Daniel, la storia di un vampiro che s'innamora di 1 umana(NON è la scopiazzatura di Twilight!!&#

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Nezumi
CAT_IMG Posted on 1/6/2009, 15:50 by: Nezumi
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Majisuka Gakuen

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Daniel entrò nell’aula in silenzio. Era ancora di malumore per via della separazione da Rose e poiché la sera prima non era riuscita ad andare a cacciare per saziare la loro sete. Rose era più assetata che mai e c’era il pericolo che aggredisse qualcuno. Rabbrividì al pensiero e cercò di scacciarlo, mentre si andava a sedere vicino a un banco solitario. La classe si stava radunando lentamente. La prima ad avvicinarsi fu una ragazzina sui quattordici anni. Lo guardò con gli occhi dolci e gli sorrise:
“Ciao... sei il ragazzo nuovo vero tu?”
“Sì.”-rispose lui brusco.
“Ah... io sono Martina... qual è il tuo nome?”
“Daniel.”
“Piacere Daniel...”-la ragazzina gli tese la mano, ma lui non la accettò.
“Non sei molto socievole, vedo...”
“Infatti.” Martina lo guardò indignata e si voltò. Daniel sospirò, appena si allontanò. Meno interagiva con gli umani e meglio era. Rose non sarebbe stata molto felice di sapere che flirtava con altre. Gli venne da sorridere al pensiero. Prese lo zaino e tirò fuori i libri. La prima lezione era francese, lingua che sapeva più che perfettamente. Sospirò: si sarebbe annoiato a morte. Due minuti più tardi, la classe si era riempita. Non si curò nemmeno degli sguardi curiosi che gli lanciavano gli altri e si concentrò sull’insegnante: una donna sulla mezza età, minuta e con i capelli grigi tagliati corti. La donna cominciò a parlare e a fare l’appello. Fu solo alla fine che si accorse di lui. Il ragazzo si presentò agli altri, per poi tornare ad isolarsi. La lezione passò lentamente. L’argomento del giorno era l’imminente arrivo dei un gruppo di studenti francesi. Discussero delle cose più stupide, a partire da “cosa mangiassero i francesi per colazione” fino ad arrivare a “con quali mezzi sarebbero arrivati”. Quando la campanella suonò la fine della lezione, tirò un sospiro di sollievo. La classe si sparpagliò per l’aula e fu allora che la vide. Era seduta al suo banco e, a differenze delle altre ventiquattro ragazze della classe, non guardava lui ma parlava con uno dei suoi pochi compagni di classe maschi. Era una ragazza assolutamente normale, con i capelli di un castano molto scuro, quasi nero, e gli occhi un po’ più chiari. Ma quello che attirò la sua attenzione non fu tanto il suo aspetto fisico, ma il fatto che sentiva attorno a lei qualcosa di strano. Gli ci volle un po’ per capire che le loro menti erano... compatibili. La osservò più attentamente e riuscì persino a leggere quello che stava pensando. Quand’è che finisce questa giornata?! All’inizio ne fu intimorito: com’era possibile che un essere umano fosse così “vicina” a lui. Da quando era stato creato, le uniche persone con cui aveva avuto un contatto mentale erano state Rose, Seline e Cecil. Con quella ragazza, invece, era riuscito a entrare in contatto senza che lui avesse fatto niente. Ma la ragazza non si era accorta di quell’intrusione nella sua mente e continuava a parlare con l’amico.
“Salome, ti prego: la prossima volta mettiti gli occhiali!”-stava dicendo quello.
“E perché dovrei? Finalmente che ho le lentine!”-rispose lei
“Perché più copri la tua faccia e meglio è...”
“Oh, grazie... ma che gentile!”-la ragazza fece finta di essersi offesa, ma continuò a ridere. Era brava a nascondere i propri sentimenti. Nessuno in quella classe sapeva che la battuta l’aveva, in realtà, ferita. A Daniel venne l’impulso di rinfacciarlo in faccia al demente che la prendeva in giro. Ma Salome continuò a parlare con lui, allegra come prima. La chiacchierata fra i due fu interrotta dalla professoressa che entrava. La donna – sempre che si potesse definire donna - raggiunse la cattedra e si sedette, aprendo il registro. Ed ecco di nuovo l’appello. A Daniel quasi sfuggì un gemito per la noia. Anche lei lo vide solo alla fine e gli chiese della sua scuola precedente e di cosa avesse studiato fino ad allora nella stupida materia che insegnava: scienze della terra. Finita la presentazione, il ragazzo tornò a guardare Salome. Era seduta accanto alla compagna – una ragazza con capelli neri e ricci, tirati indietro in una coda di cavallo, con la pelle leggermente scura e gli occhiali – e parlava a voce bassa con lei. Affilò l’udito per sentire di cosa parlassero, ma si accorse, forse con un filo di delusione, che la discussione non riguardava lui, che era l’argomento di cui discuteva l’intero mondo femminile dell’aula. La ragazza stava parlando di un certo concerto in cui lei faceva la parte solista. Stava dicendo che era stato davvero bello perché non aveva fatto una figuraccia. Non riuscendo a capire, decise di esplorare la sua mente. Fu così che scoprì come mai non lo degnava di uno sguardo: era assolutamente convinta di non avere nessuna speranza con lui. Scoprì che prima, quando il compagno di classe l’aveva presa in giro, lei non se n’era presa perché si era offesa, ma perché credeva che avesse ragione. Scosse la testa. Che stupidaggine! Tu non sei brutta. All’improvviso Salome si fermò di scatto e si guardò intorno.
“Cosa c’è?”-le domandò la compagna di banco.
“Ho sentito delle voci...”-rispose lei confusa.
“Oh, be’, benvenuta nuova Giovanna D’Arco!”-la prese in giro l’altra.
“Spiritosa!” Salome le diede una gomitata. Le due ragazze ricominciarono a parlare. Daniel la guardò ancora più sconvolto. Come’era possibile che potesse sentirlo?! Cercò di trovare una spiegazione plausibile, ma non riuscì a capirne nulla. La lezione proseguì lenta e noiosa come quella precedente. La professoressa interrogò un paio di ragazzi, che infine rispedì a posto esaurita. Quando suonò la campanella, si alzò lentamente e lasciò la classe. A quel punto, anche gli alunni si sparpagliarono di nuovo. Salome si diresse verso alcune sue compagne di classe dall’altro lato della classe, che naturalmente guardavano lui.
“Ehi, raga, ci siete?”-domandò lei, cercando di farle riprendere.
“Eh?”-domandarono le due in coro, girandosi a guardarle.
“Ma cosa vi prende a tutti oggi?! Siete tutte imbambolate a fissare il nuovo arrivato!”
“Non dirmi che non piace anche a te!”-esclamò una delle due, a voce forse un po’ troppo alta. Infatti, nel giro di due banchi tutti si girarono a guardare Salome.
“Anche se mi piacesse sarebbe inutile starci dietro: secondo me uno come lui non mi guarderebbe nemmeno!”
Invece ti sbagli... Salome sussultò e si prese la testa fra le mani.
“Ehi, che ti succede?”-domandò la compagna, preoccupata.
“Ehm... no... no... niente... mal di testa improvviso...”-balbettò lei.
“Forse è meglio se ti siedi...”
“No, no, sto bene... forse ho bisogno di un po’ d’aria...” Salome si allontanò e si diresse alla finestra. L’aria fredda le scompigliò i capelli sciolti e lei inspirò profondamente. Daniel fece appena in tempo a trattenere il respiro, che l’odore della ragazza lo circondò. Cercò di non respirarla nemmeno un po’, ma l’aria ormai profumava. Era abituato ad essere circondato da odore umano, ma sapeva resistere. Quello, però, era uno degli odori più deliziosi che avesse mai sentito. Si alzò all’improvviso e le si avvicinò. Solo quando le toccò una spalla, lei si accorse di lui. Si voltò e sussultò.
“Ciao.”-disse lui, sorridendo piano.
“Ehm... ciao...”-rispose lei incerta.
“Tu sei Salome, giusto? L’alunna straniera...”
“Una delle alunne straniere: ne siamo due...”
“Ah, giusto... tu e quella Jessica, vero?”
“Sì.”
“Comunque, adesso siamo in tre: io vengo dall’America...”
“Ah... l’avevo intuito...”
“Da cosa?”
“Non sembri italiano... cioè, sei biondo, occhi rossi... non sono molti gli italiano così... anzi, a dire il vero non ho mai visto una persona con gli occhi rossi...”
“Non ti piacciono?”
“Non ho detto questo...”
Daniel stava per aprire bocca, ma all’improvviso la professoressa di fisica entrò nell’aula.
“Tutti seduti.”-disse e raggiunse la cattedra. La classe obbedì all’istante e Salome si allontanò dalla finestra, ritornando al suo posto. Daniel si sedette al banco isolato di prima continuando a fissarla. Lei si concentrò sulla lezione e non lo degnò nemmeno di un pensiero. Strano... In quel momento, Salome sussultò di nuovo e si guardò nuovamente intorno, con gli occhi pieni di confusione. Ma cosa succede?! si domandò. Vorrei scoprirlo tanto anch’io... le rispose lui mentalmente. A quel punto, la ragazza lo fissò con lo sguardo sconvolto e scattò in piedi.
“Professoressa, posso uscire per favore?”-domandò con voce tremante.
“Sì, ma cosa succede?”-rispose la donna.
“No, niente professoressa... non mi sento molto bene e vorrei uscire...”
“D’accordo.” La ragazza si diresse verso la porta e uscì agitata. Tornò solo dopo una decina di minuti, appena più tranquilla. Ritornò al suo posto e si abbandonò allo schienale della sedia.
“Stai bene?”-le domandò la compagna di banco. Lei annuì, ma non rispose. Era molto pallida e tremava leggermente, così piano che solo lui se ne poteva accorgere. La lezione finì ancor più lentamente della precedente e fu così per il resto della giornata. Salome non si mosse più dal suo banco, sostenendo di non sentirsi bene e nemmeno lui le si avvicinò. Quando alle due suonò la campanella della fine delle lezioni, scattò in piedi e si diresse di gran fretta alla porta, seguita a ruota dalla compagna di banco. Daniel si alzò e uscì a sua volta dall’aula. Ma prima che potessero uscire dall’istituto la perse di vista. Salì di fretta la salita che lo avrebbe portato alla fermata dell’autobus quando sentì un brivido percorrergli la schiena e l’immagine di una Rose infuriata gli apparve davanti.
“Oh, merda.”- imprecò. Aveva visto altre volte Rose in quello stato e non era un bel vedere. Aumentò la velocità del passo. Per fortuna l’autobus non lo fece aspettare e raggiunse casa in una mezz’ora. Non fece in tempo ad aprire la porta, che Rose cominciò a ringhiargli contro.
“Era questa la bella vita che volevate?!”-gli domandò, inferocita.
“Calmati, Rose, per favore!”
“Calmarmi?! Sono costretta a stare in mezzo ad un branco di umani senza un briciolo di sale in zucca ad annoiarmi, mentre potrei impiegare il mio tempo a fare qualcosa di più interessante e tu mi dici di calmarmi?!”
“Non tutti gli umani sono senza cervello, perché tu lo sappia.”
“Oh, certo, ci sono i cervelloni... che confrontati a noi sono come poppanti!”
“Non intendevo i cervelloni... ma gente normale.”
“Che vuoi dire?”- l’ira di Rose si placò appena.
“Che oggi ho scoperto di poter leggere nella mente di un’umana... e che lei può leggere nella mia.” La ragazza rimase a guardarlo a bocca spalancata.
“Che coincidenza...”-mormorò, invece, Seline, dall’altro lato della stanza.
“Cosa?”-domandò Daniel, spostando il suo sguardo sulla donna bionda.
“A Rose è successa la stessa cosa... con una compagna di classe.”
“Anche a te, quindi...”
“Già, il fatto è che era la ragazza che avevo mandato quasi a quel paese dei minuti prima!”- Rose, arrabbiata, salì in camera sua.
“È tanto che non abbia ucciso quella ragazzina...”- disse Seline, avvicinandosi.
Lui abbassò la testa e sospirò.
“Vorrei aiutarla ma non posso. Non posso non farla soffrire per la sete, sono inutile...”
“Non sei inutile. È vero, non puoi farla soffrire, ma puoi alleviare il suo dolore, anche se in parte, ma lo puoi fare. Anche lei cerca di calmarti quando hai troppa sete, e lo sai cosa succede in quei giorni.”
Già, per ricordarselo bastava che guardasse le quasi invisibili cicatrici che le aveva fatto per sentirsi in colpa, anche se lei diceva che non era niente e sviava il discorso.
“Ci proverò”- anche lui salì, per andare a calmare Rose.
“Rose...”- sussurrò, dalla porta della stanza, ma così piano che quasi nessuno l’avrebbe sentito.
“Che vuoi?”- la ragazza stava sopra al letto, con le ginocchia strette al petto. Daniel notò un piumino distrutto a terra.
“Posso entrare?”
“Fai come vuoi!- il ragazzo, dopo essersi chiuso la porta dietro di se, si sedette vicino a lei e l’abbracciò - lasciami!” Rose cercò di divincolarsi, ma non ci riuscì.
“No, non ti lascerò finchè non ti sarai calmata!”
“Sprechi solo il tuo tempo!”- Daniel, allora, la prese e la fece stendere, bloccandola sotto di se. Lei lo guardò furente, ma non disse niente.
“Forse così non sarà del tutto tempo sprecato...”-le baciò il collo, e la sentì rabbrividire.
“Lasciami, dai!”
“No, te l’ho detto”- il ragazzo la baciò. Lei cercò di respingerlo, senza successo.
“Smettila! Non riuscirai nel tuo intento”
“Ah, no?”
“Da quando tutta questa voglia di un contatto fisico con qualcuno?”
“Non con qualcuno, ma con te!”
“Non ne ho voglia, Daniel...” Ma il ragazzo la zittì con un altro bacio. Rose cercò di ringhiare, ma il suono che le uscì fu di piacere e non di rabbia. A quel punto si abbandonò a Daniel, facendo che fosse lui a guidarla.
Rimasero nel letto per tutto il pomeriggio ma verso sera Daniel si alzò e cominciò a vestirsi.
“Dove vai?”-gli chiese Rose, mettendosi a sedere.
“Devo controllare una cosa...”
“Cioè?”
“Niente di importante...” Gli occhi di Rose divennero due fessure.
“Cosa mi nascondi?”
“Niente, lo sai che sarebbe impossibile avere dei segreti fra di noi!” La ragazza continuò a scrutarlo dubbiosa. All’improvviso, comprese.
“Vai a trovare quella ragazza?!”-domandò, forse con un filo di gelosia nella voce limpida. A Daniel venne da sorridere.
“Sì, ma non per il motivo che pensi tu. Voglio solo capire cos’è che ci accomuna.”
“E perché mai dovresti volerlo?!”
“Rose, in tutti questi secoli di vita non abbiamo mai incontrato persone capaci di leggere i nostri pensieri, mentre all’improvviso ne incontriamo due insieme. Dovremmo cogliere l’occasione e indagare, no?” Il bel volto della ragazza si rabbuiò.
“Io non ci trovo niente d’interessante nella mocciosa che ho conosciuto oggi a scuola...”
“Non ci trovi niente d’interessante solo perché non vuoi farlo.”
“Forse hai ragione, ma questo non cambia le cose. Comunque non m’interessa.” Daniel sospirò.
“Forse a te non interessa, ma a me sì e se non ti dispiace vorrei andare a controllare.”
“E se mi dispiacesse? Se io non fossi d’accordo?” Il ragazzo la guardò con un sopraciglio alzato.
“Fai così solo perché si tratta di una ragazza...”
“Anche piuttosto carina, da quello che ho capito!”
“Sì, forse... faresti lo stesso se fosse un maschio?”
“Non lo so...”
“Uffa, Rose! Credevo che in tutti questi anni ti fossi convinta che voglio solo te... anche se questo non significa che io non possa apprezzare anche altre persone.”
“Altre ragazze...”-brontolò lei. Daniel le diede un veloce bacio e fece per uscire dalla camera.
“Aspetta!-gli gridò contro lei. Il ragazzo si fermò e la guardò.-Vai a controllare adesso?!”
“Perché no?”
“Non puoi farlo a scuola?”
“Pensi che parlare di cose delicate come questa sia opportuno in un luogo pubblico?”
“Be’... potresti farlo fuori scuola no?”
“Rose smettila di dire cretinate. Lo sai anche tu che è meglio farlo lontano da orecchie indiscrete!” La ragazza sbuffò contrariata.
“Ci vediamo dopo.”-le disse lui, ma non ricevette che un grugnito di risposta. Il ragazzo uscì dalla camera e avvertì Seline della sua destinazione, cosa che naturalmente la donna già sapeva. Non gli disse niente, solo di fare attenzione a non farsi scoprire.
Daniel uscì dalla villa e s’incamminò per strada, raggiungendo il porto di Pozzuoli in una ventina di minuti. Doveva ancora scoprire dove abitasse Salome. Cercò di fiutare il suo odore nell’aria, ma non ebbe risultati. Così, nascosto nell’ombra dei palazzi, corse fino alla sua scuola, da dove riprese le ricerche. Non gli ci volle molto per trovarlo: era il sangue con il miglior odore dell’intero istituto. Lo seguì e raggiunse ben presto il quartiere in cui abitava la ragazza. Era un posto assolutamente normale, molto tranquillo e vicino alla scuola. Il sole era già tramontato, ma nel parco c’erano ancora delle persone. Li oltrepassò senza degnarli di uno sguardo, cosa che purtroppo non fu ricambiata: una ragazza alta e grassa, con capelli scuri e una frangetta che le nascondeva mezza faccia, gli fece gli occhi dolci e lo salutò con una mano. Lui naturalmente non rispose, cosa che però non la dissuase dal disturbarlo.
“Scusa cerchi qualcuno?”-domandò. Aveva una voce davvero irritante, di chi non si fa mai i fatti suoi, sempre alla ricerca di nuovi pettegolezzi.
“Sì, ma ce la faccio anche da solo.”-rispose scortese. La ragazza lo guardò storto.
“Scusa, ti volevo solo aiutare...”-replicò. Daniel non la calcolò più, continuando a seguire la traccia di Salome. Questa lo portò alla base di un palazzo. Guardò velocemente il citofono e scoprì che Salome abitava al secondo piano. Adesso sapeva dove cercarla quella sera. Fece dietrofront e riattraversò il quartiere.
“Hai trovato quello che cercavi?”-gli domandò la ragazzi di prima, ma lui non rispose.
“Che maleducato!”-gli urlò a quel punto contro. Daniel si fermò e si voltò a guardarla.
“Maleducato, io? Chi è che non si fa i fatti suoi?”-sbottò sarcastico.
“Io volevo solo aiutarti.”
“Nessuno ti aveva chiesto nulla.” La ragazza rimase di stucco. Poi alzò le spalle, continuando a guardarlo ammaliata.
“Comunque sei un maleducato.”
“Sì, come vuoi.” A quel punto, Daniel si voltò e la lasciò impalata davanti ad una macchina a guardarlo allontanarsi. Uscì dal quartiere e cominciò a guardarsi intorno: avrebbe dovuto trovare un posto dove passare il resto della sera, finché non fosse stato abbastanza tardi da potersi intrufolare in casa di Salome.
Cominciò a camminare per la città senza una meta precisa. Girovagò in quel modo finché non di stufò e si sedette su una panchina, sempre nei pressi del quartiere della ragazza.

Edited by thepurebloodprincess - 17/1/2010, 15:15
 
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