurava delle cose. Che cosa diceva? Non lo so, credo di non avere registrato le sue parole, ma posso immaginarlo. Non ricordo nemmeno il suo sguardo addolorato e preoccupato su di me. Immagino anche quello, perché conosco ogni sua espressione, ogni sua reazione. So che a un certo punto si alzò, dicendomi qualche altra cosa, e andò in direzione della casa. Allora, una piccola parte di me si risvegliò, voleva dirgli di non andare, ma non ci riuscii. Non riuscivo a muovermi, né a chiudere gli occhi. Restai appallottolata su me stessa, stringendomi le gambe.Tornò…quando tornò? La notte iniziava a stemperarsi, e, all’improvviso mi accorsi che era di nuovo seduto, di fronte a me, questa volta, mi stava accarezzando le braccia e i suoi occhi cercavano di chiamare i miei. Non so da quanto tempo fosse di nuovo lì. Non avevo bisogno di chiedergli nulla, e non volevo guardarlo perché me lo comunicasse, così chiusi i miei.
“Non voglio che tu vada a vedere, Kyo”, mi disse.
“Oh, no.No! Non voglio vedere nulla!” Risposi. O drovrei dire “gracchiai”, perché la gola mi faceva male e quello che mi uscì fu un verso stentoreo che non riconobbi come mio. Mi accorsi che il viso mi bruciava, le lacrime si erano prosciugate ma quelle versate avevano lasciato scie di sale a tagliarmi la pelle. Per quanto tempo avevo pianto? Hiro aggrottò le sopracciglia e dischiuse la bocca come se stesse per dire qualcosa, ma si trattenne.
“Bisogna fare la denuncia. Andrò io.” Decise. Ma intuivo che non sapeva dove e se lasciarmi. “Tu…”.
“Resterò qui. Non mi muoverò. “ finalmente lo guardai. “Non andrò alla casa, te lo prometto. Resterò qui, ormai non potrà più accadere nulla.”
“Non lo so…”
“Lo sento. Credimi, per questa notte non tornerà.”
Lui esitava ancora. Mi prese il viso tra le mani e mi guardò per qualche istante, sondando i miei occhi.
“Kyo, ti prego, non odiare anche me…ti prego…”
Lo guardai, scossi la testa, posai le mie mani sulle sue.
Così si era deciso a lasciarmi. E quando era tornato di nuovo, con quella gente, io ero ancora sotto l’albero del melo, nella stessa posizione. Ma calma. E determinata. “

- Mekane – san?
La voce del funzionario aveva continuato a parlare, formulando una serie di ipotesi, come se gliele stesse offrendo da scegliere, ma lei non lo aveva quasi ascoltato – tanto non ne aveva bisogno.
- Mi scusi. Non vi posso aiutare. Non stavo bene, quella notte, ed ero uscita, allontanandomi dalla casa. Era una bella notte calda, e volevo stare nel frutteto, pensando che mi avrebbe fatta sentire meglio. Così mi sono sdraiata lì, e devo aver perso conoscenza. Mi sono ripresa solo quando mi ha trovata Hiro. E credo che fosse già tutto finito, allora.
- Che ci faceva Nakada lì?
- Ci incontravamo sempre, la notte. I miei non volevano che ci frequentassimo, ma non potevano controllarmi ogni istante, naturalmente, e la notte per noi era facilissimo vederci.
- C’era dell’astio tra la sua famiglia e Hiro Nakada?
- No. No, assolutamente. Pensavano solo che era meglio non avere problemi con la sua famiglia, che non approvava comunque il nostro legame. Ed io non volevo preoccuparli , quindi mi incontravo con Hiro di nascosto.
- Immagino che il ragazzo non abbia apprezzato il bando da casa vostra che era stato sancito da entrambe le famiglie. Essendo un giovane così impulsivo…
- Non avrebbe potuto mai fare alcun male ai miei genitori. Lui li capiva. Quella, come le altre notti, era venuto per me. Mi aveva indirizzato il solito richiamo, ma io non ero nella mia stanza, ovviamente, così non sentendomi rispondere si è preoccupato ed è entrato in casa. Ed ha trovato…quello che ha trovato. Poi è venuto nel frutteto, sperando di trovarmi lì sana e salva, ed è stato così. Quando ho ripreso conoscenza mi ha raccontato che cosa era successo e poi è andato a denunciare l’accaduto, perché io non potevo farlo. E’ tutto qui.
- Capisco. Credi che lui ti abbia detto la verità?
- Se non l’avesse detta, lo saprei.
- Sarò più esplicito. Credi veramente che non sia implicato in alcun modo con l’assassinio dei tuoi genitori adottivi?
Kyo lo guardò dritto negli occhi, e l’uomo si sentì immediatamente a disagio.
- Crede che potrei vivere con lui, se anche solo sospettassi che mi abbia mentito, o nascosto qualsiasi cosa, in proposito?
- Questo dipende da che cosa provavi per i tuoi genitori adottivi, forse. – si intromise a questo punto Tagada.
- Ah, no! Capisco le indagini, ma la cattiveria gratuita non la ammetto, in questo posto, almeno! – Kaien Cross fulminò Tagada con lo sguardo, le lenti dei suoi occhiali luccicarono.
– Se ho accettato di farvi incontrare con Mekane, è stato solo per aiutare lei, non voi, che sia ben chiaro a tutti, questo. Se dovete farle del male insunuando cose assurde, allora sarà meglio che ve ne andiate. All’istante.
- Io non posso andarmene, per il momento lavoro qui. – ribattè Tagada.
- Allora, vai a fare il tuo lavoro. Ed anche tu, Kawabata, sappi che, per quanto mi riguarda, il colloquio finisce qui. Fuori!
- Ma che cavolo ti prende Cross…
- Fuori, fuori FUORI!
E letteralmente il direttore spinse entrambi i due uomini fuori dal suo ufficio, incurante delle loro proteste indignate.
Quando richiuse la porta, emise un sospiro e scosse la testa.
Poi si avvicinò a Kyo e si piegò su di lei.
- Sono veramente desolato, Kyo - san. Ero a conoscenza del genere di domanche che volevano farti, solo che mi aspettavo usassero un po’ più di tatto. E poi, non pensavo che sarebbero stati tanto stupidi da provocarti in modo tanto scoperto.
Guardò la tazza che la ragazza ancora stringeva tra le mani.
- Il tuo tè si sarà freddato, ormai. Lascia che te ne versi dell’altro.
- No, mi piace così. – disse lei, e ne bevve alcune sorsate.
- Io ne prendo ancora un po’, invece. – disse l’uomo tra se e, dopo essersi preparato la sua tazza, si sedette tranquillamente al suo posto dietro la scrivania.
La finestra alle sue spalle era leggermente dischiusa ed entrava un po’ d’aria fresca, aria che sapeva di pulito. Kyo inalò quell’odore delicato e sorrise, un poco.
- L’odore della pioggia, un sorso di ottimo tè, il silenzio. Fa molto bene allo spirito, godere di momenti così. – disse il direttore, guardando la sua tazza.
Si tolse gli occhiali e si mise a pulirli usando un lembo della sua scialletta verde.
Kyo seguì quel semplice movimento e vide un uomo diverso: i capelli che gli scendevano lentamente sulla fronte, gli occhi dal colore indefinibile finalmente esposti, i bei lineamenti che con il suo atteggiamento abituale il preside riusciva abilmente a nascondere.
All’improvviso le venne offerta la rara opportunità di cogliere l’immagine dell’uomo dietro la maschera del direttore.
Kaien Cross. Sei un mistero tra i misteri. Chi ti vedesse adesso, non sapendo del tuo passato, della tua leggenda, non potrebbe credere a nulla se gli raccontassero che cosa facevi fino a pochi anni fa nella vita, e che cosa pensavi. Sei stato un uomo così pericoloso per la mia razza. Così spietato. E non sei così delicato ed indifeso come vorresti far credere. Ancora una volta, perché, allora, con te mi sento così bene? Perché mi sento al sicuro, mentre faccio degli enormi sforzi per sostenere la presenza di Kaname Kuran…il migliore tra i miei simili, colui che mi ha detto spontaneamente di volermi proteggere…perché?
- Non mi state dicendo di andare. – gli fece notare Kyo, dopo alcuni minuti che stavano in silenzio.
- E tu non mi stai chiedendo di andartene. – rispose lui. Sollevò lo sguardo e la guardò negli occhi, senza rimettersi gli occhiali.
Kyo esitò, provò a dire qualcosa, si fermò.
Lui continuava a guardarla, pazientemente. I suoi occhi si erano addolciti.
- Preside, lei mi sta guardando come se le ricordassi qualcuno. – disse Kyo.
- Non è così. – rispose lui. Tacque per qualche secondo, poi disse, a bassa voce, una cosa inaspettata. - Tu sei unica.
Ancora una pausa, poi Kyo parlò di nuovo.
- In questo momento, provo il forte desiderio di confidarmi con lei, direttore. Non so se sia giusto farlo, ma qualcosa mi sta spingendo in questa direzione.
- Sarei felice se ti confidassi con me. – rispose Cross, senza distogliere mai lo sguardo da lei. – Non ti nascondo che anche io mi sono posto delle domande sulla tua vicenda personale, ma non sono un investigatore e, soprattutto, come te, mi fido molto del mio istinto. Se senti il bisogno di rivelarmi qualcosa, puoi farlo. La tua fiducia non sarà mai tradita. Hai la parola del direttore.
- Quello che sto per dirle glielo dico anche perché lei è stato ed è Kaien Cross.
Il preside non replicò.
- La storia è, dopotutto, molto semplice. Sono stata trovata da una coppia di umani che, anche sapendo che cos’ero, hanno deciso di prendermi con loro e di considerarmi la loro figlia adorata, visto che non ne avevano di propri. Ma per la mia natura e la mia sicurezza, non mi fecero mai uscire dal territorio dei Nakada, i ricchi e potenti vampiri per cui lavoravano. Proprio nel periodo in cui i miei canini iniziarono a svilupparsi, conobbi Hiro. Ci sentivamo soli entrambi, ma non fu solo per questo che ci legammo. Lui…è sempre stato speciale. Quando eravamo piccoli la sua curiosità era inesauribile, e la sua energia, anche. Io, invece, mi sentivo sempre debole e, spesso, mi ammalavo. Ancora oggi mi chiedo, talvolta, perché mi scelse, perché proprio io. Comunque, quando venne il giorno in cui la mia natura di vampira prese finalmente il sopravvento, fui fortunata, perché l’essere che ebbi davanti, in quel momento, era un vampiro, come me – Hiro. Provai fortissimo il desiderio del sangue, e lui era lì, con me, ed era l’essere che più amavo al mondo. Hiro mi dette il suo sangue e, in seguito, io detti a lui il mio e, senza saperlo, quello scambio ci legò profondamente, inesorabilmente, per la vita. Se qualcuno ci avesse detto che cosa sarebbe accaduto, lo avremmo fatto ugualmente, credo. Il suo sangue mi rinvigorì e risvegliò dei poteri in me di cui non ero mai stata consapevole. Cominciai a fare dei test per sapere come usarli e, per farlo, dovetti uscire dal mondo protetto della mia casa e della tenuta in cui ero stata da sempre. Hiro mi accompagnava. Lui aveva sempre provato interesse per il mondo degli umani, e mi insegnò tutto quello che sapeva. Potevamo muoverci tra loro senza essere notati. E poiché le mie doti non portavano alla distruzione, ma al benessere, le sperimentai su di loro. Tuttavia, se gli umani non erano in grado di percepire la nostra diversità, i nostri consimili, invece, ci individuavano subito. Tra questi, Naga, un parente di Hiro, divenne un problema. Non so perché volesse a tutti i costi portarmi via alla mia famiglia, forse per fare un dispetto ad Hiro, forse perché pensava che avrei potuto essergli utile, forse perché riteneva che un vampiro non dovesse vivere con gli umani. Ancora oggi, mi chiedo perché mi volesse. La mia prima preoccupazione fu per Hiro, perché sapevo che cosa era capace di fare. Crescendo, anche i suoi poteri si erano sviluppati, ma i suoi sono poteri di distruzione ed essendo di indole impulsiva e facilmente provocabile, temevo che, da un momento all’altro, a causa mia, potesse decidere di affrontare Naga e non credo che lo scontro avrebbe avuto un esito positivo. Ma non fece a tempo ad accadere questo, perché arrivò quella notte in cui Naga, assetato di sangue, venne a casa nostra, deciso a prendermi ad ogni costo. Gli umani per lui non contavano nulla, e sapeva chi era, quindi non ebbe la minima esitazione ad uccidere i miei genitori adottivi. Se non mi trovò è perché io, come sempre, ero con Hiro. Lui, quella notte, mi protesse, fece in modo che Naga non mi scoprisse, avvolgendomi nel suo abbraccio protettivo ed usando i suoi poteri e trattenendomi in ogni modo dall’andare in soccorso dei miei genitori, sapendo che non avrei avuto la forza di difendere né me stessa né loro.
- Quindi è stato veramente Naga Nakada ad uccidere i Mekane.
- Sì.
- Perché non avete detto tutto all’Associazione?
- Perché…la storia non è ancora finita, preside Cross. Io amavo i miei genitori. Almeno credo fosse amore, anche se non è lo stesso sentimento che provo per Hiro. Mi hanno amata per come sono, nonostante quello che sono. E, quella notte, ho visto l’orrore che portano i vampiri, ovunque vadano, la razza a cui veramente appartengo. L’arroganza con cui considerano niente la vita degli uomini, ma anche quella dei loro simili. E ritrovai in me stessa quella arroganza. Non fu solo Naga, fu tutta la famiglia Nakada, escluso Hiro, a sterminare la mia. Poiché sapevo che anche scoprendo la verità la loro influenza sarebbe stata tale che non sarebbe stata fatta giustizia.
Allora decisi di comportarmi da vampira. Il sangue di Hiro mi aveva resa più forte ed il dolore mi rese spietata. Andai a cercare Naga. Gli permisi di avvicinarsi a me, di toccarmi. E quando fu abbastanza vicino e fiducioso della mia debolezza, lo uccisi.
Lo sguardo di Cross si posò sulle piccole mani bianche della ragazza, con quelle unghie lunghe e ben curate. Sapeva bene che erano affilatissime, quelle unghie, e che usare la mano come pugnale era il metodo più usato dai vampiri comuni per uccidere.
- Perché hai detto che mi avresti raccontato questo per ciò che sono o sono stato?
Le chiese imperturbabile il preside. Kyo parve fermarsi a riflettere, un momento.
- Preside Cross, sia io che Hiro abbiamo parlato molto del suo progetto per questa scuola. Crediamo, come lei, che si possa creare una vera convinvenza tra umani e vampiri. L’Associazione, per il momento, si limita a sterminare i Level E, perché sono incontrollabili loro malgrado ed anche se ci fanno pena, non c’è altro modo di fermarli. Anche tra di noi ci sono vampiri che danno la caccia a queste creature perdute. E ci sono vampiri che non hanno alcuna intenzione di voler fare del male agli umani. Ma ce ne sono altri…ci sono vampiri cui non si può permettere di vivere, perché considerano gli umani solo come cibo, o come divertimento. Vampiri potenti, influenti. Come ci sono influenti personalità dell’associazione che, compiacenti, li lasciano fare.
Sto parlando di vampiri anche peggiori di Naga. Ho ucciso lui per vendicarmi. Ma, se potrò, collaborerò all’uccisione anche di altri come lui, basta che mi capiti l’occasione.
Lei è stato un Vampire Hunter leggendario, e sarebbe disposto a tornare ad esserlo, per difendere questo posto – credo. Ecco perché le ho raccontato tutto. Semplicemente, penso che lei mi possa capire.
Kaien Cross si alzò in piedi e si voltò verso la finestra, guardando le ombre che si allungavano velocemente nel parco. Sospirò.
- Ti capisco... Ma questo non significa che ti possa giustificare. E poi… - si interruppe un istante, cogliendo un movimento tra le fronde. Poi proseguì – Ho capito perché Kaname Kuran vuole usarti. Tu sei stata franca con me ed io voglio ricambiare la tua fiducia. Anche io voglio usarti, per qualcosa di molto simile a ciò che lui ha in mente, ma non proprio la stessa. Diciamo che si tratta di una differenza di prospettive che, comunque, non cambia i fattori in gioco. Detto così è estremamente brutale, ma mi rendo conto che con te conviene non infiorettare le cose.
Voltò la testa e rimase, per la prima volta, genuinamente sorpreso, dopo tanto tempo.
Lei era improvvisamente accanto a lui e lo fissava con i suoi occhi verdi, resi intensi e brillanti da una loro propria luce.
- Preside Cross. – mormorò Kyo. – Ogni volta che devo incontrare Kaname – sama, sto fisicamente male, eppure non c’è vampiro al mondo che stimi più di lui. L’intensità del suo essere logora la mia sensibilità, eppure io farei qualsiasi cosa lui mi chiedesse, perché gli sono devota. Ma quando mi incontro con lei, io…mi sento al sicuro. – fece una piccola risata autoironica, poi continuò. – Lei mi fa sentire…protetta e serena, ed anche per lei farei qualsiasi cosa mi chiedesse…la farei anche se non la capissi perché saprei, dentro di me, che sarebbe giusta. – fece una pausa esitante, ma non abbassò lo sguardo. – e anche perché vorrei farle piacere.

SPOILER (click to view)
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Cross sollevò una mano e carezzò la ragazza su una guancia. La sua pelle era sottile e delicata e, a quell’ora della sera, quasi traslucida, come fosse di alabastro. Quegli occhi che non lasciavano i suoi, senza nemmeno abbassare le ciglia, quasi volessero ipnotizzarlo…ma non era questo il loro intento. Non precisamente.
- Kyo. Tu hai Hiro che ti protegge. Sarai al sicuro con lui, perché ti ama, è forte e conosce bene i suoi limiti e, per questo, ti ascolta. Guardandovi l’un l’altro sarete sempre entrambi al sicuro. Comunque, sei stata molto cara a dirmi queste cose. Ma lasciamole in questa stanza e in questo momento, non torniamoci più sopra, d’accordo?
Kyo chiuse gli occhi. Il contatto di quella mano era caldo e dolce e le trasmetteva ciò che Kaien Cross stava provando. Dentro di se sorrise, sentendosi proprietaria di un piccolo segreto.
- Lei…non si sente mai solo? - gli chiese, socchiudendo le palpebre ma senza usare il potere del suo sguardo.
L’uomo ritirò la sua mano e tornò a guardare fuori dalla finestra. Aveva finalmente smesso di piovere e la luna era uscita allo scoperto, troneggiando sul buio della notte.
- Io sono sempre stato solo. Sempre.
Rispose.


Edited by Nerissa - 30/7/2009, 21:49
 
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