HiroKyo, Prologo (con premessa)

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Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 13/7/2009, 15:23




PREMESSA

Volevo creare due personaggi per partecipare al Gdr. L'ho fatto ma, mentre ne disegnavo le fattezze - perchè nessuna immagine in mio possesso, fatta da bravissimi artisti ed artiste, comunque rispecchiava la mia idea di loro - mi è letteralmente saltata addosso la loro storia, la storia di Hiro e Kyo. Ho chiesto se potevo scrivere una fanfic su di loro e mi è stato detto di sì, basta che non usi le stesse cose che userò nel GDR. Quindi mi sento anche libera di cambiare la loro storia, almeno un poco. Non c'è quindi bisogno, nel caso qualcuno si affacciasse da queste parti, di andare a cercare la mia scheda personaggi.
Si tratta, oltretutto, di uno spin - off. Il mio punto di partenza, infatti, resta sempre Vampire Knight. Mi sono sforzata di creare due personaggi collaterali, ma sono più brava con la passione che con l'azione. Per quest'ultima, cercherò di imparare nel Gdr.

Il prologo mi è venuto di getto, ma io non sono certamente una scrittrice.
Se questa storia avrà un seguito, mi piacerebbe allegare dalle prossime puntate i ritratti dei miei protagonisti -che ho già disegnato, in varie età.
Tutto questo è solo per divertirvi, o per incuriosirvi. Se non vi divertirà, non vi incuriosirà, la cosa finirà qui.
Siate sinceri, non mi offendo. L'ho detto: io non sono una scrittrice.


HIROKYO - Il legame del sangue

Prologo

SPOILER (click to view)
Non era insolito, per il preside Cross, restare alzato fino a quell’ora tarda. La sera, attorno alla mezzanotte, era il momento che dedicava ai problemi più delicati, quando era certo di non poter essere disturbato da nessuno mentre se ne stava seduto dietro alla sua malandata scrivania, gli occhiali dietro cui si nascondeva durante il giorno accuratamente ripiegati su loro stessi da una parte, il mento appoggiato sulle mani giunte di fronte a se.
Quella sera non era solo, anche se da qualche minuto nella stanza reganava il silenzio.
Seduto sulla poltrona dall’altro capo della scrivania, c’era Kaname Kuran. Era appena arrivato, non si era nemmeno tolto l’impermeabile – fuori stava piovendo. Dopo i rapidi convenevoli che i due si erano scambiati, il grande vampiro stava attendendo pazientemente che il preside Cross gli esponesse il motivo per cui lo aveva fatto chiamare.
Finalmente, Kaien attaccò, anche se con una punta di esitazione.
- Mi sono arrivate due richieste di iscrizione, oggi. – e, dicendo questo, aprì un cassetto alla sua destra, dalla quale estrasse due schede che dispose accuratamente l’una accanto all’altra sulla scrivania, innanzi a sé.
– Una è accompagnata da una tua nota di raccomandazione, e mi prega di accogliere nell’istituto Kyo Mekane, vampira. L’altra è stata portata personalmente dall’interessato, questa sera, poco prima che ti mandassi a chiamare.
Il candidato si chiama Hiro Nakada.
Kaname non manifestò la minima reazione, né disse nulla, continuando a restare in attesa.
Le sue braccia erano elegantemente abbandonate sui braccioli della poltrona e, se fosse stato un umano, Cross gli avrebbe offerto del Brendy – per quanto non è che i vampiri non apprezzassero i liquori ed i cibi che mangiavano gli umani, solo che non li apprezzavano nello stesso modo e non erano in grado di interpretare un normale gesto di ospitalità nello stesso modo di un essere umano.
Per loro, era una forma di estrema cortesia accettare quanto veniva loro offerto da un umano, non viceversa. Era una delle tante sottili differenze che dividevano le due razze.
Poi ce ne erano altre, di differenze, molto più spesse, però.
Cross riprese il suo discorso.
- Ora, non è tanto quest’ultima richiesta a preoccuparmi, anche se dovrebbe, perché, avendo vissuto abbastanza a lungo ed avendo fatto il mestiere che ho fatto, conosco parecchie storie, e questa richiesta è, ovviamente, consequenziale all’altra. Inoltre, tu hai completa facoltà di giudizio per tutto quanto concerne i vampiri, in questo angolo di mondo protetto che è l’accademia, pertanto la responsabilità di accettare o meno il candidato Nakada è interamente tua.
No, quello che mi dà da pensare, veramente, è la lettera di raccomandazione che hai allegato alla scheda di Kyo Mekane. Anche se so che me ne avresti parlato, prima o poi, mi piacerebbe che mi usassi la gentilezza di farlo ora, altrimenti resterò a rimuginarci su per le prossime notti. – a questo punto, Kaien sorrise appena.
– E tu sai bene quanto mi renda esageratamente emotivo il fatto di dormire poco e male.
Kaname rispose al suo sorriso nello stesso modo.
- Dove si trova Nakada, adesso?
- Sta aspettando in una stanza qui vicino. Gli ho dato qualcosa da leggere.
Il vampiro accennò un sogghigno ironico. – Da leggere?
- Il regolamento dell’Accademia. – ribattè il preside, imperturbabile.
- Capisco.
- Dunque?
- Dunque? La ragazza ha perso i genitori, alcuni mesi fa.
- Sì…un fatto increscioso. Ufficialmente, la loro casa è andata in fiamme, ma dall’Associazione mi hanno riferito che si è trattato inequivocabilmente di un attacco di vampiri.
C’è una inchiesta in corso, l’episodio ha fatto molto scalpore. Dopotutto, si trattava di una famiglia di umani. La ragazza era stata adottata, credo…anche se…
- Anche se illegalmente. Non è possibile che una famiglia di umani adotti un vampiro, e viceversa, naturalmente. In questo caso si fece finta di niente perché i Mekane lavoravano per i Nakada da generazioni.
- Sì. Un’altra raccomandazione. E’ una giovane molto fortunata.
- Non direi proprio.
- Scusa. E’ vero. Non voleva essere una battuta ironica nei suoi confronti. Del resto, conosco la sua storia, ma non l’ho mai vista. E tu?
- Una volta l'ho incontrata. Un gruppo di balordi – umani – e Kaname sottolineò la parola – la stava molestando. Avevo percepito la sua presenza perchè ero nei paraggi e stavo per intervenire, ma lei ce l’ha fatta da sola. – fece una pausa ad effetto. – senza spargere una sola goccia di sangue. Non credo che nessuno avrebbe aperto una inchiesta, in quel caso, e poi era una situazione di legittima difesa. Ma lei si limitò ad usare i suoi poteri di vampira solo per eluderli agilmente, infilarsi in un vicolo e…sparire.
- Vuoi dire…?
- Sì. L’ho ritrovata dall’altra parte della città. Lei non ha percepito subito la mia presenza nel modo appropriato, quando si è accorta di me era spaventata.
Non si tratta di una vampira di sangue nobile. Ai vampiri comuni, noi purosangue facciamo istintivamente paura.
- Se non è di sangue nobile, come può avere quei poteri?
- Capita, a volte. Genetica vampira, suppongo. Nobili e non nobili, sono sempre diversi dai purosangue. Nei secoli passati, non c’erano queste sotto-distinzioni, la divisione è una determinazione relativamente recente.
- Ne ha altri?
- Certamente. Ma non sono molto forti. Del resto, la ragazza è stata allevata da degli umani. L’hanno amata molto, hanno fatto per lei più di quello che fosse permesso…ehm…ma non potevano aiutarla a raggiungre la piena consapevolezza di se. Quello che ha imparato, lo ha imparato da sola. E adesso non ha un posto dove stare.
- Non avevi bisogno di scuse per ammetterla, o di raccomandazioni, se si trattava solo di questo.
- La raccomandazione mi è stata chiesta da Gaemon Nakada. C'è sempre il fatto che si tratta di una non nobile, capisci. Poiché avevo già deciso di invitare Kyo a far parte della Night Class e non mi costava nulla fingere di cncedere un favore ad un componente del consiglio dei vampiri, ho scritto la lettera che hai lì.
Kaname cambiò posizione, sporgendosi in avanti ed appoggiando il peso del corpo sul braccio destro. Per tutto i ltempo aveva guardato Cross dritto negli occhi.
- E’ adesso che devi farmi la domanda.
- E va bene. "Perché Gaemon Nakada avrebbe dovuto pregarti di prendere la ragazza alla scuola?" Lascia perdere, ho capito…
- …per allontanarla da suo figlio Hiro.
- …appunto. E adesso, Hiro Nakada è nella stanza accanto.
Naturalmente, tu non sei stato affatto sorpreso da questo, dal momento che sai sempre tutto.
- In questo caso le mie doti non c’entrano. Hiro è semplicemente prevedibile. Però…
- C’è dell’altro?
- Ci sono dei sospetti su chi sia stato l’autore dell’omicidio dei Mekane?
- Le mie fonti parlavano della stessa famiglia Nakada. In particolare di Naga Nakada, uno dei figli di…che cavolo ne so, quella famiglia è piena di fratelli e di figli. Comunque, è sospettato perché pare che, negli ultimi tempi, avesse iniziato ad interessarsi a Kyo. In modo non proprio gentile. Credo che Mekane fosse andato dal capofamiglia in persona a fare delle rimostranze.
Probabilmente gli inquirenti incaricati si stanno preparando per interrogarlo, una volta superate le infinite barriere protettive poste dalla influentissima famiglia.
- Dubito molto che lo troveranno mai più.
- Che vuoi dire?
- Naga Nakada è letteralmente svanito nel nulla.
- I parenti lo avranno nascosto.
- Oppure...
- Oppure?
- Mettiamola così. Da qualche giorno il peso del male con cui convivo da quando sono nato mi sembra di un grammo più leggero.
- Pensi che l’abbiano fatto fuori? E chi?
- Non ti piacciono i drammi passionali? Noi siamo molto passionali, Kaien. C’è un ragazzo, nella stanza accanto che è particolarmente passionale ed irruento, mi dicono.
- Arrivare ad uccidere un parente stretto perché ha dato fastidio alla sua ragazza? Mi sembra un po’ troppo.
- Non ho detto che sia stato lui, solo che può sapere più di quanto ci verrebbe mai a raccontare.
- Ad ogni modo, se Nakada Senior voleva allontanarli, adesso ci ritroviamo per le mani un piccolo incidente diplomatico.
- Non è un mio problema. Io ho fatto esattamente quanto mi è stato chiesto. Non mi è stato chiesto di non accettare Hiro in questa scuola. Se il padre si contrarierà, semplicemente verrà a riprenderselo - se gli riuscirà. Hiro, come dicevo, è alquanto indocile, e non è più un ragazzino.
Comunque, al momento non credo che la famiglia sia al corrente della sua presenza qui. Ed io non sono tenuto a dirglielo.
- Vuoi dare rifugio anche al giovane Nakada?
- Hiro non mi interessa. Kyo invece sì. Non è di sangue nobile, e qui potrebbe avere qualche problema di integrazione. Hiro potrebbe rendesi utile in questo, almeno per un po’. Stanno insieme da quando erano bambini.
- Ti ha veramente colpito, questa fanciulla. Vuol dire che hai già dei progetti per lei.
- E’ una vampira speciale. Sarebbe un’ottima Guardian.
- Una Guardian! Ma se mi hai fatto chiaramente capire che non le piace uccidere!
Kaname si alzò lentamente in piedi.
- Non le piace uccidere gli umani.
Ribattè.
- Per i suoi simili è un altro discorso.
Cross tacque per qualche istante.
- Rimettiti a sedere, per cortesia. E’ meglio che mi racconti qualche cosa di più.


Edited by Nerissa - 13/7/2009, 22:45
 
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Takuma e Mayu
CAT_IMG Posted on 14/7/2009, 19:49




wow com'è bella!! se eri una scrittrice come veniva hih..non ho capito una cosa i due personaggi Hiro e Kyo sono madre e figlio?? forse ho capito male io...
 
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Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 15/7/2009, 16:49





No, Kyo e Hiro sono innamorati.
Kyo è una trovatella vampira che è stata allevata da degli umani (i Mekane). Questi umani lavoravano per la famiglia di vampiri di Hiro (i Nakada). Hiro e Kyo sono cresciuti insieme, ma sono di classi sociali diverse. Lui è di famiglia nobile. Quando Kyo rimane orfana, il padre di lui ne approfitta per allontanarla, ma siccome i genitori di Kyo sono morti in circostanze più che sospette, nelle quali può essere coinvolto qualcuno ella famiglia Nakada che voleva Kyo, allora pensa di farla accogliere all'accademia Cross, e chiede a Kaname di interessarsene, non sapendo che questi, invece, già pensava di prendere la ragazza in collegio perchè ha delle doti che possono essergli utili.



Edited by Nerissa - 16/7/2009, 21:48
 
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Takuma e Mayu
CAT_IMG Posted on 15/7/2009, 17:06




adesso ho capito..grazie ^^
 
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Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 15/7/2009, 19:45




CAPITOLO 1

HIRO

Io ho amato una sola persona, nella mia vita. E non ero nato per amare.
Nel mio mondo, l’amore non era una cosa incomprensibile, ma certamente rara. Ci sono esseri che nascono con questa capacità nel sangue, nelle viscere. Ma sono quelle creature effimere che vivono intorno a noi o con noi il tempo di un tramonto, nella nostra esistenza da eterni. Le loro vite valgono lo spazio di un batter di ciglia.
Questo avevo imparato tra la gente in cui ero nato.
Insieme alla solitudine.
La casa in cui ho trascorso i primi anni della mia vita era piena di miei consanguinei, il nostro era un clan dalle abitudini ancestrali, si viveva tutti insieme, lussuosamente, comodamente, ma insieme.
Ignorandoci l’un l’altro. Controllandoci l’un l’altro.
Per sottrarsi a questo, la solitudine era l’unica scappatoia, e quando si è piccoli e soli, è facile essere dimenticati tra la folla che può diventare una grande famiglia. Imparai presto a rendermi invisibile semplicemente scegliendo i momenti giusti per dileguarmi.
L’indole è come l’anima, qualcosa che non ci viene data, che non si costruisce con il tempo e l’esperienza, ma nasce con noi.
La mia era molto forte, ed esigeva l’evasione. Volli presto, nella mia vita, spiare il mondo oltre la villa, i giardini, le mura e le colline del nostro territorio. Scoprire le creature che sembravano una nostra imitazione, solo più debole, più limitata, la cui vita aveva una scadenza, cosa quasi inconcepibile, per noi. L’altra parte del mondo era di carta, si bruciava in un attimo, era la traduzione della parola “transitorio”. Quel mondo che mi era stato insegnato inferiore, naturalmente, mi respinse, quando provai ad esplorarlo, perché mi trovava incomprensibile.
Non mi erano stati insegnati i codici di comunicazione adatti.
Le mie origini mi rendevano alieno e, quel che è peggio, alieno in modo terrificante alle fragili creature che ero così interessato a conoscere.
Un mattino, rientrando nelle nostre terre, passai davanti ad una delle case dei nostri dipendenti. Oltre un cancelletto di legno, in un piccolo cortile spoglio, una bambina seduta ad un tavolinetto adatto alla sua misura stava ritagliando delle figurine.
Mi dava le spalle. Aveva i capelli neri che, scivolando in avanti, le lasciavano la nuca scoperta.
Restai ad osservarla chiedendomi perché non l’avevo mai notata prima, senonchè lei emise una breve esclamazione subito soffocata, e il vento mi portò immediatamente un aroma noto ed inebriante, dolce e soave, che mi turbò. Vidi le sue piccole giovani spalle irrigidirsi, quando lei percepì la mia presenza. Lentamente si voltò, rivolgendomi un’occhiata perplessa ed interrogativa, mentre si succhiava il dito sanguinante. Restammo così, a fissarci, entrambi sorpresi, lei guardava me, sentivo il suo sguardo che mi studiava, e percepivo in esso non paura, ma solo curiosità, mentre io fissavo quel piccolo dito bianco che si stava succhiando, perché non avevo il coraggio di guardarla negli occhi, temendo che vedesse i miei, che sapevo di un rosso brillante, in quel momento.
Capire che non volevo spaventarla fu l’inizio del mio amore.
Avevo dieci anni.
Mi erano state date poche regole fondamentali da seguire, per non dimenticare mai chi ero.
Io le violai tutte.
Non confondermi tra gli umani era la prima, la più importante.
Poiché però quella famiglia era considerata di fiducia dai miei genitori, al punto che a loro erano affidati una parte dei nostri affari finanziari, fu terribilmente facile per me diventare una presenza familiare in quella casa.
Lei si chiamava Kyo.
La scelsi perché divenisse il centro attorno al quale costruire il mondo che volevo per me.
Più tardi mi chiesi se anche io fossi riuscito a diventare il centro del suo. Certe volte mi convincevo di sì, ma non ne sono mai stato del tutto sicuro.


I giochi, gli studi condivisi, le risate, le zuffe, le scoperte.
Io ero più forte, Kyo era più scaltra. Io ero più ciarliero, lei più silenziosa. Io ero più intraprendente, lei più meditativa. Io avevo sempre energia da sprecare in giro, lei si stancava facilmente.
Ma quando ero con lei stavo bene e decisi che, allora, sarei stato con lei per sempre.
Riuscii a strapparle la promessa che sarebbe stato proprio così.
E, fino ad oggi, non ho mai avuto sentore che volesse infrangerla.
Mi piace manipolare i miei ricordi, mischiarli, e designare inizi solenni alle poche cose che, in una memoria troppo estesa nel tempo, diventano veramente importanti da ricordare.
Kyo dice che, in fondo, non esiste una memoria oggettiva, ed io le credo. Sto richiamando alla mente la prima volta in cui provai quella forte emozione, così particolare e spietata che, da allora, mi è divenuta ciononostante così familiare e necessaria.


Avevo convinto Kyo ad andare ad osservare la fine del giorno, era estate, faceva caldo. Lei non voleva uscire di casa. La sua pelle era bianca e delicata, diceva, non voleva scottarsi.
Da qualche tempo il suo corpo ed i suoi modi erano cambiati. Era diventata più alta, più esile, i seni le premevano contro la stoffa delle camicette, i fianchi avevano iniziato a modellarle gli abiti addosso. Era un momento dissonante, tra di noi, sembrava più grande di me, mentre ero io effettivamente, il più vecchio tra i due. Anche qualcosa in me aveva cominciato a cambiare, ma la mia trasformazione si sarebbe realizzata dopo l’estate. In quel momento, comunque, mi sembrava che lei fosse, in qualche modo, in vantaggio su di me. Per quanto i suoi occhi sempre più spesso mi sembravano stanchi, i suoi polsi più sottili, il suo passo più esitante. Sembrava più fragile e debole ancora rispetto a come l’avevo conosciuta.
Quel pomeriggio, comunque, la convinsi, anche se aveva, come sempre, ragione.
Dopo poco tempo che eravamo fuori, nella luce del tardo pomeriggio d’estate, mi sentivo la pelle del viso e del collo bruciare ed accartocciarsi.
Kyo, da sotto le falde del suo ampio cappello di paglia, rideva prendendomi in giro.
Non volevo darle soddisfazione, tornando indietro, e allora Kyo mi prese la mano e mi trascinò sotto l’ombra di un albero. Lì, ridendo di nuovo, si tolse il cappello e mi accarezzò la guancia, mentre io mi gettavo ull’erba, con le braccia spalancate, ridendo.
- Guarda come ti sei conciato, sciocco! Ti si stanno formando pustole e croste! Te lo avevo detto. Perché ti ostini sempre a fare cose irragionevoli? E inutilmente, poi…
Mi appoggiai sui gomiti, guardando verso le fronde del grande albero i cui ampi rami si abbassavano quasi fino a noi.
- Almeno per una volta! – esclamai. - Avere l’esperienza di questa luce, almeno per una volta!! Puoi pensare di trascorrere il resto della tua esistenza tralasciando di conoscere metà della realtà? Guarda quant’è bello!!
Ed era veramente bello, quell’istante prima del tramonto, quando ancora le farfalle si attardano tra i fiori e l’orizzonte si lascia tingere indeciso tra i mille colori offerti dal sole. Ero incantato da le mille lame di luce che penetravano in ogni spazio lasciato libero tra rami e foglie.
- Questa luce potente ti sta danneggiando gli occhi, e ti ha ustionato la faccia, scemo.
- Beh, queste cose passano. Il ricordo di quello che abbiamo visto, insieme, invece, resterà.
Lei tacque. La sua mano si allungò di nuovo verso di me, fermandosi ancora sulla mia guancia, dopo che aveva vagabondato a spettinarmi i capelli. Le sue mani erano sempre fresche, tranne quando stava male. In quel momento, il suo tocco aveva un effetto lenitivo sulla mia pelle scottata e come per incoraggiarla mi sedetti, avvicinandomi a lei.
- Hiro…- disse, a bassa voce, guardandomi negli occhi. – Fai sempre cose sconsiderate e poi te ne esci con queste frasi…
Vidi lentamente il suo viso avvicinarsi e le sue labbra dischiudersi, prima di posarsi sulle mie.


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I suoi canini, sfiorandomi le labbra, mi ferirono leggermente.
E percepii immediatamente l’improvviso cambiamento nell’aria.
Il silenzio calato tutto intorno a noi e la sensazione terribile che un grande mostruoso occhio si fosse messo sopra le nostre teste, a guardarci.
Lei teneva gli occhi chiusi, si staccò appena dalla mia bocca. La sua lingua mi leccò rapida la lieve ferita sul labbro – non mi ero nemmeno accorto che ne fosse uscito un po’ di sangue.
Anche io chiusi gli occhi, mentre la sua bocca scendeva sul mio collo.
Poi accadde, rapidamente.
La sua lingua mi accarezzò una vena in rilievo e la mia testa si inclinò automaticamente indietro, offrendole la gola.


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Sapevo che cosa stava succedendo, eppure ero sorpreso, annichilito.
Siamo uguali, pensai.
Siamo uguali, siamo uguali, siamo uguali…
All’improvviso mi ero ricordato chi ero, e compresi che non avevo mai considerato che anche lei fosse come me. Mi chiesi come mai non ci avessi mai pensato, prima.
Quasi non sentii dolore quando i suoi canini affondarono. Il fiotto di sangue che prese a scendermi lungo la gola era caldo, e quando lei iniziò a succhiare provai un piacere indescrivibile.


SPOILER (click to view)
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Non durò molto, lei si staccò quasi subito.
Kyo appoggiò la testa sul mio petto. Le sue braccia mi circondarono, stringendomi, ed anche io la strinsi. Forte.
Sdraiandomi di schiena sull’erba la tirai giò con me.
- Non piangere, Kyo.
Sussurrai. Mi sentivo tranquillo, ma quel senso di estraneità, di sorpresa, non mi abbandonava.
- Non piango. Ma non voglio che tu mi veda così.
- Non è successo niente di strano. Noi siamo uguali. Prima o poi sarebbe accaduto.
- Sì. Scusami.
- Se io fossi stato pronto prima di te avrei fatto lo stesso, lo sai, questo. Non c’è da chiedere scusa. Io non ti avrei chiesto scusa.
- Sì.
- E’ la nostra natura.
- Sì.
- Kyo.
- Sì?
- Tu lo sai che cosa provo per te, vero?
- Spero di sì.
- Puoi esserne certa.
- Vuoi sapere che cosa provo io per te?
- No.
- No?
- No.
- Ma…perché?
Esitai prima di rispondere.
- Perché ho paura. – dissi, alla fine.
Kyo mi strinse più forte.




SPOILER (click to view)
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Non ho mai amato prima di conoscere Kyo, non ho mai avuto paura se non di lei e per lei, la paura che, prima o poi, lei potesse allontanarsi da me.
Siamo cresciuti insieme, non c’è stato momento della nostra giovinezza che non possa ricondurre a lei, eppure siamo cresciuti diversi.
Io non sono capace di tenere per me tutto quello che penso, non credo che ci sia nulla di me che Kyo non sappia. Non ho pudori.
Lei, invece, sono sempre state tante le cose di cui non mi ha parlato.
Non è che volesse tenere dei segreti per se.
Non è che pensasse che non la capissi, credo.
E’ che, semplicemente, non ha mai ritenuto fosse necessario dire proprio tutto, alle persone, anche quando quel tutto le avrebbe rese o le renderebbe felici.
Ecco perché il ricordo di quel tardo pomeriggio d’estate mi si è inchiodato in testa.
Lei voleva dirmi qualcosa di prezioso, in quel momento, ed io ho avuto paura di sentirlo. Ho perso la mia occasione, non potrò mai perdonarmelo. Tutto quello che ci siamo detti dopo, è stato bello, doloroso, irritante, allegro. Ma quel momento, quel momento in cui dalla mia vena aperta continuava a scendere sangue e lei mi stringeva in quel modo, quel momento per me è stato la felicità.
Pensai: sta iniziando, devo proteggere questa felicità, non devo permettere a nulla di guastarla. Se lei mi dicesse qualsiasi cosa che contenesse un “ma”, allora sarebbe tutto perduto. Non devo permetterlo.
Così non avrò mai il ricordo della sua voce, delle parole che tanto avrei voluto sentirle dire.
Forse è stato meglio così. Forse, dopotutto, non ne ho bisogno. Non è un rimpianto che riesca a spiegarmi. Se non che, da allora, ho sempre avuto l’impressione di rincorrerla, di non stare al suo passo, anche se lei ha continuato sempre a stare con me.


I suoi genitori adottivi non approvavano che noi continuassimo a trascorrere insieme tutte le nostre nottate – e parte delle nostre giornate. Del resto, nemmeno la mia famiglia approvava. Non perderò tempo ad elencare i loro motivi da arroganti vampiri nobili. Se non altro sapevo che i Mekane si preoccupavano per lei, e potevo accettarlo, questo. Quando Naga si mise in mezzo, però, fu troppo per loro.
Abe Mekane parlò con il vecchio e, ufficialmente, fummo banditi entrambi, io e Naga, dalla casa del segretario particolare di mio padre.
Questo poteva fermare mio cugino per un po’, ma nulla poteva fermare me – noi. Però, per evitarle noie, iniziammo a nasconderci. Avevamo i nostri rifugi di infanzia, le grotte sulle colline, la vecchia legnaia abbandonata, o anche più semplicemente il retro di casa sua, nel cuore della notte, quando la sua famiglia dormiva. Ma, nonostante questo, era divenuto improvvisamente troppo il tempo che dovevo trascorrere lontano da lei.
Quando ci incontravamo, quella nostra natura di sangue che ci legava ci sopraffaceva. Eravamo schiavi ed ebbri l’una del sangue dell’altro. In quel periodo, di giocare e fantasticare non si parlava.
Cercai di distrarmi con altro.


Scendevo in città, vagabondavo nei posti frequentati dagli umani.
Imparai finalmente a confondermi tra loro, imparai i loro sistemi di comunicazione, le loro abitudini che noi non condividevamo. Imparai a mischiarmi alla folla, ancora una volta rendendomi invisibile, al punto da avere maturato l’illusione di conoscerli bene, gli umani.
Fu in una di queste occasioni che ebbi il mio primo sinistro incontro con un Level E.
Ed anche con un Vampire Hunter.


Poiché, contrariamente a come mi sentivo, ero invece ancora troppo giovane e vivevo volutamente ai margini dal mio mondo e da quello degli umani, non capii un accidente della scena che mi si presentò davanti, una sera, mentre stancamente me ne stavo tornando a casa.
Svoltai in un vicolo e mi ritrovai di fronte ad una fontana senza acqua. Quello che vidi mi sconvolse. C’era quello che sembrava un ragazzino tenuto schiacciato a terra dal piede di un uomo, che gli stava puntando un fucile alla testa. Il ragazzino si teneva le mani sugli occhi e piangeva, mentre l’uomo gli stava dicendo qualcosa, a bassa voce, ma duramente. Che cosa dovevo pensare? Senza stare a pensarci intervenni, gettandomi sulla canna dell’uomo, proprio mentre stava premendo il grilletto. Il colpò partì e mi colpì di striscio sulla guancia. Sentii un male cane, che mi fece urlare come mai avevo fatto in vita mia. E mi accorsi che il ragazzino, velocissimo, si era rialzato e stava ridendo sguaiatamente, mostrando i canini verso di me, come per deridermi, con una espressione tanto orribile da essere oscena, per poi voltarsi e correre via, sparendo in un lampo dietro un angolo.
Non mi ero ancora ripreso dallo shock di quello sguardo, che sentii la mano dell’uomo afferrarmi per i capelli e sbattermi contro un muro. Questa volta mi trovai la canna del fucile puntata sulla fronte.
- Dovrei accoppare te, coglione! Adesso quella bestia farà fuori altre tre o quattro persone prima che riesca a ritrovarlo e giustiziarlo!
Mi ringhiò contro l’uomo. Quella ferita mi stava facendo impazzire dal dolore e, al contempo, mi aveva provocato un senso generale di spossatezza. Non fui in grado di reagire in alcun modo. Mi limitai a continuare a fissarlo nel suo unico occhio – l’altro era coperto da una specie di toppa di cuoio – in una ridicola espressione sbigottita, immagino. Quando finalmente allentò la presa, trovai il coraggio di chiedere:
- Ma che cosa…che cos’era quella creatura?
- Un maledetto Level E, ecco che cos’era.
- Sembrava un semplice ragazzino.
- Lo sarà stato, chissà quante vite fa. Adesso è soltanto una bestia idrofoba che deve essere eliminata.
- Ma…come…?
- Ed è proprio un vampiro a chiederlo? - Si rivoltò contro di me, l’hunter. – Fatti raccontare dalla tua gente perché esistono i Level E, se non lo sai. Io non ho tempo per trattenermi a fare conversazione!
Dopo pochi istanti era scomparso, inghiottito dalla notte.


La ferita mi fece male per giorni.
Mi rintanai lontano da casa, come fanno le bestie ferite, aspettando che tutto passasse, ma non passava.
Alla fine, mi arresi e andai a cercare Kyo.
Mostrarmi con quella brutta ferita aperta sulla faccia mi preoccupava, mi basto vedere il suo sguardo, quando emersi dall’ombra dopo averla chiamata fuori di casa, per capire quanto era brutta.
Non ci fu bisogno di dirle che era stata provocata da un’arma anti-vampiro.
- Appena un centimetro più in là e adesso saresti polvere, Hiro. – mi disse, riacquisendo immediatamente la sua familiare compostezza.
- E nessuno ne avrebbe mai saputo niente. Saresti diventato un incidente di percorso registrato negli archivi segreti dell’Associazione degli Hunter, niente di più di una nota a piè pagina, “nel corso dell’operazione, vampiro sconosciuto morto accidentalmente”.
- Tu non c’eri, non sai come sono andate le cose. Quindi risparmiati la predica, questo schifo mi sta già tormentando abbastanza.
- Se ti sgrido è perché ti conosco. Tu sei troppo avventato, non rifletti mai abbastanza sulle cose che fai. Quello che quando eri bambino era una incantevole spontaneità adesso è solo sciocca imprudenza.
- Va bene, va bene, hai ragione tu. Adesso posso avere un po’ delle tue carezze e della tua comprensione, "nonnina"? Non ce la faccio più…
Mi sorrise in quel suo modo speciale e si chinò su di me, offrendomi il collo. Le presi la testa tra le mani e la morsi, forse con un po’ di rudezza, perché la sentii sobbalzare per un secondo.
Succhiai avidamente quel sangue prezioso e, quasi da subito il dolore iniziò a ritirarsi, fino a scomparire.
Ma anche quando l’effetto sedativo si era ormai diffuso come doveva, non riuscii a lasciarla.
Mi era mancata troppo.
Fu lei a staccarsi a forza da me. Per poi cadermi addosso, stremata.
- Dimmi che stai meglio – mi sussurrò, la voce flebile, il suo corpo che
si abbandonava senza forze sul mio.
Dall’odore del suo sangue sentivo che stava perdendo conoscenza.
- Perdonami, Kyo…- sussurrai.
Le cominciai ad accarezzare i capelli, la nuca delicata, concentrandomi sul mio potere, fino a quando la sentii addormentarsi.

Mi rimase la cicatrice che esibisco ora sulla guancia sinistra e che torna a farmi male ogni volta che mi trovo nelle vicinanze di un’arma anti-vampiro.
Tutto sommato, quella esperienza fu utile, nel suo genere.


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Edited by Nerissa - 29/7/2009, 23:47
 
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CAT_IMG Posted on 16/7/2009, 19:21
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Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 16/7/2009, 20:45




Hiro II

Quando Kaname schiuse la porta, il giovane Nakada stava guardando fuori dall’unica finestra, in direzione del dormitorio Luna.
Kuran si soffermò a studiarne la figura, mentre attendeva che si voltasse verso di lui.
Indossava quello che, da dietro, sembrava un gilet di pelle nera, le braccia pallide e nervose spiccavano contro quel tessuto, come anche i suoi capelli, di un purpureo eccessivo. Aveva le mani infilate nelle tasche posteriori dei jeans. Un serpente tatuato gli avvolgeva un avanbraccio e le lunghe gambe terminavano in un paio di stivali.
La sua posa disinvolta ed il suo stile non erano usuali per gli allievi della Night Class, anche nei loro momenti di libertà.
Hiro voltò appena la testa, offrendo il profilo tagliente. Da quella prospettiva, sembrava un vampiro molto pericoloso. Poi si voltò del tutto e, nel farlo, la sua espressione cambiò immediatamente l’impressione generale. Gli occhi si aprirono di più, le labbra si schiusero in un sorriso. Assunse immediatamente l’aspetto di un ragazzo spensierato, dai modi accattivanti. La brutta cicatrice che gli attraversava una guancia sembrava renderlo più attraente, invece di deturparlo.

- Kaname-sama. Il capo dormitorio in persona è venuto a prendermi per accompagnarmi nella nostra area riservata?

Kaname chiuse la porta silenziosamente, poi si appoggiò ad essa, incrociando le braccia.

- Chi ti dice che tu sia stato ammesso, Nakada?

- Non lo sono? – il sorriso non vacillò, anzi si ampliò, mentre la testa si chinava leggermente da un lato.
Hiro sollevò una mano per portarsi un ciuffo di quegli indomiti capelli dietro l’orecchio, e gli anelli che portava alle dita, come gli orecchini che indossava, scintillarono.

Kaname accennò con il mento al libro abbandonato su una sedia.

- Gli hai dato almeno un’occhiata superficiale?

Hiro seguì il suo sguardo. – Oh, quello. Me lo ha dato il preside Cross, ma non pensavo di dover cominciare a studiare le regole immediatamente. Lo metterò sul comodino e ne leggerò qualche pagina ogni sera, prima di addormentarmi. – disse, allargando ancora di più il sorriso.
Ma i suoi occhi, di quell’insolito colore rosa, non sorridevano.

- Stavi guardando il dormitorio Luna?

- No. Stavo guardando quel tizio che si aggira annoiato nel parco, sotto la pioggia battente. Chi è, un allievo che soffre di insonnia?

- Avrai presto modo di conoscere Kiyriu Zero.

- Ah, allora vuol dire che sono stato ammesso. Bene. Sono onorato…

- Qui le regole sono molto semplici, Nakada-kun. Lo vedrai dal regolamento. Non diventare un problema e andremo d’accordo.

- Non sono un attaccabrighe. E non mi sognerei di creare alcun problema a Kaname-sama.

- Non crearne nemmeno al preside.Questo posto esiste grazie ad un equilibrio delicato. La minima alterazione potrebbe dar luogo ad interferenze indesiderabili.

- Certo che è una idea curiosa, mettere insieme vampiri ed umani per “patrocinare un nuovo mondo di integrazione e pace”.

- Essenzialmente, questo posto serve ad educare i vampiri.

- Davvero? E gli umani? A che cosa devono essere educati, se non devono sapere che cosa siamo veramente?

- E’ per la loro sicurezza, in questa fase.

- Quindi sono qui per noi. Servono a noi. Anche se in un modo gentile, dopotutto li stiamo di nuovo usando, non è così? Il preside Cross è una cara persona, ma si illude se pensa che la maggior parte dei vampiri possa convertirsi da leoni in agnelli. E’ così…tenero, con quella sua sciallettina…

Kuran accennò un sorriso ironico.

– Se tu avessi visto la leggenda vivente dei Vampire Hunter, Kaien Cross, fare quello che gli ho visto fare io, non parleresti con tanta leggerezza. Anche se sei un vampiro molto potente, nonostante la tua inesperienza e la tua giovane età, se lo volesse, o lo ritenesse necessario, quel tenero signore ti taglierebbe la testa in un microsecondo. E la sconsideratezza per cui tu sei noto glielo renderebbe terribilmente più facile. Ecco la prima regola, Nakada: non sottovalutare il posto in cui ti trovi, e tantomeno le persone che lo abitano.

Il sorriso di Hiro si spense, i suoi occhi si restrinsero e divennero freddi come il ghiaccio.

- Kaname-sama. Io non chiedo altro che di ubbidirvi e di aiutarvi.

- Vedremo. – Kaname si voltò ed aprì la porta, lasciandola dischiusa in un gesto che invitava a seguirlo. Hiro si issò su una spalla un vecchio zaino.

- E’ tutto lì il tuo bagaglio?

- Sì.

- Allora andiamo. Le lezioni per questa notte sono già iniziate, fino a domani avrai tutto il tempo di ambientarti. Solo, non uscire dal dormitorio.

Quando Hiro fu alla sua altezza, la voce di Kaname lo fermò.

- Tieni a mente quanto mi hai appena spontaneamente promesso, Hiro. – una pausa. – Anche quando arriverà Kyo Mekane.

Detto questo, Kaname si avviò lungo il corridoio, seguito dallo sguardo aggrottato di Hiro.


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Edited by Nerissa - 29/7/2009, 23:49
 
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Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 17/7/2009, 11:06




Capitolo II
L'ospite attesa

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Una figura esile, minuta, in piedi sotto la fitta pioggia sottile della notte, dinanzi al cancello solenne dell’accademia Cross.

Immobile.

Pefettamente immobile.

Indossava un impermeabile che le aderiva ormai al corpo come una pelle, fradicio com’era. Ed i capelli corti, talmente neri da confondersi quasi nell’oscurità, le si erano incollati alla testa ed al volto.
Ma lei restava immobile, in attesa, con gli occhi chiusi.

Con se aveva solo una borsa a tracolla.

Zero era stato incaricato dal preside Cross di farla entrare ed accompagnarla al dormitorio Luna, quella notte, e la cosa, ovviamente, lo aveva seccato. Per giunta, pioveva fitto. Di questa vampira non sapeva nulla di più del suo nome, ma aveva colto uno sguardo di perplessità e di malinconia, negli occhi del preside Cross, quando gli aveva consegnato la scheda di identificazione, il che lo aveva incuriosito. Ma ciò non gli aveva impedito di sbuffare, prendendo in malo modo il documento e borbottando qualcosa sul fatto che non era un maggiordomo, etc., mente Kaien Cross gli gridava dietro di aspettare, che non poteva uscire senza un ombrello, aspetta un momento te ne trovo uno, ecco qua…e Zero era già sparito.
Sempre più irritato, se l’era presa comoda, perdendo tempo bighellonando nel parco, sapendo che la ragazza probabilmente stava già aspettandolo. Per giunta, quella era una di quelle notti in cui il solito malessere che Kuran si divertiva a definire “di completamento della trasformazione” prometteva di tormentarlo in particolar modo.
Quando finalmente era arrivato al grande cancello di entrata dell’Accademia, si era concesso qualche altro minuto, nascosto tra la fitta boscaglia del parco, per spiare questa Kyo Mekane.
Anche lui era fradicio, ed iniziava a sentire freddo. Attendeva sperando di vedere un gesto di stizza da parte di quella vampira, il che gli avrebbe dato un minimo di soddisfazione, ma il gesto non arrivava. Lei sembrava quasi in meditazione. Considerando che ormai ne aveva avuto già abbastanza, emerse dall’ombra e si presentò al cancello.

- Mekane? – disse, guardandola oltre le sbarre spesse.

Lei sollevò lentamente le palpebre, rivelando due occhi incredibilmente splendenti, nell’oscurità, due occhi di un verde chiarissimo. Non rispose, ma lui fece ugualmente scattare il grande lucchetto e scivolare via la pesante catena. Zero schiuse il cancello il tanto necessario per farla passare e lei si mosse con grazia, sfiorandolo nel passargli molto vicino. Si accorse che era più alta di quanto avesse calcolato in un primo momento e, suo malgrado, fotografò la delicatezza di quel profilo. Non era una novità, tutti i vampiri erano belli, ma la cosa non gli aveva mai fatto il minimo effetto. Si voltò a richiudere il cancello, riavvolgendo la catena come l’aveva trovata. Quando si voltò di nuovo verso di lei, si accorse che gli stava sorridendo.

- Anche io non amo gli ombrelli. – disse la voce della sconosciuta. E, inaspetattamente, gli porse la mano.

Lui rimase immobile, avrebbe voluto dirle che non stringeva la mano ai vampiri, anzi, che non era abituato a stringere la mano a nessuno, ma poi rimase preso nella rete di quegli occhi, che lo guardavano con la stessa malinconia che aveva colto nel preside Cross e che sembrava volessero comunicargli simpatia. Si ritrovò a prendere la piccola mano bianca nella sua, senza convinzione, ma fu sufficiente.

- Io sono Kyo. – disse semplicemente la ragazza. Le sue dita affusolate si avvolsero dolcemente alle sue ed una ondata di tepore si trasferì a quel lieve contatto da lei a lui, diffondendosi nel suo corpo velocemente. E Zero si accorse che quel dolore che pulsava costantemente in lui, giorno e notte, da mesi, ormai, sembrava stesse assopendosi.
Aveva quasi dimenticato la sensazione di stare bene, ritrovarla all’improvviso quasi lo emozionò. E faticò a riscuotersi dall’incanto che lo legava a quegli occhi, ma si impose di farlo. Lasciò la mano di Kyo bruscamente e si impose di distogliere lo sguardo da lei.

- Devo accompagnarti al tuo dormitorio. – disse. E, mettendosi le mani in tasca, la precedette, senza mai voltarsi indietro – non ne aveva bisogno. Sentiva la sua presenza alle spalle, molto forte, e questa cosa lo stava confondendo. Affrettò il passo per liberarsi di quella incombenza il più presto possibile.
Non si scambiarono più una parola fino alla gotica entrata de dormitorio Luna, dove un guardiano faceva sorveglianza notte e giorno.

- Eccoti arrivata. – disse Zero. Cercò di non guardarla, ma fu inutile. I suoi occhi lo stavano chiamando, non trovava altra espressione per definire cosa gli stava succedendo. Sollevò i suoi e li spalancò. Lei, improvvisamente, gli era vicinissima.

- Quando il dolore è troppo forte, vieni a cercarmi. Non posso farlo sparire del tutto, ma posso darti un po’ di sollievo. – gli disse, con dolcezza. Poi, fu di nuovo lontana da lui, e Zero credette di avere avuto una sorta di allucinazione. Kyo sollevò il volto verso il cielo, come per assorbire meglio la pioggia che le stava continuando a cadere addosso. Vide le sue lunghe ciglia scure ripiegarsi mentre chiudeva quegli straordinari occhi e, di nuovo il suo sorriso, mentre sussurrava:

- La pioggia…ha un buon odore…non trovi? – Poi tornò a rivolgersi a lui, improvvisamente seria. - Grazie per avermi accompagnata. Buona notte.
Gli voltò le spalle prima che potesse risponderle e, sempre con la stessa calma, percorse il lungo ponte che conduceva alla vera entrata del dormitorio.[/SPOILER]

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Da una finestra dell’unica stanza del dormitorio in quel momento occupata, Hiro aveva seguito quest’ultima parte della conoscenza tra Kyo e Kiyriu Zero. Sapeva che lei sarebbe arrivata quella stessa notte, si era messo alla finestra, ad aspettarla, percependo sempre più forte la sua presenza, fino a quando l’aveva vista. Mentre si stavano avvicinando, la sua cicatrice aveva iniziato a bruciare. Un’arma anti-vampiro? Come è possibile? Perché da quanto la vicinanza di Kyo gli stava trasmettendo, il ragazzo che la stava accompagnando, era un vampiro quanto loro.
Poi aveva percepito un’altra cosa, che lo aveva allarmato un po’ di più.
Una emozione, simile alla tenerezza, che, in quell’istante prima di essere lasciata sola, Kyo stava provando.
La sua mano strinse la tenda e la strappò.
Non aveva avuto esitazioni, quando era stato stabilito che Kyo andasse all’accademia Cross, si era immediatamente preparato a seguirla. Ma lo scarno colloquio con Kaname Kuran gli aveva fatto dubitare per qualche momento di aver fatto la scelta giusta, perché non era sicuro, a questo punto, di aver capito che cosa esattamente intendesse il nobile capo dormitorio sul “non diventare un problema”. Hiro era avventato e certe volte faceva il pagliaccio, ma non era uno stupido e il fatto che tutti tendessero a sottovalutarlo era sempre stato un vantaggio, per lui. Aveva il sospetto che, nell’avvertimento di Kuran, ci fosse una allusione proprio a Kyriu Zero, quindi doveva riflettere un istante su dove il capo dormitorio volesse andare a parare. Anche perché era evidente, a questo punto, che Kyo era stata mandata al collegio per un motivo diverso da quello ufficiale, forse più motivi.
Voltò le spalle alla finestra, mettendosi a fissare la porta, nell’oscurità, sentendo che Kyo si stava avvicinando sempre di più.
Sono qui. Pensò. Lo sai che sono qui. E lui sapeva che lei percepiva anche le sue emozioni del momento, quindi se ne stette quieto in attesa, chiudendo gli occhi. Adesso era nel corridoio dove si affacciava la sua stanza. Passo dopo passo la seguì nel suo avvicinamento. Kyo si fermò proprio davanti alla sua porta.
Kyo girò la maniglia ed aprì l’uscio, entrò, e richiuse la porta dietro di se. Lasciò la stanza al buio, fece qualche passo verso il centro di essa. Si sfilò la borsa a tracolla, che lasciò cadere a terra, poi si tolse l’impermeabile. Dall’oscurità dietro di lei un braccio le circondò la vita sottile e attirò il suo corpo contro un altro corpo. Un’altra mano le accarezzo il viso e il collo. Sentì una bocca familiare farsi spazio sotto lo scollo dela camicetta e baciarle la spalla. Delicatamente.
L’uomo dietro di lei inspirò forte.
- Hai un profumo buonissimo, Kyo…
- E’ la pioggia…- mormorò lei, piegando la testa all’indietro, mentre Hiro avvolgeva più strettamente le sue braccia attirandola ancora di più contro di se. Poi, con lo stesso tono flebile di voce: - Sei stato ammesso, dunque?
- Il test era una sciocchezza. Comunque – la prevenì - Anche se tu mi chiedessi di andarmene, non lo farei.
- Lo so. Non te lo avrei chiesto. Restare qui insieme non sarà facile, ma se mi ascolterai ed avrai fiducia in me non dovrebbero esserci problemi.
- E’ la seconda volta che questa sera mi vengono fatti avvertimenti sibillini. E’ successo qualcosa, non è vero? E’ successo qualcosa che io non so.
- No, Hiro. Ma forse dovrò fare qualcosa che non ti piacerà e, per questa volta almeno, mi devi giurare di non intralciarmi.
- Se non è qualcosa che ti obbligano a fare, non potrei oppormi, nemmeno se volessi. Tu farai quello che vuoi, come hai sempre fatto.
- Non voglio che ti senta ferito.
- E’ quando mi escludi che mi ferisci.
- Credimi. Se certe volte non ti escludessi, soffriresti moltissimo. Lo so, perché quando stai male tu sto male anche io.
- Per me è la stessa cosa. Non so perché sei venuta qui, ma se è qualcosa che può danneggiarti, o farti male, ti prego di non farla. Non rispondo di me, se sento che stai soffrendo.
- E’ proprio questo il problema, lo vedi? Ciò che temo più di ogni altra cosa. Questa volta, qualsiasi cosa succeda, tu abbi sempre fiducia in me. E in Kaname – sama.
- Va bene. Ma sarebbe tutto molto più semplice se non mi lasciassi a fare congetture per conto mio…
- Ad ogni modo, sarebbe ancora presto per parlarne. – tagliò corto Kyo.
Prese una delle mani di lui e se la portò alla bocca. Dolcemente, scelse una delle sue dita inanellate, ne morse la prima falange e leccò rapidamente le poche stille di sangue che ne uscirono.
- Kyo. Tutto quello che voglio è starti accanto.
- No. Tu vuoi molto di più, Hiro. Un giorno ti promisi che sarà così, per quanto starà in me, almeno. Ma non è ancora il momento.
Si girò verso di lui ed alzò gli occhi calamitando a sé i suoi. Il lieve taglio sil dito di Hiro si rimarginò immediatamente.
- Amo la tua voce. Ma non abbiamo bisogno di parlare per comunicarci queste cose, Hiro.
Si baciarono, a lungo, stringendosi forte in un abbraccio.


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E subito la bocca di lui cercò la vena sul collo ed i suoi canini affilati affondarono. Dopo un poco, lei si staccò e sollevò una mano coprendosi i piccoli segni sul collo.
- Credo che ti abbiano già preparato la tua stanza. Se sei stanca, ti ci posso accompagnare. – disse Hiro, asciugandosi la bocca con il dorso della mano.
- E’ questa la mia stanza.
Rispose, semplicemente, lei, iniziando a slacciarsi gli abiti inzuppati.


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Edited by Nerissa - 29/7/2009, 23:57
 
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Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 28/7/2009, 21:05




L'OSPITE ATTESA - SEGUITO

Akatzuki battè leggermente le nocche contro lo stipite, ma aveva la sensazione che dentro la camera non ci fosse nessuno. Infatti, nessuno aprì la porta e nessuno lo invitò ad entrare.
Si mise le mani in tasca e chinò la testa accompagnando il movimento con un sospiro.
Non poteva entrare in quella stanza senza il permesso del suo occupante. D’altro canto, la nuova allieva era stata convocata da Kaname-sama. Lui doveva accompagnarla nello studio del capo dormitorio prima dell’inizio delle lezioni, e fuori le ombre stavano già scendendo.
- Stavi cercando me, Akatzuki – senpai?
Voltò lentamente la testa e rimase sorpreso nel vedere la giovane vampira in piedi accanto a lui, con indosso la divisa impeccabilmente indossata ed i libri in mano.
Chissà perché, aveva immaginato che il suo aspetto fosse più giovanile. Invece, il volto serio e la posa composta ed aggraziata gli sembravano familiari ma discordanti con l’idea che fosse una allieva. E poi, quegli occhi profondi ed estremamente chiari intimidivano un poco.
Nell’insieme, gli ricordava Seiren.
No, a dire il vero…quegli occhi senza tempo gli ricordavano…Kaname – sama.
- Il capo dormitorio ti vorrebbe parlare, prima che ti presenti alla classe. Potresti raggiungerlo nel suo studio? Posso accompagnarti, se vuoi.
- Non sarà necessario. Grazie comunque, Akatzuki-senpai.
Mentre la guardava proseguire il percorso lungo il corridoio vide arrivare dal verso opposto Ruka. Anche lei guardò la nuova arrivata passarle accanto con aperta curiosità e sorpresa. Quando poi si accorse che stava andando nella zona del dormitorio riservata a Kaname Kuran le sopracciglia le si aggrottarono automaticamente.
Si voltò verso Akatzuki con sguardo interrogativo e seccato nello stesso tempo.
Lui la guardò dritto negli occhi, sollevando le sopracciglia.
- Mekane Kyo. – disse.
- Quella nuova?
- Evidentemente.
- Stanno per iniziare le lezioni. Perché sta andando da quella parte?
- Credo che la cosa non ti riguardi, Ruka.
Ruka sbuffò, gli passò davanti e non si trattenne dall’esprimere il prevedibile commento.
- Sei sempre il solito, Akatzuki.
- Anche tu. – ribattè prontamente lui. Ma si pentì subito di questa sua risposta, perché non potè non vedere il velo che scese per un attimo negli occhi di lei.
Tacendo, scesero insieme le scale per andare nella sala comune, in attesa di poter uscire dal dormitorio con tutti gli altri, per andare a lezione.

Finora era andato tutto come previsto.
Ma la presenza di Kaname Kuran non poteva non turbarla.
Stava facendo un sforzo terribile su se stessa per non tremare ma, cosa che non le capitava spesso, anche respirare le risultava difficile.
Troppo potere emanava da quell’uomo.
Troppo…male.
Lui non poteva non essere consapevole di quello che stava provando.
- Sarà meglio che ti siedi su quella poltrona, Mekane – chan. – le disse gentilmente lui.
Lei lo fece subito, ma non era ancora pronta a guardarlo negli occhi.
- Così non va bene, Kyo. Dovrai stare in questo posto per diverso tempo. Non è pensabile che tu stia così male ogni volta che mi incontri, o mi stai vicino.
- Sono mortificata…Kaname – Sama.
- C’è qualcosa in particolare che ti disturba?
- Sono certa che si tratta solo di acquisire familiarità con le mie sensazioni in vostra presenza. Spero che mi ci voglia poco tempo, per questo. Farò del mio meglio per disciplinarmi.
Lui tacque un momento e si allontanò il più possibile da lei.
Dall’altra parte della stanza c’era una vasta libreria. Si fermò li, guardando gli scaffali come se stesse cercando un volume.
- Credimi, Kyo, posso capire che cosa provi. Purtroppo, nel tuo caso, non posso fare nulla per alleviare la tua pena. Temo che se ti permettessi di vedere anche solo un poco in me, non potrei che peggiorare le cose.
- Oh, ma io ho fede in voi, Kaname – sama.
- Davvero? – posò i suoi occhi su di lei come se fosse veramente sorpreso.
Sorrise.
– Mi chiedo se ho fatto bene ad invitarti qui, soprattutto sapendo che ti saresti inevitabilmente portata dietro la tua ombra, Nakada.
Lei non replicò.
- Lo so che non gli hai chiesto tu di accompagnarti. D’altronde, avresti potuto impedirglielo, se avessi voluto. All’inizio ero un po’ contrariato, ma poi ho capito che la presenza di Nakada potrà comunque avere la sua utilità.
Vide che la ragazza aveva smesso di tremare.
Fece con noncuranza due passi verso di lei.
– So che hai conosciuto il nostro allievo della disciplinare. Mi chiedo come mai io possa metterti a tal punto a disagio, mentre quel ragazzo non ti preoccupi minimamente.
Un altro passo.
– E sento che anche per Hiro sei preoccupata. Eppure, in lui leggi come in un libro aperto. Ma Kiryu Zero non ti crea la minima alterazione. Perché?
- Non mi spaventano le persone che stanno così male. Quel tipo di dolore mi è comprensibile e so come affrontarlo. Ed anche quel tipo di odio mi è familiare. Il vostro dolore, Kaname – sama, è intrecciato al vostro odio, al vostro potere ed alle vostre preoccupazioni in modo tale da annichilirmi. Quanto ad Hiro, anche il suo potere è troppo forte, anche se ben lontano dal vostro, e lui non è capace di gestirlo. Sono troppo coinvolta con lui per poterlo aiutare in questo. Ecco perché sono preoccupata per lui. Perdonate se ho parlato con tanta franchezza.
- E’ bene che ne parliamo adesso, perché poi non lo faremo mai più. Ad ogni modo, al momento è libero un posto di disciplinare. Vorrei che fossi tu a svolgere quel ruolo. E vorrei che lo facessi anche fuori dalla scuola, accompagnando Zero. Nonostante la sua condizione…speciale, sta svolgendo una serie di missioni per conto della Associazione.
- Devo andare a caccia di Level E?
- Sì. Anche.
- Questo lo posso fare da sola.
- Ma io non voglio.
- Come desiderate.
- Non mi chiedi perché?
- Mi dareste una risposta sincera?
- Probabilmente non del tutto, no.
Finalmente, Kyo riuscì a sollevare lo sguardo ed a fissare Kaname negli occhi.
- Al momento opportuno lo capirò il perché. E quando accadrà, saprò che cosa devo fare. E’ questo che intendete dire, non è vero? Forse sopravvalutate troppo le mie capacità, Kaname - sama.
- So che ti sembrerà arrogante, ma difficilmente mi sbaglio, Mekane. Ad ogni modo, tu sarai una disciplinare, anche se indosserai la divisa della Night Class, pertanto farai capo anche al preside Cross. Lui ha convenuto con me che sei la persona adatta per assumerti questo incarico. Lì – e indicò con gli occhi un
tavolinetto accanto alla poltrona dove la ragazza era seduta – c’è la fascia distintiva che dovrai portare sempre.
Kaname si voltò verso la finestra e guardò verso il quarto di luna che stava per essere coperto da un velo di nuvole.
- E’ ora di andare. – disse.


La pioggia fitta aveva dissuaso gli allievi e soprattutto le allieve della Day Class ad attendere fuori dal portone che separava i due dormitori l’abituale sfilata degli studenti della Night Class che si recavano nelle aule poco prima del tramonto.
Ormai pioveva da giorni, ma nella piccola processione serale gli unici che si riparavano sotto i loro graziosi ombrelli erano Ruka, Rima e Ichiju.
A tutti gli altri sembrava che l’acqua fosse più o meno indifferente.
A tutti, meno uno.
- Accidenti, quando smetterà questo tempo! Sono giorni che non vedo le mie fan, l’unico elemento divertente tra tutta questa noia. – disse contrariato Aidouh.
- Speriamo che piova ancora per qualche settimana. – commentò Akatzuki.
- E’ così riposante non dovermi mettere la crema protettiva tutti i giorni. – aggiunse Shiki.
- Anche voi siete noiosi! Noiosi! NOIOSI!– replicò Aidouh. – E poi, detesto sentirmi sempre con gli abiti bagnati addosso.
- E allora perché non ti porti un ombrello e la fai finita? – intervenne Ruka.
- Ma vuoi scherzare? Gli ombrelli mi stanno malissimo.
- Questa la dovevo ancora sentire. – mormorò Akatzuki.
- Visto che le tue ammiratrici non sono in giro, potresti prenderlo un ombrello. – commentò Rima. _ Non sono così male, basta saperli portare.
- Che esaltante livello di conversazione...- mormorò di nuovo Akatzuki.
Aidouh guardò di sbieco la nuova studentessa, che indossava un impermeabile bianco, con il cappuccio. A pochi passi da lei, come se fosse una sua ombra, Hiro Nakada con il suo perenne sorriso divertito. Come Akatzuki, anche lui incedeva con le mani in tasca, e non portava la cravatta. Da sotto una manica della giacca che portava tirata su sulle braccia, si intravedeva un pezzo del suo tatuaggio. In verità, si poteva definire in diversi modi, ma non certo come l’ombra della discreta Kyo Mekane. La personalità di Nakada emanava da lui anche senza che facesse nulla per esaltarla.
Aidouh si raddrizzò, impermalosito da quella ingombrante presenza, e , scuotendo la testa, schizzò d’acqua sia Shiki che Akatzuki.
- Assolutamente no! – disse, deciso. – niente ombrelli!!
- Ad ogni modo, dobbiamo percorrere solo pochi metri – intervenne conciliante Ichiju. – e credo proprio che domani sarà di nuovo una bella giornata. Vieni sotto il mio ombrello, Aidouh.
- E va bene, va bene…
- Kyo. – la voce bassa di Kaname fece troncare immediatamente il chiacchiericcio.
- Kaname – sama?
- Ricordati di passare dal preside Cross, oggi, prima delle lezioni.
- Sì, Kaname – sama.
Senza affrettarsi, Kaname superò comunque tutto il resto del gruppo, seguito dall’inseparabile Seiren. Invece, Mekane e Nakada restarono di alcuni passi indietro. Nakada aveva preso la mano di Mekane e le stava sussurrando qualcosa, attirandola più vicino a se.
Ruka gettò uno sguardo da sopra la spalla verso di loro ed aggrottò le sopracciglia.
- Non capisco proprio che cosa ci facciano quei due, qui.
Disse, tra i denti. – Nakada si concia come un teppista, in classe manca poco che dorma, e Mekane…Mekane…dopo le lezioni rimane in aula, oppure sparisce senza nemmeno lasciare detto che fa e dove va, violando una regola che rispettiamo imprescindibilmente tutti. Entra ed esce dal dormitorio come le pare.
- Ruka. – disse Akatzuki. – Mekane è arrivata da poco, sta ancora ambientandosi e pare che abbia preso i nostri “studi” molto seriamente.
- E tutte quelle visite a Kaname – sama! Non lo lascia un attimo in pace.
- Quando si è convocati, nessuno può dire di no a Kaname – sama. – disse Aidouh, sollevando un dito indice come se stesse impartendo a memoria una lezione.
- C’è poi questo comportamento indecente che ha con Nakada. Così, pubblicamente…ormai sappiamo tutti che condividono la stessa stanza. Lui appartiene ad una delle famiglie più importanti…e lei…
- Ruka. – Akatzuki la interruppe, cosa che faceva raramente, ma senza alzare la voce. – Mi sembra di avertelo già detto, non ti occupare di cose che non ti riguardano.
- Oh, Akatzuki, senti…
- A me invece piace, Kyo – chan. – intervenne Aidouh sorridendo. Ichijo faticava a coprirlo con il suo ombrello, visto che il ragazzo non faceva che agitarsi. - Con me è sempre gentile e poi, quando sorride, il suo viso diventa molto dolce…a te, invece, Ruka, si stanno formando delle rughe proprio sopra il naso.
- Aidouh, anche tu!
- Anche a me piace Kyo – san. – si intromise Rima - Ogni volta che rientra dalla città ci porta sempre i nostri dolci preferiti. Vero, Shiki?
- Uhm.
- Con voi deficenti basta che una persona sia appena civile e subito le cadete ai piedi. – ribattè Ruka. Ed affrettò il passo per raggiungere Kaname, lasciando gli altri indietro.
- Ruka è sempre più scorbutica. – affermò Aidouh.
Akatzuki sospirò.
– Però è vero che Mekane ha più libertà di movimento di quanta viene concessa a noi. – disse.
- Non è più libera. – puntualizzò Ichijo. – Ha, piuttosto, più obblighi di noi. Lei è una guardian, prima e dopo le lezioni deve perlustrare il perimetro del collegio. E quando esce, è sempre per ordine del preside Cross o di Kaname – sama.
- Che condivida la stanza con Nakada però è vero. – disse Aidouh, aggrottando le sopracciglia. – Effettivamente, questa cosa ci fa sentire tutti a disagio. Nakada, poi, sembra un cane da guardia, non la molla un attimo, qui dentro. Che selvaggio, si comporta come se fosse una sua proprietà.
- Ti da fastidio solo perché non riesci mai a restare abbastanza da solo con lei per provarci. – disse Akatzuki.
- Proprio così! Insomma, io non sono snob come voi, mi piacerebbe conoscerla meglio! E’ così carina…
- Aiudouh – kun. – fece Ichijo, improvvisamente serio. - E’ meglio che lasci perdere Kyo – san, non voglio assolutamente che tu corra il rischio di scontrarti con Nakada. Comunque - qui Ichijo sorrise un poco - non è che le stia sempre vicino perché la consideri di sua proprietà, ma solo perché anche se volesse non potrebbe allontanarsi troppo da lei. – una pausa. - Si tratta di un legame di sangue.
Aidouh e Akatzuki spalancarono entrambi gli occhi.
Poi Aidouh aggrottò di nuovo le sopracciglia. – Se è un legame di sangue, allora come fa Nakada ad accettare il fatto che faccia la guardian con quella bestia di Kiryu Zero? Quell’arrogante, maleducato, violento, mezzo vampiro, mezzo stronzo…senza contare che potrebbe impazzire da un momento all’altro e farla fuori!! Che razza di incoscienza, sapendo quello che Kiryu pensa dei vampiri…
- Basta spettegolare, adesso. – disse Ichijo,ridendo. - Aidouh, certe volte sei peggio di Ruka…
- Non mi paragonare a quella strega!
Erano oramai arrivati al portone dell’edificio scolastico. Proprio all’entrata, Zero stava aspettando che l’intera Night Class lo oltrepassasse, per verificare che ci fossero tutti. Ichiju lo salutò cordialmente, sorridendogli e ringraziandolo per il suo lavoro, esattamente come aveva fatto Kaname Kuran qualche istante prima.
Tutti gli altri vampiri lo ignorarono, come sempre, e lui ignorò loro.
Fino a quando arrivarono gli ultimi due.

- Mekane. – disse Zero a bassa voce, - vieni, dobbiamo andare dal preside Cross.
- Mekane – San. – Lo corresse Hiro, aggrottando lievemente le sopracciglia ma mantenendo il suo imperturbabile sorriso divertito e minaccioso ad un tempo. – Certo l’educazione non è una delle tue qualità, Zero – kun.
- Per quanto ne so, nemmeno una delle tue, Nakada – senpai. – ribattè prontamente Zero.
- Beh, anche questo è vero. Ma io, almeno, mi diverto. Tu, invece, devi fare degli sforzi incredibili per mantenere costante quel muso ingrugnito.
- Mekane….”san”, dobbiamo veramente andare. – disse Zero, ignorandolo.
- Preferirei che mi chiamassi Kyo, Zero. – disse lei.
- Come è sempre troppo gentile la mia ragazza. – mormorò Nakada, stringendole una spalla con la mano. Lei si voltò un poco verso di lui e ricambiò il suo sorriso.
- Ci vediamo tra poco a lezione, Hiro.
Lui la guardò negli occhi, spegnendo il suo sorriso, improvvisamente dimentico di Zero, e le accarezzò una guancia delicatamente.
- Ti aspetto. – sussurrò.
Gli altri erano già tutti entrati e lui la lasciò quasi bruscamente, avviandosi solitario lungo il vialetto, seguito dallo sguardo di Kyo e di Zero.
- Credo che per questa notte ti aspetterà più di quanto creda. – commentò quest’ultimo, mentre a sua volta imboccava la direzione opposta, verso l’ufficio del direttore.
Kyo lo seguì senza replicare, e stettero in silenzio fino alla porta del preside.

Zero la aprì senza bussare.
Dentro la stanza c’erano due uomini seduti scompostamente sulle sedie di fronte alla scrivania.
Kaien Cross, invece, era intento a versare del tè in delicate tazze di raffinata porcellana cinese. I due sconosciuti la guardarono con fredda curiosità, ma Kyo non si sentì a disagio. Se c’era il preside Cross si sentiva al sicuro.
Curioso. Perché ho pensato questa cosa? Dovrei sentirmi così in presenza di Kaname – sama, invece Kaien Cross mi trasmette quella serenità e quella sicurezza che non riesco a percepire spesso. Quest’uomo…quest’uomo ha qualcosa di speciale.
In quel momento, il preside alzò gli occhi e subito le sorrise:
- Benvenuta, Kyo - san! Posso offrirti una tazza di tè?
- Grazie, ma…
- Zero?
- Io vado in perlustrazione. – Tagliò corto Zero, che era rimasto fermo sulla porta, la mano sul pomello. Gettò uno rapidissimo sguardo a Kyo, poi se ne andò, richiudendo seccamente la porta dietro di se.
Cross sospirò, con la tazza fumante in mano.
– Le maniere di quel ragazzo peggiorano di giorno in giorno – commentò, poi porse la tazza a Kyo.
– Siediti pure, cara. C’è una sedia libera.
Lei ubbidì docilmente, prese la tazza bollente, lasciando il piattino nelle mani del preside, e la tenne stretta tra le mani, sapendo che i due uomini avrebbero osservato attentamente ogni suo gesto.
- Questi due signori sono venuti per parlare con te dell’incidente occorso ai tuoi genitori, due mesi fa. Stanno indagando sull’assassino che ha compiuto quello scempio e pensano che tu possa aiutarli in qualche modo. Naturalmente, conosci Yoga Tagada, per averlo incontrato alcune volte a lezione. Questo, invece, è Kawabata Musashi. Lui non è un Vampire Hunter, il suo ruolo è quello di gestire le relazioni tra l’Associazione e il Consiglio dei Vampiri.
- Sostanzialmente, c’è una cosa che ci lascia perplessi, scusa la franchezza. – Intervenne subito Kawabata, interrompendo il direttore.
Cross aggrottò leggermente le sopracciglia, ma non disse nulla.
- Tu dove eri quella notte? Perché non sei stata tu a denunciare il fatto, ma Hiro Nakada, che però è stato piuttosto vago circa il motivo per cui si è trovato lì proprio in quel momento, cioè, quando il fatto era appena accaduto. Insomma, è un po’ strano…no?
Mi teneva stretta, con tutte le sue forze. Eravamo nascosti nel frutteto, la notte era senza luna, accucciati in terra, io ero racchiusa tra le sue braccia che mi tenevano ferma, e la sua mano era premuta fortemente sulla mia bocca, a bloccare le mie urla, che non riuscivo a fermare. Cercava disperatamente di non lasciarmi andare. “Ti prego…ti prego…non puoi fare niente…stai ferma…ti prego, Kyo!” mi sussurrava continuamente nelle orecchie, ma io ero come impazzita. Quelle urla, le altre urla…mio padre che mi implorava di scappare…e mia madre, che chiedeva pietà e che venne uccisa per prima, perché il suo grido tra le lacrime si spense all’improvviso. Restammo così ancora molto dopo che il silenzio era tornato nella casa. Hiro mi aveva stretto così forte che mi sentivo le braccia indolenzite. Quando finalmente mi tolse la mano dalla bocca, mi accorsi che non avevo più voce. Sentìì che si staccava da me, e che mi baciava le mani e il viso, mentre mi sussurava delle cose. Che cosa diceva? Non lo so, credo di non avere registrato le sue parole, ma posso immaginarlo. Non ricordo nemmeno il suo sguardo addolorato e preoccupato su di me. Immagino anche quello, perché conosco ogni sua espressione, ogni sua reazione. So che a un certo punto si alzò, dicendomi qualche altra cosa, e andò in direzione della casa. Allora, una piccola parte di me si risvegliò, voleva dirgli di non andare, ma non ci riuscii. Non riuscivo a muovermi, né a chiudere gli occhi. Restai appallottolata su me stessa, stringendomi le gambe.Tornò…quando tornò? La notte iniziava a stemperarsi, e, all’improvviso mi accorsi che era di nuovo seduto, di fronte a me, questa volta, mi stava accarezzando le braccia e i suoi occhi cercavano di chiamare i miei. Non so da quanto tempo fosse di nuovo lì. Non avevo bisogno di chiedergli nulla, e non volevo guardarlo perché me lo comunicasse, così chiusi i miei.
“Non voglio che tu vada a vedere, Kyo”, mi disse.
“Oh, no.No! Non voglio vedere nulla!” Risposi. O drovrei dire “gracchiai”, perché la gola mi faceva male e quello che mi uscì fu un verso stentoreo che non riconobbi come mio. Mi accorsi che il viso mi bruciava, le lacrime si erano prosciugate ma quelle versate avevano lasciato scie di sale a tagliarmi la pelle. Per quanto tempo avevo pianto? Hiro aggrottò le sopracciglia e dischiuse la bocca come se stesse per dire qualcosa, ma si trattenne.
“Bisogna fare la denuncia. Andrò io.” Decise. Ma intuivo che non sapeva dove e se lasciarmi. “Tu…”.
“Resterò qui. Non mi muoverò. “ finalmente lo guardai. “Non andrò alla casa, te lo prometto. Resterò qui, ormai non potrà più accadere nulla.”
“Non lo so…”
“Lo sento. Credimi, per questa notte non tornerà.”
Lui esitava ancora. Mi prese il viso tra le mani e mi guardò per qualche istante, sondando i miei occhi.
“Kyo, ti prego, non odiare anche me…ti prego…”
Lo guardai, scossi la testa, posai le mie mani sulle sue.
Così si era deciso a lasciarmi. E quando era tornato di nuovo, con quella gente, io ero ancora sotto l’albero del melo, nella stessa posizione. Ma calma. E determinata. “

- Mekane – san?
La voce del funzionario aveva continuato a parlare, formulando una serie di ipotesi, come se gliele stesse offrendo da scegliere, ma lei non lo aveva quasi ascoltato – tanto non ne aveva bisogno.
- Mi scusi. Non vi posso aiutare. Non stavo bene, quella notte, ed ero uscita, allontanandomi dalla casa. Era una bella notte calda, e volevo stare nel frutteto, pensando che mi avrebbe fatta sentire meglio. Così mi sono sdraiata lì, e devo aver perso conoscenza. Mi sono ripresa solo quando mi ha trovata Hiro. E credo che fosse già tutto finito, allora.
- Che ci faceva Nakada lì?
- Ci incontravamo sempre, la notte. I miei non volevano che ci frequentassimo, ma non potevano controllarmi ogni istante, naturalmente, e la notte per noi era facilissimo vederci.
- C’era dell’astio tra la sua famiglia e Hiro Nakada?
- No. No, assolutamente. Pensavano solo che era meglio non avere problemi con la sua famiglia, che non approvava comunque il nostro legame. Ed io non volevo preoccuparli , quindi mi incontravo con Hiro di nascosto.
- Immagino che il ragazzo non abbia apprezzato il bando da casa vostra che era stato sancito da entrambe le famiglie. Essendo un giovane così impulsivo…
- Non avrebbe potuto mai fare alcun male ai miei genitori. Lui li capiva. Quella, come le altre notti, era venuto per me. Mi aveva indirizzato il solito richiamo, ma io non ero nella mia stanza, ovviamente, così non sentendomi rispondere si è preoccupato ed è entrato in casa. Ed ha trovato…quello che ha trovato. Poi è venuto nel frutteto, sperando di trovarmi lì sana e salva, ed è stato così. Quando ho ripreso conoscenza mi ha raccontato che cosa era successo e poi è andato a denunciare l’accaduto, perché io non potevo farlo. E’ tutto qui.
- Capisco. Credi che lui ti abbia detto la verità?
- Se non l’avesse detta, lo saprei.
- Sarò più esplicito. Credi veramente che non sia implicato in alcun modo con l’assassinio dei tuoi genitori adottivi?
Kyo lo guardò dritto negli occhi, e l’uomo si sentì immediatamente a disagio.
- Crede che potrei vivere con lui, se anche solo sospettassi che mi abbia mentito, o nascosto qualsiasi cosa, in proposito?
- Questo dipende da che cosa provavi per i tuoi genitori adottivi, forse. – si intromise a questo punto Tagada.
- Ah, no! Capisco le indagini, ma la cattiveria gratuita non la ammetto, in questo posto, almeno! – Kaien Cross fulminò Tagada con lo sguardo, le lenti dei suoi occhiali luccicarono.
– Se ho accettato di farvi incontrare con Mekane, è stato solo per aiutare lei, non voi, che sia ben chiaro a tutti, questo. Se dovete farle del male insunuando cose assurde, allora sarà meglio che ve ne andiate. All’istante.
- Io non posso andarmene, per il momento lavoro qui. – ribattè Tagada.
- Allora, vai a fare il tuo lavoro. Ed anche tu, Kawabata, sappi che, per quanto mi riguarda, il colloquio finisce qui. Fuori!
- Ma che cavolo ti prende Cross…
- Fuori, fuori FUORI!
E letteralmente il direttore spinse entrambi i due uomini fuori dal suo ufficio, incurante delle loro proteste indignate.
Quando richiuse la porta, emise un sospiro e scosse la testa.
Poi si avvicinò a Kyo e si piegò su di lei.
- Sono veramente desolato, Kyo - san. Ero a conoscenza del genere di domanche che volevano farti, solo che mi aspettavo usassero un po’ più di tatto. E poi, non pensavo che sarebbero stati tanto stupidi da provocarti in modo tanto scoperto.
Guardò la tazza che la ragazza ancora stringeva tra le mani.
- Il tuo tè si sarà freddato, ormai. Lascia che te ne versi dell’altro.
- No, mi piace così. – disse lei, e ne bevve alcune sorsate.
- Io ne prendo ancora un po’, invece. – disse l’uomo tra se e, dopo essersi preparato la sua tazza, si sedette tranquillamente al suo posto dietro la scrivania.
La finestra alle sue spalle era leggermente dischiusa ed entrava un po’ d’aria fresca, aria che sapeva di pulito. Kyo inalò quell’odore delicato e sorrise, un poco.
- L’odore della pioggia, un sorso di ottimo tè, il silenzio. Fa molto bene allo spirito, godere di momenti così. – disse il direttore, guardando la sua tazza.
Si tolse gli occhiali e si mise a pulirli usando un lembo della sua scialletta verde.
Kyo seguì quel semplice movimento e vide un uomo diverso: i capelli che gli scendevano lentamente sulla fronte, gli occhi dal colore indefinibile finalmente esposti, i bei lineamenti che con il suo atteggiamento abituale il preside riusciva abilmente a nascondere.
All’improvviso le venne offerta la rara opportunità di cogliere l’immagine dell’uomo dietro la maschera del direttore.
Kaien Cross. Sei un mistero tra i misteri. Chi ti vedesse adesso, non sapendo del tuo passato, della tua leggenda, non potrebbe credere a nulla se gli raccontassero che cosa facevi fino a pochi anni fa nella vita, e che cosa pensavi. Sei stato un uomo così pericoloso per la mia razza. Così spietato. E non sei così delicato ed indifeso come vorresti far credere. Ancora una volta, perché, allora, con te mi sento così bene? Perché mi sento al sicuro, mentre faccio degli enormi sforzi per sostenere la presenza di Kaname Kuran…il migliore tra i miei simili, colui che mi ha detto spontaneamente di volermi proteggere…perché?
- Non mi state dicendo di andare. – gli fece notare Kyo, dopo alcuni minuti che stavano in silenzio.
- E tu non mi stai chiedendo di andartene. – rispose lui. Sollevò lo sguardo e la guardò negli occhi, senza rimettersi gli occhiali.
Kyo esitò, provò a dire qualcosa, si fermò.
Lui continuava a guardarla, pazientemente. I suoi occhi si erano addolciti.
- Preside, lei mi sta guardando come se le ricordassi qualcuno. – disse Kyo.
- Non è così. – rispose lui. Tacque per qualche secondo, poi disse, a bassa voce, una cosa inaspettata. - Tu sei unica.
Ancora una pausa, poi Kyo parlò di nuovo.
- In questo momento, provo il forte desiderio di confidarmi con lei, direttore. Non so se sia giusto farlo, ma qualcosa mi sta spingendo in questa direzione.
- Sarei felice se ti confidassi con me. – rispose Cross, senza distogliere mai lo sguardo da lei. – Non ti nascondo che anche io mi sono posto delle domande sulla tua vicenda personale, ma non sono un investigatore e, soprattutto, come te, mi fido molto del mio istinto. Se senti il bisogno di rivelarmi qualcosa, puoi farlo. La tua fiducia non sarà mai tradita. Hai la parola del direttore.
- Quello che sto per dirle glielo dico anche perché lei è stato ed è Kaien Cross.
Il preside non replicò.
- La storia è, dopotutto, molto semplice. Sono stata trovata da una coppia di umani che, anche sapendo che cos’ero, hanno deciso di prendermi con loro e di considerarmi la loro figlia adorata, visto che non ne avevano di propri. Ma per la mia natura e la mia sicurezza, non mi fecero mai uscire dal territorio dei Nakada, i ricchi e potenti vampiri per cui lavoravano. Proprio nel periodo in cui i miei canini iniziarono a svilupparsi, conobbi Hiro. Ci sentivamo soli entrambi, ma non fu solo per questo che ci legammo. Lui…è sempre stato speciale. Quando eravamo piccoli la sua curiosità era inesauribile, e la sua energia, anche. Io, invece, mi sentivo sempre debole e, spesso, mi ammalavo. Ancora oggi mi chiedo, talvolta, perché mi scelse, perché proprio io. Comunque, quando venne il giorno in cui la mia natura di vampira prese finalmente il sopravvento, fui fortunata, perché l’essere che ebbi davanti, in quel momento, era un vampiro, come me – Hiro. Provai fortissimo il desiderio del sangue, e lui era lì, con me, ed era l’essere che più amavo al mondo. Hiro mi dette il suo sangue e, in seguito, io detti a lui il mio e, senza saperlo, quello scambio ci legò profondamente, inesorabilmente, per la vita. Se qualcuno ci avesse detto che cosa sarebbe accaduto, lo avremmo fatto ugualmente, credo. Il suo sangue mi rinvigorì e risvegliò dei poteri in me di cui non ero mai stata consapevole. Cominciai a fare dei test per sapere come usarli e, per farlo, dovetti uscire dal mondo protetto della mia casa e della tenuta in cui ero stata da sempre. Hiro mi accompagnava. Lui aveva sempre provato interesse per il mondo degli umani, e mi insegnò tutto quello che sapeva. Potevamo muoverci tra loro senza essere notati. E poiché le mie doti non portavano alla distruzione, ma al benessere, le sperimentai su di loro. Tuttavia, se gli umani non erano in grado di percepire la nostra diversità, i nostri consimili, invece, ci individuavano subito. Tra questi, Naga, un parente di Hiro, divenne un problema. Non so perché volesse a tutti i costi portarmi via alla mia famiglia, forse per fare un dispetto ad Hiro, forse perché pensava che avrei potuto essergli utile, forse perché riteneva che un vampiro non dovesse vivere con gli umani. Ancora oggi, mi chiedo perché mi volesse. La mia prima preoccupazione fu per Hiro, perché sapevo che cosa era capace di fare. Crescendo, anche i suoi poteri si erano sviluppati, ma i suoi sono poteri di distruzione ed essendo di indole impulsiva e facilmente provocabile, temevo che, da un momento all’altro, a causa mia, potesse decidere di affrontare Naga e non credo che lo scontro avrebbe avuto un esito positivo. Ma non fece a tempo ad accadere questo, perché arrivò quella notte in cui Naga, assetato di sangue, venne a casa nostra, deciso a prendermi ad ogni costo. Gli umani per lui non contavano nulla, e sapeva chi era, quindi non ebbe la minima esitazione ad uccidere i miei genitori adottivi. Se non mi trovò è perché io, come sempre, ero con Hiro. Lui, quella notte, mi protesse, fece in modo che Naga non mi scoprisse, avvolgendomi nel suo abbraccio protettivo ed usando i suoi poteri e trattenendomi in ogni modo dall’andare in soccorso dei miei genitori, sapendo che non avrei avuto la forza di difendere né me stessa né loro.
- Quindi è stato veramente Naga Nakada ad uccidere i Mekane.
- Sì.
- Perché non avete detto tutto all’Associazione?
- Perché…la storia non è ancora finita, preside Cross. Io amavo i miei genitori. Almeno credo fosse amore, anche se non è lo stesso sentimento che provo per Hiro. Mi hanno amata per come sono, nonostante quello che sono. E, quella notte, ho visto l’orrore che portano i vampiri, ovunque vadano, la razza a cui veramente appartengo. L’arroganza con cui considerano niente la vita degli uomini, ma anche quella dei loro simili. E ritrovai in me stessa quella arroganza. Non fu solo Naga, fu tutta la famiglia Nakada, escluso Hiro, a sterminare la mia. Poiché sapevo che anche scoprendo la verità la loro influenza sarebbe stata tale che non sarebbe stata fatta giustizia.
Allora decisi di comportarmi da vampira. Il sangue di Hiro mi aveva resa più forte ed il dolore mi rese spietata. Andai a cercare Naga. Gli permisi di avvicinarsi a me, di toccarmi. E quando fu abbastanza vicino e fiducioso della mia debolezza, lo uccisi.
Lo sguardo di Cross si posò sulle piccole mani bianche della ragazza, con quelle unghie lunghe e ben curate. Sapeva bene che erano affilatissime, quelle unghie, e che usare la mano come pugnale era il metodo più usato dai vampiri comuni per uccidere.
- Perché hai detto che mi avresti raccontato questo per ciò che sono o sono stato?
Le chiese imperturbabile il preside. Kyo parve fermarsi a riflettere, un momento.
- Preside Cross, sia io che Hiro abbiamo parlato molto del suo progetto per questa scuola. Crediamo, come lei, che si possa creare una vera convinvenza tra umani e vampiri. L’Associazione, per il momento, si limita a sterminare i Level E, perché sono incontrollabili loro malgrado ed anche se ci fanno pena, non c’è altro modo di fermarli. Anche tra di noi ci sono vampiri che danno la caccia a queste creature perdute. E ci sono vampiri che non hanno alcuna intenzione di voler fare del male agli umani. Ma ce ne sono altri…ci sono vampiri cui non si può permettere di vivere, perché considerano gli umani solo come cibo, o come divertimento. Vampiri potenti, influenti. Come ci sono influenti personalità dell’associazione che, compiacenti, li lasciano fare.
Sto parlando di vampiri anche peggiori di Naga. Ho ucciso lui per vendicarmi. Ma, se potrò, collaborerò all’uccisione anche di altri come lui, basta che mi capiti l’occasione.
Lei è stato un Vampire Hunter leggendario, e sarebbe disposto a tornare ad esserlo, per difendere questo posto – credo. Ecco perché le ho raccontato tutto. Semplicemente, penso che lei mi possa capire.
Kaien Cross si alzò in piedi e si voltò verso la finestra, guardando le ombre che si allungavano velocemente nel parco. Sospirò.
- Ti capisco... Ma questo non significa che ti possa giustificare. E poi… - si interruppe un istante, cogliendo un movimento tra le fronde. Poi proseguì – Ho capito perché Kaname Kuran vuole usarti. Tu sei stata franca con me ed io voglio ricambiare la tua fiducia. Anche io voglio usarti, per qualcosa di molto simile a ciò che lui ha in mente, ma non proprio la stessa. Diciamo che si tratta di una differenza di prospettive che, comunque, non cambia i fattori in gioco. Detto così è estremamente brutale, ma mi rendo conto che con te conviene non infiorettare le cose.
Voltò la testa e rimase, per la prima volta, genuinamente sorpreso, dopo tanto tempo.
Lei era improvvisamente accanto a lui e lo fissava con i suoi occhi verdi, resi intensi e brillanti da una loro propria luce.
- Preside Cross. – mormorò Kyo. – Ogni volta che devo incontrare Kaname – sama, sto fisicamente male, eppure non c’è vampiro al mondo che stimi più di lui. L’intensità del suo essere logora la mia sensibilità, eppure io farei qualsiasi cosa lui mi chiedesse, perché gli sono devota. Ma quando mi incontro con lei, io…mi sento al sicuro. – fece una piccola risata autoironica, poi continuò. – Lei mi fa sentire…protetta e serena, ed anche per lei farei qualsiasi cosa mi chiedesse…la farei anche se non la capissi perché saprei, dentro di me, che sarebbe giusta. – fece una pausa esitante, ma non abbassò lo sguardo. – e anche perché vorrei farle piacere.

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Cross sollevò una mano e carezzò la ragazza su una guancia. La sua pelle era sottile e delicata e, a quell’ora della sera, quasi traslucida, come fosse di alabastro. Quegli occhi che non lasciavano i suoi, senza nemmeno abbassare le ciglia, quasi volessero ipnotizzarlo…ma non era questo il loro intento. Non precisamente.
- Kyo. Tu hai Hiro che ti protegge. Sarai al sicuro con lui, perché ti ama, è forte e conosce bene i suoi limiti e, per questo, ti ascolta. Guardandovi l’un l’altro sarete sempre entrambi al sicuro. Comunque, sei stata molto cara a dirmi queste cose. Ma lasciamole in questa stanza e in questo momento, non torniamoci più sopra, d’accordo?
Kyo chiuse gli occhi. Il contatto di quella mano era caldo e dolce e le trasmetteva ciò che Kaien Cross stava provando. Dentro di se sorrise, sentendosi proprietaria di un piccolo segreto.
- Lei…non si sente mai solo? - gli chiese, socchiudendo le palpebre ma senza usare il potere del suo sguardo.
L’uomo ritirò la sua mano e tornò a guardare fuori dalla finestra. Aveva finalmente smesso di piovere e la luna era uscita allo scoperto, troneggiando sul buio della notte.
- Io sono sempre stato solo. Sempre.
Rispose.


Edited by Nerissa - 30/7/2009, 21:49
 
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Nerissa
CAT_IMG Posted on 13/8/2009, 18:08





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Capitolo III
Due risvegli

Era mattino inoltrato, quando Kyo decise di alzarsi.
Tutto il suo corpo gridava di no e dovette fare appello alla parte più determinata di se per muoversi tra le lenzuola, un poco per volta.
Per un vampiro adulto, svegliarsi nel pieno del giorno era un sacrificio indicibile. Il potente raggio di luce che penetrava da una fessura tra le pesanti tende chiuse, la infastidiva anche attraverso le palpebre chiuse.
Il corpo di Hiro la teneva legata a se, con le gambe stringeva le sue, un braccio le circondava la vita e sentiva il lieve premere del mento dietro il suo orecchio. Il calore che le trasmetteva quel corpo, il desiderio di stare con Hiro le rendeva tutto tanto difficile da provare un vero e proprio dolore fisico all’idea di doverlo lasciare. E tuttavia, aveva deciso di farlo. Lo imponeva la sua “missione”..
Doveva affiancare Zero nella caccia di Level E, ma lui faceva sempre in modo di non farsi trovare, quando dovevano uscire insieme. Non aveva occasione di vederlo che quando venivano entrambi convocati dal Preside Cross che, puntualmente, era a Zero che consegnava la busta con l’ordine di esecuzione. Lui non gliela mostrava mai, né le rivolgeva la parola a meno che non vi fosse costretto dalle circostanze ed anche se lei gli proponeva un appuntamento e un luogo d’incontro finiva sempre che, per quanto cercasse di prevedere le sue mosse, Zero riuscisse a sfuggirle.
Kaname l’aveva avvisata che si sarebbe comportato così, e lei era troppo orgogliosa per lamentarsene con Kaien Cross. Non poteva iniziare a lagnarsi dalla primissima e più prevedibile difficoltà.
Si voltò lentamente nel letto, verso Hiro.
A guardarlo dormire, le sembrava di ritrovare nei suoi lineamenti il ragazzino di quella lontana sera d’estate, quando era ancora così spontaneo e innocente – così incredibilmente innocente nonostante la famiglia da cui provenisse. Crescendo, qualcosa della crudeltà vampira si era fatta strada in lui, ma questo non aveva mutato l’amore che Kyo provava per lui, non lo aveva nemmeno scalfito. Anche quando aveva potuto vedere con i propri occhi quella - no, non crudeltà, piuttosto spietatezza – che i vampiri prima o poi arrivano ad esprimere.
Sapeva, sentiva fortemente che il bambino di un tempo resisteva ancora, in buona parte dell’animo di quel giovane uomo, racchiusa in un corpo asciutto e forte, un corpo che attraversava lo spazio con movimenti eleganti, a loro modo, ma quel bambino conviveva con il potere che Hiro aveva in se e che, talvolta, soverchiava le sue intenzioni.
Hiro non era sicuramente malvagio. Ma, talvolta, la rabbia in lui era così forte da travalicare il suo autocontrollo. Se si sentiva minacciato o se si convinceva che lei fosse minacciata, non si limitava a difendersi, o a immobilizzare l’avversario, lo distruggeva, senza la minima esitazione. E senza il minimo rimpianto, dopo. Ma la cosa peggiore era che, in quell’istante, godeva nel farlo. Rispondeva alle provocazioni potenzialmente pericolose con reazioni sproporzionate, irreversibilmente distruttive.
Per questo, paradossalmente, Kyo aveva paura per lui. E il fatto che la considerasse l’unica cosa al mondo che contasse, in parte la intristiva, anche, perché per lei non era altrettanto.
- Il mio amante…- sussurrò sul volto di lui, in un moto di dolcezza.
Hiro emise un lungo sospiro e mosse appena la testa sul cuscino. Non aprì gli occhi, ma la strinse più forte a se.
- Non andare, ancora. – bisbigliò. – E’ troppo presto, hai riposato troppo poco…
- Se non vado, Kiryu si dileguerà di nuovo.. Non posso permetterglielo ancora una volta.
Hiro socchiuse gli occhi e, con le dita, le tirò indietro la frangetta, scoprendole la fronte.
- Se vuole fare il cacciatore solitario, lascialo perdere. Perché corrergli dietro quando così palesemente ti ignora? Tu fai quello che devi fare per conto tuo.
- Non è così semplice.
Hiro si schiarì la gola ed affondò la testa nel cuscino.
– Quel tipo è troppo pieno di sé, prima o poi qualcuno gli darà una lezione che non potrà dimenticare. – aggiunse, con un sospiro. – Lo dico per esperienza.
- Mi sembra che di lezioni ne abbia avute già parecchie, e durissime. – disse Kyo malinconicamente. – Lui si odia e soffre per quello che suo malgrado è diventato, e non vuole permettere a nessuno di avvicinarsi, per continuare ad odiarsi. Gli incarichi che gli affidano sono una sorta di compensazione, gli danno l’impressione che la sua esistenza possa comunque servire l’ideale in cui è stato cresciuto. Gli permette di credere ancora per qualche attimo di non essere ciò che vorrebbe distruggere. Talvolta ci si affeziona al proprio dolore, se ne ricava un senso, diventa quasi un valore in cui riconoscersi.
Hiro aprì completamente gli occhi, fissandola. Kyo non evitava mai il suo sguardo diretto. Mai.
- Avevo percepito, quella prima sera, che lo stavi sondando. Non eri abbastanza lontana per potermelo nascondere.
I suoi occhi brillarono mentre una mano le si avvolgeva intorno alla gola, stringendola appena.
- Stai molto attenta, Kyo. Quel ragazzo ci odia. Odia i vampiri ed è pronto a tutto per ucciderne quanti più ne può. Se è come dici tu, che abbia la vocazione del martire, e stia cercando di darle un senso, trovando un modo per sterminarci tutti, allora preferirei che gli stessi il più possibile lontana.
Kyo gli sorrise.
– Anche tu odi i vampiri, Nakada. Anche tu odi la tua stessa razza al punto che se un qualche evento apocalittico la facesse scomparire dalla faccia della terra ti esalteresti. Eppure sei un vampiro “doc”.
- Si.
Hiro appoggiò di nuovo la testa sul cuscino e chiuse gli occhi, ritirando la sua mano dal collo di lei.
- Sono discendente da una dinastia di vampiri, le cui origini si perdono nell’oscurità dei secoli. Sono un vampiro nobile ed approfitto abbondantemente di tutti i poteri che il sangue mi ha portato, ma ho cercato, mi sono sforzato anche di essere un uomo, di vivere come un normale essere umano. E comprendo anche come delle cose che mi hai visto fare possano averti spaventata, in passato. Ma non ho mai fatto del male a nessun essere umano. Ed anche uccidere i Level E mi ripugna, perché so che non è loro colpa la condizione di pazzia in cui sono sprofondati e si trascinano. Non riesco a pensare alle loro esecuzioni come necessarie da parte nostra per risolvere un semplice problema di “pulizia”, del quale dobbiamo occuparci perché, dopotutto, prodotto dalla nostra razza. Quegli esseri sono stati qualcuno, un tempo, avevano delle emozioni, dei desideri. E’ orribile dover dare loro la caccia e ammazzarli come cani.
Fece una pausa e, con voce più profonda, disse:
- Tu, invece, li uccidi senza esitare, mai.
- Non è per crudeltà. E’ per compassione. – Rispose immediatamente lei.
Hiro ebbe una improvvisa illuminazione, si tirò su e si chinò su Kyo, appoggiandosi sulle braccia, ai lati della testa della ragazza.
- Ti hanno ordinato di stare alle costole di Zero per finirlo quando arriverà il momento. – Non era una domanda, ma una affermazione. Avvicinò ancora il viso a lei. – Per finirlo misericordiosamente. Ecco in che cosa consiste la tua “missione”.
Kyo non rispose. Non volle rispondere subito. Si limitò a ricambiare il suo sguardo.
- Tu lo uccideresti per molto meno. – replicò.
- Se ti minacciasse, in qualsiasi modo, non esiterei a staccargli la testa. Non sarebbe una motivazione irrilevante, sarebbe l’unica imprescindibile, per me. Per il resto, Zero Kyriu mi è indifferente.
Riconobbe Hiro senza alcun imbarazzo.
– Sì, potrei ucciderlo senza scrupoli, adesso, quando è ancora un vampiro a tutti gli effetti.
- Eppure, in questa fase tu non potresti ucciderlo senza diventare di fatto un assassino. Ma lo faresti, senza esitare, se toccasse o aggredisse qualcosa che ritieni tuo. Ma se e quando dovesse completare la sua trasformazione in un Level E, allora ti verrebbero gli scrupoli. Perché tu non potresti mai uccidere un essere che non ha più coscienza di se. – E’ anche per questo che ti amo, pensò Kyo, ma il suo sguardo rimase severo, e continuò:
- Io, invece, non avrei alcuno scrupolo, arrivati a quel punto. Lo farei perché so che è quello che lui vorrebbe. Mentre, anche se mi aggredisse, in questa fase, non riuscirei a reagire in modo tanto radicale da arrivare all’uccisione. Cercherei di immobilizzarlo, o di eludere lo scontro. Ma non riuscirei ad ucciderlo. Proprio perché so quanto poco tempo gli resti…
Hiro si sciolse dal suo abbraccio, tirandosi su, spostando il lenzuolo e sedendosi sulla sponda del letto, ormai del tutto sveglio. Lei si sollevò dietro di lui e lo abbracciò da dietro, appoggiando la guancia sulla sua schiena.
– Dici questo perchè Zero ti piace. Non è soltanto una questione di empatia. Ed anche Kaien Cross ti piace, perché sento che tieni alla sua stima, di più, sento che vuoi essere guardata da lui in un modo speciale. Di Kuran…- sentì le mani di lei stringergli appena le braccia. - …non parlo, perché a lui, in un modo o nell’altro, nostro malgrado, tutti noi vampiri siamo soggetti. Come a tutti gli altri, lui ci è imperscrutabile e, quindi, di riflesso, anche le tue sensazioni su di lui sono confuse e non posso decifrarle. Tuttavia…
Hiro continuò, come parlando tra se.
– Sapevo perfettamente che, inserendoti in questo acquario che chiamano collegio, avresti avuto modo di essere affascinata da personalità molto forti. Non potevo pretendere di conservare la stessa esclusività cui mi hai abituato in tutti questi anni, quando, per circostanze e per scelta, eravamo solo io e te. La cosa mi fa soffrire, ma posso controllarla…
Sospese la frase, fissando il vuoto, come se stesse cercando la conferma di quanto stava dicendo dentro di se.
- …sì, posso controllarla, posso accettare. Ma sono capace di controllarmi nei miei sentimenti che hanno a che fare con il mio desiderio di non perderti, non potrò mai riuscire a controllare il mio istinto di proteggerti. Lo capisci questo? Quello che sto cercando di dirti è che tu sei libera, non avrai mai bisogno di nascondermi le tue emozioni per altri uomini…compreso Zero Kyriu.
A questo punto, la sua voce si indurì.
- Ma lo faccio a pezzi, se soltanto prova a farti del male.
- Non mi farà del male. Non glielo permetterò. Non preoccuparti per me. – sussurrò Kyo.
- Quanto alle persone che ho conosciuto qui e che mi affascinano…sei tu l’uomo che desidero. E’ sempre stato così e così sarà per sempre. Te l’ho promesso.
- Le promesse…le promesse sono solo zavorre, non sono una certezza. Ho insistito che ti impegnassi con me, ma ero giovane e sciocco. Non posso in alcun modo obbligarti a provare la stessa dipendenza per me che provo io per te. Io…sono in trappola, lo sono sempre stato. Ma tu…te l’ho detto. Per quanto mi riguarda, sei libera.
- Hiro. – Kyo scivolò accanto a lui e si alzò dal letto, mettendoglisi di fronte. Il volto di lui era all’altezza del suo ventre nudo. Le mani di lei si infilarono sotto i suoi capelli ed attirarono la sua testa verso di se. – Non sono libera. Noi non ci potremo lasciare mai. Il tuo sangue scorre in me più di quanto il mio scorra in te. Sono stata io a chiuderti in trappola, quel pomeriggio lontano. Ma, proprio per questo, ti appartengo. Nessuno, niente potrà mai allontanarmi da te.

SPOILER (click to view)
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Una pausa tra le lezioni. Zero, di solito, la trascorreva da solo, cercandosi un posto dove poter stare in pace, a non pensare a niente – quando gli riusciva. Uno dei posti più frequenti, era la piccola scuderia dove Lily lo accoglieva sempre nello stesso modo, nonostante la sua natura, ormai, fosse definitivamente cambiata. Avrebbe dovuto esserci la pausa pranzo, poi un paio d’ore di attività complementari, quindi di nuovo lezione. Ma lui non aveva fame. Da quando aveva assaggiato il sangue di Yuuki, il cibo, per lui, era divenuto un piacere, non un bisogno, ma un piacere effimero, cui poteva facilmente rinunciare. Altrettanto non poteva dire del sonno, e la sua doppia vita stava iniziando a creargli dei problemi, in questo senso, dal momento che dormiva troppo poco. Del resto, perché sprecare tempo a dormire? Forse gliene era rimasto così poco, ancora…tutto quello che desiderava, in quell’istante, era rilassarsi, solo questo…Prese senza pensarci la confezione di pasticche ematiche che portava sempre con se e ne buttò giù una mezza dozzina tutte insieme. Poi si gettò sulla paglia, chiudendo gli occhi ed aspettandosi che Lily venisse a strofinargli il muso sulla faccia, come faceva sempre. Invece percepì qualcos’altro. Una presenza diversa e, allo stesso tempo, familiare. I suoi gesti furono rapidissimi, la sua mano scattò ad afferrare quella dell’essere che gli si era avvicinato e, con minima forza, lo sbattè sulla paglia accanto a lui, salendogli sopra. Solo allora aprì gli occhi.
La persona che teneva immobilizzata per i polsi, inchiodata a terra e che lo guardava serenamente, era Kyo Mekane. Improvvisamente, divenne consapevole del suo profumo e, soprattutto, dei contorni dei suoi fianchi che teneva immobilizzati tra le gambe. E i suoi occhi, suo malgrado, individuarono immediatamente una vena in rilievo su quel lungo collo bianco e lasciato scoperto dai capelli corti.
Questa reazione dovuta al suo istinto di vampiro lo fece imbestialire.
Le strinse più forte i polsi, sperando di farle male, ma lei sbattè appena le ciglia, senza reagire. Allora le parlò.
- Questa volta sei stata fortunata. Ti avverto, non ce ne sarà una prossima. Stammi alla larga.
- Sai bene che non potrei, anche se volessi. – ribattè lei. – Anche io ho ricevuto un incarico ed anche io voglio condurlo al meglio, quindi abituati all’idea di dovermi avere tra i piedi.
- Ho sempre fatto questo lavoro da solo. Non mi serve l’aiuto di nessuno per portare a termine gli incarichi.
- Io non devo aiutare te. Ma è con te che devo lavorare. Questo è ciò che mi è stato ordinato, che ci è stato ordinato. Se hai delle rimostranze, falle a chi di dovere, ma non sperare di continuare ad evitarmi, perché non ci riuscirai più.
- Questo lo vedremo.
- Intanto, però – sussurrò lei, socchiudendo gli occhi – stai continuando a starmi addosso, immobilizzandomi. Credi sia necessario continuare a discutere stando così?
Lui tacque, ma allentò la presa. Bastò questo a Kyo per rialzarsi con uno scatto di reni ed invertire le loro posizioni. Adesso si ritrovava lei a cavalcioni di Zero, ma lui non reagì in alcun modo e lei non gli bloccò le braccia. Le sue coscie gli stringevano i fianchi in una morsa più forte di quanto si aspettasse, ma le mani di lei erano occupate a svolgere delicatamente un pezzo di carta – il mandato che avevano ricevuto e che, fino ad un istante prima, lui teneva in una tasca della divisa. Non cercò nemmeno di riprendergliela. La lasciò leggere in tutta calma e ne approfittò per osservarla. O meglio, non avrebbe potuto fare a meno di osservarla, dal momento che, di nuovo, qualcosa in lei lo attirava, esigeva la sua attenzione. Più si sentiva attratto da questa giovane vampira e più si sentiva spinto a trattarla male, a tenerla a distanza. Ma stava cominciando a capire qualcosa di inquietante, e cioè che veramente, da adesso in poi, non gli sarebbe stato più possibile sfuggirle.
Kyo sollevò gli occhi e gli sorrise, mentre lentamente ripiegava il foglio.
- Bene. Adesso, finalmente, so che cosa dobbiamo fare per oggi.
- Ora che hai letto, toglimiti di dosso, o dovrò farti male sul serio.
- Io non credo che ci riusciresti. – disse lei, con sicurezza. – E poi mi piace restare così. Non abbiamo ancora finito di parlare.
- Io credo di sì.
- Io credo di no. – e gli strinse ancora più forte i fianchi con le coscie, questa volta facendogli male. Zero strinse i denti.
Gli occhi di lei, improvvisamente, iniziarono a scurirsi e lui si rese conto di essere completamente immobilizzato. Zero cercò con tutte le sue forze di muoversi, ma riuscì appena ad agitare le dita delle mani, a girare il collo. Maledizione, aveva perso la sua occasione! Lei sorrise di nuovo, scoprendo i suoi denti bianchissimi. Le sue mani si posarono sul suo petto e scostarono i lembi della giacca della divisa. Gli sciolsero del tutto la cravatta già in gran parte allentata, gli sbottonarono i bottoni della camicia, fino allo stomaco, sempre molto lentamente. Le sue mani gli scoprirono la pelle pallida del petto e del ventre e vi si posarono sopra, all’altezza del cuore, per poi iniziare ad accarezzarlo. Zero emise un sospiro involontario.
- Ascoltami bene, Kyriu Zero. – sussurò lei, a bassa voce, continuando ad accarezzarlo.
- Anche se non mi è stato detto esplicitamente di farlo, ci sono delle cose che devi sapere, una volta per tutte. Che devi accettare. Il nostro rapporto comincerà da qui.
Le sue dita all’inizio lo eccitarono poi iniziarono a fargli un altro effetto. Sentì che gli stavano trasmettendo di nuovo quella strana sensazione sedativa che gli rilassava i muscoli, allentava il nodo del suo dolore continuo. Quelle piccole dita che guardava muoversi con sapienza sulla sua pelle sembrava riuscissero ad entrare anche sotto di essa, ad intrufolarsi nel suo organismo seminando il benessere che portavano con loro, fino a toccargli l’animo, quasi.
Fu con estremo sforzo che lui parlò di nuovo.
- Non mi fiderò mai di quello che dice un vampiro.
- Di me ti fiderai, Zero. Perché io mi fido di te.
- Non sai quello che dici.
- Io so quello che sento e quello che sento mi dice che posso fidarmi di te. E so che, anche senza immobilizzarti in questo modo, tu non mi faresti del male.
- Ti sbagli. Io vi vorrei uccidere tutti.
- Questo è quello che vuoi credere, e lo posso capire. Ma quello che devi metterti in testa è che il resto del mondo si muove autonomamente a dispetto di quello che vuole credere Kyriu Zero. Nel resto del mondo ci sono talmente tanti vampiri che non ti basterebbero sette vite per sterminarli tutti, non è vero?
Le unghie di lei affondarono leggermente sul suo petto, senza ferirlo, ma eccitandolo di nuovo. Era completamente in sua balia e, con quelle unghie, lei gli avrebbe potuto strappare il cuore senza alcuno sforzo.
- E poi, sei sicuro, sei veramente sicuro che sarebbe giusto, ucciderci tutti indiscriminatamente? Tu, adesso, sei un vampiro come me. Dovresti capire qualcosa di più della nostra natura…
- E’ una natura bestiale! Lo pensavo quando ero ancora un essere umano e lo penso adesso che sono stato trasformato in vampiro. Una condizione vergognosa…
Kyo si chinò su di lui, non lasciandolo con gli occhi, avvicinò il suo viso così tanto che potè sentire il suo respiro sulle labbra, mentre sussurrava:
- Sì, siamo delle bestie. Tutti lo siamo, uomini e vampiri. Noi lo siamo un po’ di più, per alcune cose. Per il desiderio di questo…
e gli morse leggermente un labbro, dal quale uscì appena una goccia di sangue, che la sua lingua subito leccò. - …ma, per altre, siamo anche più umani degli umani.
- Stronzate!
- …per l’amore, ad esempio.
- L’amore!!! Non sai veramente di che parli!!!
- Sì, per l’amore. Quando un vampiro ama, lo fa in modo assoluto. Quando desidera, desidera fino a stare malissimo.
La sua bocca scese a cercare il collo di Zero ma, inaspettatamente, non lo morse. Kyo gli posò dolcemente le labbra sulla pelle e le premette appena. E, improvvisamente, Zero si sentì libero di muoversi, di nuovo completamente padrone del suo corpo e non solo, di un corpo che gli sembrava più in forma di quanto era al mattino, pieno di fresca energia.
Kyo si sollevò lentamente da lui, appoggiando di nuovo le mani sul suo petto, ma, questa volta, per sostenersi. I suoi occhi erano chiusi e il suo volto tirato, come se avesse appena compiuto uno sforzo terribile. E Zero intuì che, quanto pochi istanti prima la ragazza poteva essere pericolosa, adesso era invece assolutamente indifesa.
Rapido sollevò le braccia e le avvolse la gola con entrambe le mani. Lei non reagì, non avrebbe potuto. Era letteralmente priva di forze.
- Potrei strangolarti in un istante.
Lei schiuse appena gli occhi e rispose debolmente.
- Ma non lo farai, Zero.
- Perché non dovrei?
- Te l’ho detto. Perché io mi fido di te. Altrimenti non ti avrei passato tutta la mia energia per farti stare meglio, per poi ritrovarmi come un giocattolo nelle tue mani, come adesso.
- Sei stata solo una stupida.
- E allora, fallo. Credimi, per come sto ora, basterà appena una lieve pressione, non ti costerà il minimo sforzo. Non durerà a lungo, quindi è una splendida occasione. Fallo, Zero. Uccidimi. Ci sarà un vampiro in meno sulla terra. Se è questo quello che vuoi, fallo.
Riprese fiato, la sua voce era diventata quasi un rantolo, il suo corpo era completamente abbandonato, il busto era ancora tenuto dritto solo perché tutto il peso era ora sostenuto dalle braccia e dalle mani di Zero strette attorno al suo collo.
E Zero Kyriu si sentì improvvisamente privo d’odio.
In verità, in quel momento cominciò a provare orrore di se stesso. Quella vampira non stava fingendo, gli aveva veramente trasmesso, con il suo potere, il linimento al suo dolore, esattamente come gli aveva detto che avrebbe potuto fare il primo giorno che si erano conosciuti.
Lasciò il suo collo e prima che il corpo gli cadesse addosso, la prese per la schiena e la vita e la posò delicatamente sulla paglia. Lei sembrava stesse respirando con estrema difficoltà. Senza stare a pensarci, fu lui, questa volta, ad allungare le mani verso la sua uniforme bianca, ed a slacciarle la giacca e poi i primi due bottoni della camicetta sottostante. Vide la sua pelle bianchissima ed i suoi occhi colsero di nuovo la vena palpitante, invitante. Sentì un’ondata di desiderio, la voglia di morderla, assalirlo. Sapeva che i suoi occhi erano diventati rossi, ma poi notò il sudore che le bagnava la fronte e riprese il controllo di sé.
- Perché hai rischiato così, con me?
Le chiese.
- Perché…volevo…che tu ti fidassi di me. – rispose lei, faticosamente.
Rimase a fissarla per alcuni altri istanti. Poi sollevò una mano e gliela passò sulla fronte, detergendole il sudore.
- Non so se voglio fidarmi di te.
Disse, sinceramente, lui.
- Comunque, almeno per una cosa, mi hai convinto. Appena ti sarai ripresa, andremo insieme a cercare quel Level E per giustiziarlo.
- E non mi costringerai più a venirti a cercare?
- No. Rispetterò le consegne. Ma non chiedermi altro.
Kyo aprì gli occhi, stava iniziando a riprendere forza. Si sollevò sugli avanbracci.
- Non avevo nient’altro da chiederti.
Disse.
 
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Kaname!
CAT_IMG Posted on 13/8/2009, 18:29




bravissima *__* per ho letto solo un pezzo ma mi è piaciuto molto ^^ pure i disegni li hai fatti tu, vero??? brava brava!
 
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Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 13/8/2009, 18:56




GRAZIE!! sei gentile.
Spero che tornerai a leggere, quando farò i prossimi aggiornamenti...

Honto, ne, domo arigatoo.
 
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Rukia93
CAT_IMG Posted on 13/8/2009, 19:48




favoloso *.*
sei davvero brava
 
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Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 13/8/2009, 19:52





Ti ringrazio, sei gentile.

 
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...+.piccola.vampira.+...
CAT_IMG Posted on 13/8/2009, 19:52




Nerissa!!!!!!!!!!!!!!
Sei bravissima sia nel disegnare che nello scrivere.....
Sn rimasta veramente colpita....è stupendo il racconto!!!!
Brava, brava^^
 
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27 replies since 13/7/2009, 15:23   1446 views
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