Dark Nightened, Aphrodithe & thepurebloodprincess

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Aphrodithe
icon5  CAT_IMG Posted on 27/5/2009, 09:59




Prologo

Il patto dei sette anni

Dana stava correndo nella notte, nascosta nelle ombre dei palazzi della città. I suoi passi non producevano nessun rumore nel silenzio della città dormiente. La ragazza aveva i capelli castano chiaro e mossi che le raggiungevano le spalle, gli occhi blu lapislazzuli che, come quella pietra, avevano una striatura dorata nel mezzo. Il suo corpo era agile e scattante, temprato da anni e anni di allenamento. Era così minuta che dimostrava a malapena i suoi quindici anni. Indossava una tunica nera e sul fianco le pendeva la spada che lei stessa aveva forgiato tre anni prima: Gelo. La spada era di diamante argenteo azzurro, forgiato con la tempra del ghiaccio, e solo lei poteva maneggiarla, non perché ci avesse messo qualche incantesimo, ma era una delle particolarità delle tempre degli elementi: le armi maneggiate con questa tecnica si facevano maneggiare solo dai legittimi proprietari e dai propri fabbri. In quel momento voleva raggiungere il museo di storia naturale di Nightened, dov’era custodito il più prezioso zaffiro stellato mai esistito, talmente prezioso da essere inestimabile… fino ad ora, anche se Dana dubitava che, dopo averlo rubato, l’avrebbe voluto vendere. Intanto la giovane Ladra non si era accorta di essere pedinata. Ma chi la pedinava non era una ladra, era l’esatto contrario.
Era una Spia.
Le Spie erano nemiche dei Ladri da molti secoli, da quando le due erano solo due organizzazioni create dal re per servire il regno.
Dana si fermò, scrutando nell’oscurità, e cercando di capire se era stata seguita. Purtroppo, nella lista delle Ladre più odiate, lei era al primo posto.
In quel momento la Spia decise di agire e cogliere di sorpresa la Ladra per catturarla.
Estrasse la spada e attaccò Dana, che non riuscì ad estrarre la sua spada e si ritrovò a terra, con la spada della Spia puntata alla gola.
“A quanto pare ho catturato un pesce piccolo.”- il sorriso ironico della Spia infastidì Dana.
“Chi ti dice che non mi hai solo colto solo di sorpresa?!”
“Nessuno.”
“Anche se tutto puoi definirmi tranne che una piccola Ladra!”
“Probabilmente non sei mediocre, ma non sei nemmeno la preda che mi aspettavo”
“Perché, chi aspettavi?”
“La principessa dei Ladri.”
“Ah… sì, ho sentito dire che all’ultimo momento ha trovato altro da fare.”
“Bé, tu sei sempre meglio di niente.”
“Bada a come parli! Se mi avessi sfidata in uno scontro leale ti avrei fatta a fette!”
“A quanto pare sei brava con le parole, ma non coi fatti.”
“Cosa vuoi in cambio della mia libertà?”- sussurrò piano Dana. Non era abituata a scendere a patti con una Spia.
“Cosa voglio? Io non voglio niente da una Ladra come te!”
“Ma qualcosa dovrà pur poterti interessare, che ne so… Una villa a Son, un titolo nobiliare alla corte di Light Nightened, un milione di monete d’oro…”
“Ma che blateri? Tu non sei così influente!”
“Tu non sai neanche dove arrivi la mia influenza.” La Spia guardò la Ladra, chiedendosi sul serio cose stesse blaterando.
“Sei solo una pazza.”
“Già, solo una pazza che ti è già sfuggita una volta.”- il voltò della Spia si pietrificò: sapeva fin troppo bene chi era.
“Tu sei quella Ladra?!”-la voce salì di un paio di ottave e Dana non ebbe più dubbi che si trattasse della stessa Spia che l’aveva già catturata e torturata una volta: la loro principessa.
“Si. Io sono quella Ladra… Io sono la principessa dei Ladri.”
“Sei brava a mentire, devo ammetterlo.”
“Sveglia! Sono una Ladra! Ci insegnano a mentire!”
“Giusto.”
“Allora, cosa vuoi in cambio della mia libertà? Dai, puoi chiedere qualsiasi cosa, proprio qualsiasi cosa.”
“Nien… - alla Spia venne un’idea geniale- No, anzi, ho trovato. Dovrai essere la mia serva per sette anni.”
Seguì un momento di silenzio.
“Cosa?! No, aspetta! Sei sicura di non volere qualcos’altro?!”-gridò Dana appena ritrovò la voce.
“No, se tu vuoi la tua libertà, dovrai servirmi per sette anni.”-un ghigno si dipinse sul volto della Spia.
“Io ho la mia vita, ho un ragazzo, ho delle amiche, sono la idol del Nord High! Devo ancora finire la scuola!”
“Arrangiati.”
“Allora abbi pietà di me ed uccidimi! Ti imploro!”- la Spia rise.
“No, ti ho dato le mie condizione!”
“Io di diventare la tua schiavetta per sette anni non ne ho voglia!”
“Fattela venire, la voglia!”
“Ah ah, spiritosa!”
“Anche tu sei molto simpatica!”
“Cavaliere di sangue per sette anni?”
La Spia la guardò stupefatta.
“Cosa?!”
“Invece di diventare la tua serva divento il tuo cavaliere di sangue. Almeno riuscirò ancora a guardare in faccia qualcuno.”-spiegò la Ladra. L’altra ci pensò su un attimo. La proposta la attirava. Avere un cavaliere di sangue poteva rivelarsi molto proficuo.
“Un cavaliere di sangue, eh? E va bene, che cavaliere di sangue sia!” La Spia la fece rialzare, sempre tenendole la spada puntata contro.
“Ed ora giuralo col sangue.”-ringhiò. Dana le offrì la mano e la Spia fece un piccolo taglio sopra, posizionando la propria mano sotto quella dell’altra. Le gocce di sangue le caddero sul palmo, dove scomparirono all’interno della pelle.
“Hai giurato, Ladra: da oggi sei il mio cavaliere di sangue. Questo vuol dire che non potrai disubbidirmi per nessuna ragione al mondo e farai solo quello che io ti ordino. Ora andiamo, devo rientrare alla base.”
Le due ragazze ripercossero la città silenziose come prima. Stavano per giungere alla Villa delle Spie, quando un gruppo di individui bloccò loro la strada. Dana si pietrificò al suo posto, mentre la Spia estraeva di nuovo la spada.
“Ci mancavano solo loro!”-sussurrò la Ladra.
“Chi sono?”-domandò l’altra.
“Sono le mie… compagne.”
“Ah, bene.-la ragazza sorrise maligna.-A chi spetta dare loro la splendida notizia?” Dana la guardò storto.
“Non possiamo evitare?!”-chiese a denti stretti.
“Devo ricordarti che è stata un’idea tua quella del cavaliere di sangue?”
“Dana!”-esclamarono in quel momento all’unisono le tre figure comparse in strada. Purtroppo per via dell’oscurità non si riusciva bene a vederle.
“Buona sera ragazze.”-disse lei senza allegria. Una delle tre stava per venirle incontro, quando vide la Spia accanto a lei.
“Cosa fai in compagnia di una Spia?!”-ringhiò. Anche le altre due la guardarono sospettose.
“Ho avuto un problema mentre andavo al museo…”-si giustificò lei, abbassando lo sguardo. La Spia incrociò le braccia e stette ad aspettare, con il mantello che le copriva il volto ed impediva alle altre di identificarla.
“Lo abbiamo notato…”-commentò una delle tre ragazze.
“Che tipo di problema hai avuto?”-il tono della terza ragazza era così arrabbiato che fece rizzare i peli sulla nuca a Dana.
“Non ti arrabbiare, Violet… Era l’unico modo che avevo per salvarmi…”
“Che tipo di problema hai avuto, Dana?!?!”-ora la voce di Violet era un sibilo.
“Sono stata catturata.”-quella di Dana, invece, era un mormorio.
“Catturata?!”-gridò la prima ragazza ad aver parlato.
“Sì, Martina.”
“Sei la principessa dei Ladri, Dana, come è potuto succ…”- l’ultima ragazza s’interruppe a metà frase e sgranò gli occhi.
“Cosa c’è Zoe?”- si allarmò Martina.
“Dana, non dirmi che quella Spia è…” Prima che Zoe potesse finire di parlare, anche Violet comprese e guardò in cagnesco la Spia, che sorrideva sotto al cappuccio.
“Io ti uccido!”-ringhiò e si lanciò contro di lei, con la spada sguainata.
“Dana?”- fu l’unica cosa che lei disse. Dana, per tutta risposta, si frappose fra le due e sguainò la propria spada. Violet si bloccò all’improvviso.
“Ma cosa fai?”-chiese.
“Mi dispiace, ragazze, ma ora sono una di loro.”-disse lei.
“Non dire stupidaggini, Dana - replicò la Spia.-Tu non sei una di noi. Di’ alle tue amiche come stanno veramente i fatti.” La ragazza la guardò furente, ma fu costretta a sospirare.
“Io sono il suo cavaliere di sangue.” Le tre Ladre si pietrificarono.
“Tu. Cosa.?!”-urlò Zoe.
“Mi dispiace…”
“Zitta!-esclamò Violet.-Come hai potuto fare questo?! Disonori tutti noi in questo modo!”
“Non sarò il suo cavaliere di sangue per la vita, Violet, ma solo per sette anni.”
“Che razza di patto è questo?!”-domandò Martina.
“Un patto che abbiamo stretto così da far rimanere la vostra amica in vita.”-disse la Spia ed affiancò Dana. Tre paia di occhi per niente amichevoli si volsero nella sua direzione.
“Vedo che tuo padre ti ha perdonato il fallimento di tre anni fa.”-sibilò rabbiosa Violet. Ma l’altra non si scompose.
“Eh, già. Mi ha perdonata.”-rispose lei. Nella sua voce non c’era traccia di risentimento verso l’uomo che l’aveva tenuta nella villa per due anni, dopo che si era lasciata sfuggire la principessa dei Ladri.
“Non credo che la seconda volta sarà così clemente.-disse, però, la Ladra.-Non crederai veramente che lasceremo Dana nelle tue mani!”
“E tu non crederai davvero che vi lascerò fare di testa vostra! Dana non può disubbidirmi, altrimenti morirà.” L’espressione di Violet cambiò di nuovo: ora sembrava una belva inferocita.
“Dana, non dirmi che hai giurato col sangue!”
“Cos’altro potevo fare?!” Violet scosse la testa e rinfoderò la spada.
“Allora ci vediamo tra due mesi, Dana. O forse no.” Le voltò le spalle e raggiunse di nuovo le altre due.
“Violet…”-mormorò Dana, ma lei non si girò.
“Andiamo ragazze. Il suo posto non è più con noi.”-disse semplicemente e sparì nel buio. Zoe e Martina esitarono un momento, ma quello dopo seguirono l’amica.
“Sei contenta adesso?”-chiese Dana alla Spia.
“È quello che tu hai fatto passare a me tre anni fa, Ladra.”-replicò lei fredda e si voltò per riprendere a correre. Dana la seguì di malavoglia, mentre il cuore la tirava dall’altro lato.
 
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CAT_IMG Posted on 27/5/2009, 11:55
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Il nostro libro! Chissà che cosa diranno le persone del forum ke lo leggeranno!(a parte 'siete pazze':D :D :D ) Cmnq, parlando seriamente, prima o poi lo dobbiamo continuare...
 
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Seline94
icon13  CAT_IMG Posted on 31/5/2009, 18:50






Mi ci è voluto un pò a leggerlo ma ne è valsa la pena!:*yee*: Wow bello, mi piace molto! :*love*: E secondo me hai ragione Dana: dovete continuarlo! Sono sicura che verrebbe bene. Bella lettura :D ..Ciaooooo^^ :*smack*:

Edited by Sigra Cullen - 1/6/2009, 08:42
 
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Aphrodithe
CAT_IMG Posted on 1/6/2009, 10:21




Capitolo 1

Il temuto giorno era arrivato: il primo giorno di scuola. Da quando Salome, ossia la Spia che aveva catturato Dana per la seconda volta, le aveva comunicato che avrebbero frequentato la scuola insieme, la povera Ladra aveva cominciato a temere quel giorno in cui tutti l’avrebbero vista non più come una idol, ma come la schiavetta di una Spia. La mattina era straordinariamente assolata, cosa che non rispecchiava affatto al suo umore. Si alzò di malavoglia ed entrò in bagno per lavarsi e vestirsi. Da quando era stata catturata non aveva più potuto tornare alla Villa dei Ladri e tutte le sue cose erano rimaste lì. Ma i sarti delle Spie avevano confezionato per lei e Salome le divise che avrebbero dovuto portare all’ultimo anno al North High. Anche se Salome aveva un anno in più a lei, anche lei stava all’ultimo corso. Così, Dana era costretta a frequentare le lezioni insieme alla sua padrona, come si definiva Salome. Nei due mesi che avevano passato insieme, le due avevano avuto discussioni a non finire, sempre vinte da Salome. Altro che cavaliere di sangue: Dana era la sua serva personale. Velocemente s’infilò il pantaloncino che le arrivava alle ginocchia (le avevano dato un pantalone, ma lei, come per protesta, l’aveva tagliato) e il corpetto neri, la giacchettina rossa e si legò al collo il fiocco dello stesso colore. Quella era la divisa che indossavano durante le lezioni di scherma ed andava bene anche per il viaggio che avrebbero dovuto affrontare per giungere all’Accademia. Si pettinò i capelli e, dopo aver messo gli stivali, uscì e si diresse verso la camera di Salome. Bussò alla porta ed una domestica le venne ad aprire: Salome, naturalmente, aveva al suo servizio l’intera servitù della Villa, essendo la figlia del Capo delle Spie. Entrò nella stanza ed aspettò che Salome uscisse dal bagno. Salome aveva i capelli dorati e lisci lunghi fino alla vita, gli occhi verde smeraldo stellato, uno dei colori più belli che esistesse. Anche lei, come la Ladra, indossava la divisa scolastica, solo con il pantalone invece del pantaloncino e le stava molto meglio(forse anche perché a Salome l’avevano fatta a misura, mentre per fare la sua avevano preso in considerazione un manichino). Salome era di statura normale, forse di un centimetro più bassa, e meno magra di lei, cosa che sembrava attirare i ragazzi come calamite, anche se nessuno le si avvicinava a causa dei suoi occhi, che avevano un’aria sinistra, quando lei voleva farli apparire minacciosi. L’unica persona con cui si addolcivano era suo padre, davanti al quale Salome sembrava una “dolce fanciulla indifesa”, come l’aveva denominata Dana. Nella sua vita non era mai stata invidiosa di nessuno, ma vedere le facce che facevano i ragazzi al passaggio di Salome le dava fastidio.
E se Drew preferisse lei? Si chiedeva ogni volta che pensava a lui. Drew. Ecco chi non sapeva se voler rivedere o meno. Violet, Zoe e Martina glielo avevano sicuramente detto dove era finita ora lei, ma lui avrebbe di certo voluto le spiegazioni da lei. Non sapeva come avrebbe trovato il coraggio di guardarlo in faccia. Salome sapeva che lei aveva una ragazzo, ma questo non l’aveva frenata dall’iscriversi alla sua stessa scuola, così da torturarla ancora di più. Appena Salome fu pronta, le due si diressero verso il garage. La sua moto era ancora a Nightened Est e quindi era costretta a stare dietro a Salome. La moto di quest’ultima era rossa fiammeggiante ed era enorme, come la sua. La ragazze le lanciò un casco e si mise il proprio, salendo sul veicolo. Dana la imitò e si misero in cammino per la scuola. I loro vestiti sarebbero arrivati quella sera, inviati per posta. Il viaggio non fu piacevole, ma nemmeno disastroso. Stare seduta dietro ad una Spia non era una delle esperienze più belle. La traversata di Nightened Ovest non fu lunga, ma quella di Nightened Sud durò di più. Si fermarono in una locanda verso l’ora di pranzo, ma ripartirono subito dopo aver mangiato. Quando giunsero al confine tra Nightened Sud e Nightened Est si fermarono di nuovo. Questa locanda era molto meno pulita di quella di prima ed era piena di uomini ubriachi.
“E se ci fermassimo alla prossima?”-domandò Salome, storcendo il naso per la puzza di alcol.
“Hai paura di un paio di vecchi ubriachi?”-ribattè Dana in tono di sfida e di scherno.
“No, non ho paura. Mi fa solo schifo.”-rispose l’altra.
“Oh, bé, non dobbiamo mica fermarci a dormire.” Salome sbuffò, ma entrò nella locanda, con Dana alle sue spalle. Tutti gli occhi volarono immediatamente nella loro direzione, quasi saltando fuori dalle orbite.
“Ehilà!”-gridò un uomo, mentre dava una gomitata a quello che gli stava seduto accanto. Quest’ultimo sorrise con un espressione da perfetto imbecille e prese un altro sorso di birra. Salome e Dana li guardarono schifate e raggiunsero il bancone.
“Due bottiglie di birra, per favore.”-ordinò Dana, mettendo un paio di monete sul banco. L’uomo che stava di fronte a loro le stava ancora guardando con la bava alla bocca e Salome, infastidita, fece scivolare la lama fuori dal fodero qual tanto che bastava per farla luccicare alla fioca luce che entrava dalle finestre sporche.
“Oh… sì, certo…”-balbettò, incrociando lo sguardo irritato di Salome. Prese due birre da sotto il bancone e le offrì alle due, mentre faceva velocemente sparire le due monete d’argento. Le ragazze si voltarono e si diressero verso l’uscita e sarebbe terminato tutto lì, se uno degli uomini ubriachi presenti nella locanda non avesse deciso di tastare il fondoschiena di Salome. La ragazza si bloccò con la bottiglia a mezzo centimetro dalla labbra e si voltò verso il suo importunatore. Dana capì troppo tardi quello che l’altra stava per fare e non riuscì a impedirle di dare un pugno allo sfortunato. Il colpo fu dato con tanta potenza da farlo cadere dalla sedia, mentre un rivolo di sangue e due denti cadevano fuori dalla sua bocca. Salome riaprì il pugno e si massaggiò la mano, mentre si voltava di nuovo. Ma, per loro sfortuna, i guai non erano finiti: un altro uomo, questa volta più alto e robusto, si frappose fra loro e la porta.
“Facci passare.”-ordinò Salome. Il suo tono era più tranquillo che minaccioso, ma faceva comunque rabbrividire. I sensi dell’uomo dovevano essere stati alterati dalla birra, perché non si accorse della nota metallica nella voce della ragazza.
“Prima devi chiedere scusa a mio fratello, dolcezza.”-disse, mentre un rivolo di saliva gli scendeva lungo il mento. Salome fece una smorfia di disgusto ed incrociò le braccia.
“Ti ho detto di farci passare.”- ripeté più ad alta voce, ma con lo stesso tono.
“Ed io ti ho detto che prima devi pagare il tuo debito con mio fratello.” Irritata, Dana estrasse la spada e gliela puntò alla gola.
“Non stiamo scherzando, porco. La mia… amica ti ha detto di farci passare.” L’uomo la guardò e sorrise. Probabilmente pensava che Dana, essendo più piccola di Salome, era più facile da convincere a fare quello che voleva.
“Non dovresti giocare con quell’arma, mocciosa.” Si spostò un po’ al lato, ma la lama di Salome fu pronta a fermare la sua mano che andava verso di lei.
“Te lo dico l’ultima volta: levati di mezzo!”-sibilò,con gli occhi ridotti a fessure.
“Due contro uno non vale!”-si lamentò lui, pur continuando a ridere. Salome e Dana si scambiarono un sguardo e con un calcio a testa lo spinsero via, facendolo finire contro il muro. Fu una mossa sbagliata, perché questo provocò tutti gli altri, che si alzarono in contemporanea e, i pochi che ne avevano, sguainarono le armi. Gli altri si armarono di bottiglie.
“E poi noi saremmo scorrette?!”-esclamò Salome, sbuffando annoiata.
“Salome, perché non insegniamo a questi signori come devono comportarsi con due signorine?”-disse Dana.
“Per la prima volta in vita mia sono d’accordo con te.”-rispose l’altra.
“Allora, cosa aspettate?-gridò Dana. -Venite avanti!” Gli uomini non se lo fecero ripetere due volte e balzarono nella loro direzione. Le due ragazze si misero una alle spalle all’altra e cominciarono la loro “lezione” di galanteria. Il primo a capitare a Salome fu un giovane, di almeno una ventina di anni, che la attaccò con la spada. Purtroppo per lui, non era all’altezza dell’avversaria, perché in pochi secondi fu a terra, disarmato e con un labbro sanguinante. Dana invece incontrò più difficoltà perché fu attaccata in contemporanea da più avversari che, vedendola più piccola, avevano dovuto pensare di riuscire a sconfiggerla. Ma Salome le andò in soccorso, anche se non ce n’era bisogno. Il combattimento durò pochissimo, appena pochi minuti, dato che tutta la sala era ubriaca e nessuno di loro sapeva veramente usare la spada. Inoltre, molti combattevano con le bottiglie di birra rotte, cosa molto stupida contro loro due. Appena l’intera sala fu a terra, le due abbandonarono la locanda ridendo e con le loro birre ancora intatte in mano. Appena fuori, risalirono sulla moto e ripresero il cammino.
Per un po’ il viaggio fu senza incidenti, ma poco lontano dal confine con Nightened Nord le due si accorsero di essere inseguite da una macchina ed una moto.
“E ora che succede?!”-esclamò Salome, cercando di farsi sentire da Dana.
“Ci stanno inse…”-ma Dana non finì di parlare che si accorse di sapere chi erano i loro inseguitori.
“Ma che hai?”
“Salome, frena!”
“Come sarebbe a dire frena?!”
“Ti ho detto di frenare!” Vedendo che Salome non ubbidiva, Dana decise di fare di testa propria e, usando la magia, bucò le ruote della moto, non senza un certo piacere. Il veicolo rischiò di cadere di lato, ma Salome fermò la caduta mantenendolo con un piede.
“Si può sapere che ti salta in mente di fare?!”-gridò togliendosi il casco. Ma Dana era già scesa dalla moto e si stava dirigendo verso gli altri due mezzi che si erano fermati poco lontano da loro.
“Lain! Vivi! Jo!”-esclamò. In quel momento due ragazze scesero dall’auto. La più grande, Lain, aveva i capelli lisci e bianchi come la neve, che le superavano la vita, e gli occhi rosa. La più piccola, Vivi, era la sorella minore di Lain, nonché cugina di Violet, ed aveva gli stessi occhi e capelli della sorella. La terza ragazza, Jo, invece, scese dalla moto, un gigantesco veicolo color ghiaccio. Quando si tolse il casco rivelò una fluente chioma azzurra che le scendeva fino alla metà della schiena, e dai quali spuntavano delle orecchie a punta. Gli occhi, dello stesso colore dei capelli, solo più intenso, le brillavano di felicità. Tutte e tre corsero ad abbracciare Dana, che ricambiò il saluto con altrettanta energia. Salome, invece, le stette a guardare da lontano. Era questo aspetto di Dana che le faceva invidia: gli amici. Lei non ne aveva mai avuti dato che era sicura che tutti la volevano soltanto perché era la figlia del Capo delle Spie, cosa che era anche vera. L’unico amico che aveva avuto l’aveva abbandonata nel momento del bisogno: quando si era lasciata sfuggire Dana. Da allora non si fidava più di nessuno. “Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio” ripeteva sempre a chiunque le chiedesse il motivo della sua vita solitaria. In tutti quegli anni non ne aveva sofferto, ma ora, guardando Dana e le sue amiche, le venivano le lacrime agli occhi. Ma si trattenne e si concentrò, invece, sul come aggiustare le ruote della sua moto. Scese dal veicolo e vi s’inginocchiò davanti. Il danno non era molto esteso e sarebbe bastato fondere un poco la gomma delle ruote per chiudere i tagli. Il fuoco era il suo elemento e non avrebbe avuto difficoltà. Posò le mani sul taglio e mormorò due parole. La gomma si fuse e ricucì il taglio. Fece la stessa cosa con l’altra gomma, dopodiché risalì sulla moto. Dana stava ancora parlando con le amiche.
“Vedo che mi avete riportato la moto.”-stava dicendo in quel momento la ragazza, guardando la motocicletta da cui era scesa Jo.
“Eh, già. E non solo… Abbiamo anche i tuoi vestiti, i tuoi soldi ed una sorpresa che ti aspetta all’Accademia.”-rispose Lain.
“Abbiamo saputo cosa è successo durante il tuo ultimo furto…”-mormorò Vivi.
“Io direi un tentato furto, considerando il fatto che non sono riuscita a rubare nulla.” In quel momento, Jo guardò nella direzione di Salome, che stava fissando un punto lontano da lì, con gli occhi leggermente tristi. Il vento le scompigliava i capelli, che le fluttuavano attorno come un’onda.
“È quella la Spia in questione?”-domandò a Dana. Sentendosi nominare, Salome si voltò a guardarla.
“Sì, è lei. Si è iscritta al North High.”-spiegò brevemente lei.
“Così da umiliarti ancora di più, eh?”-commentò Lain.
“Si sta vendicando.” Salome era tornata a guardare lontano. Non sembrava avere fretta di andarsene di lì.
“Non dirmi che è la principessa delle Spie!”- si sorprese Vivi.
“In persona. Ora però è meglio se ci muoviamo altrimenti arriveremo in ritardo.” Dana si diresse verso la propria moto, con Jo dietro, mentre le due sorelle risalivano nell’auto. Prima di mettersi il casco, Dana fece un cenno verso Salome che, sbuffando, mise in moto il proprio mezzo e seguì gli altri due.
Quando giunsero al North High, che era situato sulla vetta di un monte, era pomeriggio inoltrato. Salome ricordava di esserci già stata una volta insieme a suo padre per una qualche ragione che non ricordava. Raggiunsero direttamente il garage per parcheggiare le moto e l’auto. Quando stavano per uscire, però, videro entrare Violet, Zoe e Martina con la decappottabile rosa della prima. Le videro anche loro e l’espressione di Violet cambiò da divertita a infuriata quando vide Salome accanto a Dana. Scendendo, si diressero verso di loro.
“Vedo che il North High ha un nuovo studente dell’ultimo anno.”-commentò acida Violet, squadrando Salome. La ragazza era cambiata dall’ultima volta che l’aveva vista: ora aveva i capelli viola, ma gli occhi rosa, caratteristici dei Light, dei quali lei era l’unica principessa sopravvissuta alla caduta di Light Nightened accaduta quando lei aveva tre anni, era rimasti della stessa sfumatura. Di fisico era identica a due mesi prima: alta, magra ed agile. Indossava anche lei la divisa uguale alle altre, solo che indossava anche un giubbotto rosso.
Martina aveva i capelli lisci e rossi fiammanti, che le arrivavano alla vita, e una frangetta che le copriva l’occhio rosso, lasciando quello blu scoperto. Erano strani gli occhi di Martina, poiché quello blu era normale, ma quello rosso sembrava più appartenente ad un robot che ad un essere umano.
Martina era la cugina di Zoe e la minore delle eredi al trono di Son e, anche se fosse stata l’unica, avrebbe abdicato, oppure Violet, Zoe, Lain, Jo e Dana, insieme a tutti coloro che avevano un briciolo di cervello, l’avrebbero convinta ad abdicare: Martina non era famosa per la sua intelligenza, ma per la sua abilità da cecchina.
Zoe, invece, era la più tenebrosa dell’allegro trio. I suoi capelli neri e lisci, con le punte rosse, le raggiungevano le spalle, gli occhi, color rosso sangue con le pupille verticali, facevano venire un brivido a chiunque la guardava, ma era lo stesso una delle idol del North High.
“Eh, già, proprio così.”-ribattè Salome.
“E tu, Dana, le fai ancora da schiava?”-domandò pungente Violet, stavolta rivolta all’amica.
“Non le faccio da schiava, Violet, lo sai bene.”
“Fare il suo cavaliere di sangue non cambia molto le cose.”
“Ma almeno sono libera.”
“Non per molto: stiamo parlando di una Spia, Dana!”
“Questa Spia è presente, tanto per ricordartelo!”-s’intrommise Salome, che cominciava ad essere innervosita da Violet.
“Lo so, purtroppo.”-borbottò lei. Si guardarono un momento furenti, ma le altre decisero di fermare il litigio.
“Se non andiamo faremo tardi alla cena.”-disse Martina. Dana, Salome, Vivi, Lain e Jo si voltarono e lasciarono il garage, mentre anche le altre tre le seguivano a ruota. Fu uno strano spettacolo il loro ingresso nella Mensa: Dana davanti a tutte, affiancata da Salome da una parte e da Jo dall’altra. Vivi e Lain stavano appena dietro a loro, mentre a chiudere il corteo vi erano Violet, Martina e Zoe. Appena comparvero sulla soglia, l’intera Sala guardò verso di loro (non a caso erano le idol dell’Accademia) e subito un bisbiglio si diffuse tra i presenti.
“Eccole di nuovo: le Magnifiche!”
“Finalmente sono tornate: mi sono mancate.”
“Sono ancora più belle di come le ricordavo.”
“Guarda, c’è una nuova arrivata: chissà se è libera.”
“Speriamo che Dana e Drew quest’anno si lascino.”
“Credi davvero che una come Dana rivolgerà l’attenzione a uno come te?!”
“Non so voi, ma io ci proverei con la nuova. Magari è più facile delle altre…”
“Non ci sperare troppo: ma l’hai vista? Non ti guarderebbe mai!”
Furono tutti commenti del genere che sentirono le ragazze mentre raggiungevano uno dei tavoli.
“Impressionata?”- Violet canzonò Salome.
“Per niente.”-rispose lei con una smorfia. Si sedettero per mangiare, mentre i professori davano loro il bentornato oppure il benvenuto. La cena finì tardi e tutte insieme si diressero verso le loro camere.
“Dov’è che dormirò io?”-domandò Salome.
“Nella nostra stanza.”-rispose Jo.
“Jo, non può dormire con noi: si congelerebbe. Anche se, con il cuore di ghiaccio che si ritrova, non credo proprio”-disse Dana.
“Allora credo che dovrà dormire con…”-tutte guardarono prima Salome, poi Violet.
“Cosa?!”-gridarono entrambe in coro.
“Io non la voglio nella mia stanza!”-esclamò Violet.
“Io non voglio stare in camera con lei!”-aggiunse Salome.
“Senti, Violet, non possiamo fare altrimenti.-cercò di calmarle Dana. -Non può dormire con noi e non ci sono altre camere disponibili, tranne quelle con i maschi, ma non credo che Salome vorrà stare in stanza con uno di quei porci!”
“E sai quanto me ne importa con chi capita in camera?! Anche se le capitasse Raff non mi farebbe né caldo, né freddo!”
“Chi diamine è Raff adesso?!”
“Sono io, dolcezza.”-una voce arrogante s’intrommise nella conversazione. Voltandosi, Salome si trovò davanti un ragazzo alto e muscoloso, con una zazzera di capelli ricci e scuri e occhi di uno schifoso marrone fango.
“Scusa?!”-domandò Salome.
“Io sono il famoso Raff, piacere di conoscerti.” Il ragazzo fece una specie di goffo inchino e le porse la mano.
“Per me no.”-fu la risposta. La ragazza lo stava guardando schifata, non tanto per il suo aspetto ma perché aveva la giacchetta della divisa sporca di sugo e una cosa verde fra i denti. Le altre ragazze risero della sua espressione e dello stato in cui si trovava Raff. L’espressione di quest’ultimo era sconcertata: come poteva una ragazza rifiutarlo?!
“Vedo che ve la siete scelta proprio bene l’amichetta. È una stronza come voi!”-disse e fece per andarsene, ma Salome lo afferrò per un orecchio (cosa un po’ difficile considerando la differenza di altezza).
“Cosa hai detto?!”-ringhiò. Il ragazzo cercò di divincolarsi, ma lei lo spinse verso il basso e lo fece cadere in ginocchio.
“Chiedi scusa per quello che hai detto!”-ordinò.
“E perché dovrei?! È la veri…” Fu interrotto da un’altra voce maschile:
“Sbaglio o ti hanno detto di chiedere scusa?!” Un ragazzo alto, snello, con capelli neri ed occhi dorati comparve al fianco di Salome. Il volto di Raff si pietrificò.
“V-v-v-va b-b-b-bene… S-s-s-scusatem-m-m-mi!”-balbettò. Salome lo lasciò andare e quello se ne andò di corsa, con gli amici al seguito.
“Grazie, ma ce l’avrei fatta anche da sola.”-disse Salome, rivolgendosi al nuovo arrivato. Lui strinse le spalle.
“Ho pensato che ti stesse molestando.”
“Non dovevi preoccuparti.” Il ragazzo a quel punto si voltò verso le altre.
“Sono felice di rivedervi.”-disse.
“Ciao, Drew.”-lo salutò Dana sorridendo dolcemente, ma lui non ricambiò e la guardò appena. Scambiò un paio di parole con le altre per poi andarsene. La ragazza lo guardò allontanarsi con gli occhi un po’ lucidi.
“Dai, che si risolverà tutto.”-la incoraggiò Jo, vedendo la sua espressione. Ma Dana scosse il capo.
“Ho qualche dubbio.”-mormorò. Riprese a camminare e le altre la seguirono a ruota. Quando giunsero al dormitorio femminile Salome rimase a bocca aperta: il pavimento della stanza era coperto di erba, ogni tanto si vedeva un albero e le pareti erano coperte di edera. Inoltre, fatine multicolori volavano per la stanza, mentre Animali Guardiani di tutti i tipi passeggiavano tranquillamente e le Driadi chiacchieravano con le ragazze presenti lì.
“Ma che razza di posto è questo?!”-domandò Salome con gli occhi ancora sbarrati. In quel momento una fatina dal vestito azzurro le passò davanti.
“Questo è il nostro dormitorio. Le nostre stanze stanno di qua.” Dana la prese per una mano e la trascinò verso una parte del dormitorio. Si fermarono davanti a una porta di quercia, con un numero sopra. Zoe estrasse una chiave dalla tasca e l’aprì. Non fece in tempo a spalancarla che un filo di vento gelido uscì fuori, facendole rabbrividire.
“Ma che ci sta in quella stanza?!”-esclamò Salome entrando. La stanza sembrava divisa in due: da una parte era tutto color ghiaccio e alcune cose erano di ghiaccio. Dall’altro lato, invece, vi era un sottilissimo strato di ghiaccio, mentre da tutte le parti vi erano fontanine d’acqua. Dei fiori crescevano sul pavimento e sul comodino. Fecero appena in tempo a entrare che un gigantesco lupo grigio si diresse verso di loro.
“Wolf!”-esclamò Dana e abbracciò l’animale.
“Sono felice anch’io di rivederti!”-rispose lui, mentre Dana affondava la faccia nella sua pelliccia. Gli occhi erano assolutamente identici a quelli della ragazza e Salome non ebbe dubbi che fosse il suo Animale Guardiano.
“Ti è piaciuta la sorpresa?”-domandò Vivi.
“Tantissimo.”-sorrise Dana. Si rialzò e si guardò intorno.
“È identica a come l’avevamo lasciata.”-commentò Jo, andandosi a stendere sul suo letto.
“Ora accompagniamo Salome alla sua camera.”-disse Dana e sorrise divertita.
“Cosa c’è da ridere?”
“Diciamo che la camera di Violet non assomiglia a questa… E per questo è la nostra preferita.” Mentre le altre le facevano strada, Salome attraversò la stanza delle meraviglie, fino a giungere ad un’altra porta. Quando aprirono quella, fu un vento caldo ad uscirne. Entrando, Salome rimase ancora più stupita: quella non era una camera, era una spiaggia! Tutto era stranamente illuminato da un sole artificiale e da un lato della stanza, che era davvero smisurata, vi era una piscina infossata. Tutt’attorno vi erano lettini e tavolini, provvisti di ombrelloni.
“Io dovrei dormire qui?!”-domandò la ragazza con voce strozzata.
“O qui, o dai maschi. Cosa preferisci?”-ribattè Dana. Salome le fece una smorfia.
“E dove dormirei io, di grazia? Nella piscina?”
“Se vuoi ti accontento e la vado a riempire!”-il tono di Violet era più che irritato: da sempre non condivideva la stanza con nessuno e non le andava di cominciare proprio allora.
“Bè, forse dovremmo modificare un po’ la stanza, ma ti troveremo un letto.”-mentre parlava, Lain si muoveva per la stanza. All’improvviso, alzò le braccia e divise la stanza in due: in una rimase la spiaggia, mentre l’altra si svuotò completamente.
“Ora tocca a te arredare la tua parte.”-le spiegò Lain, mentre Violet la guardava storto.
“Grazie tante, cugina!”-disse a denti stretti.
“Mi dispiace, Violet, ma tutti si devono adeguare.” Salome, non ascoltando il litigio delle due, si diresse alla sua parte della stanza.
“La puoi modificare come ti piace.-le disse Vivi.-Noi l’abbiamo fatto basandoci sui nostri elementi: Dana il ghiaccio, Jo l’acqua, Violet la luce, Lain la terra, Martina l’elettricità, Zoe l’oscurità e io l’aria. E tu sei del…?”
“Fuoco.” Salome ascoltava solo la metà di quello che le stavano dicendo, cercando di capire come modellare la sua parte di stanza.
“Chiudi gli occhi e lascia che sia il tuo istinto a fare tutto.”-le suggerì Dana. Salome obbedì, chiudendo gli occhi ed allargando le braccia. Non pesava più a nulla, ora che poteva manifestare il suo vero potere e tutto successe da sé. Quando riaprì gli occhi si trovò circondata da alberi dalle foglie rosse. Il pavimento era coperto di erba e foglie e nell’angolo vi era un mini-vulcano che eruttava lava. A vederlo le venne da ridere.
“E questo cos’è?!”-domandò.
“L’hai creato tu: lo dovresti sapere meglio di noi.”-le rispose Martina, mentre si sbellicava dalle risate. Salome si avvicinò al vulcano e lo ammirò da vicino. Protese la mano verso il liquido arancione che ne fuoriusciva.
“Ma che fai?! Sei pazza?! È lava!”-gridò Violet.
“E con questo?”-ribattè noncurante Salome, mettendo la mano intera nella lava. Le ragazze chiusero gli occhi, aspettandosi di sentire i gemiti di dolore, che però non arrivarono. Riaprendo gli occhi videro la lava fondersi sulle mani di Salome.
“Ma che storia è questa?!”-esclamò Lain.
“Il fuoco non può farmi niente.”-rispose lei semplicemente. Tornando a guardarsi intorno, vide un letto a baldacchino fatto di un materiale che sembrava quercia rossa vicino al muro, con accanto un comodino e poco lontano un armadio enorme, entrambi della stessa fattura e decorati di bassorilievi raffiguranti il fuoco in tutte le sue forme.
“Comunque, è proprio un bel lavoro, complimenti.”-disse Martina poco dopo.
“Grazie.”-rispose lei.
“E, cosa più importante: la piscina è rimasta!”-esclamò Dana con un sorriso gigante: senza quella piscina erano spacciate.
“Tu hai anche il tuo caro laghetto mezzo ghiacciato, nel caso tu l’abbia dimenticato!”-ribattè Violet, ancora irritata.
“Mi piace anche questa piscina comunque. Anche se è un po’ troppo calda per i miei gusti…” Dana si zittì sotto uno sguardo furente di Violet. All’improvviso, bussarono alla porta e due fatine postine volarono nella camera, seguite da una terza.
“Ehilà, Pixie, come va?”-le domandò Dana, mentre la fatina dagli occhi verdi e i capelli biondi le si sedeva su una spalla.
“Va tutto bene, ma ho sentito la vostra mancanza: nessuno mi dà tutta quella cioccolata che mi date voi.”-squittì la fata.
“Dana, tu e la signorina Salome hanno ricevuto dei pacchi.”-disse in quel momento una delle Fate postine.
“Ah, sì, Cindy? Saranno i nostri vestiti…”-rispose la ragazza e lasciò la stanza per andare a recuperare i due bauli. Salome la seguì e portò la sua roba nella camera.
“Chi è questa ragazza?”-domandò a quel punto Cindy, che guardava la ragazza con curiosità. Anche Salome la osservò per un po’, guardando la piccola fatina dai capelli neri negli allegri occhi verdi.
“È una nuova amica di Dana.”-mormorò Violet, quasi con disgusto. Salome la fulminò con lo sguardo.
“Ah, sono contenta… così avrò più cioccolata.”-sorrise Pixie ed andò a sedersi sulla spalla di Salome. Un sorriso trattenuto si dipinse sul volto della ragazza, non raggiungendo, però, i suoi occhi.
“Va bene… dato che qui è tutto apposto, noi andiamo.”-disse a quel punto Martina e trascinò le altre ragazze fuori dalla camera, attraverso un’altra porta. Solo Jo tornò indietro ed entrò nella propria camera. Pixie seguì Vivi nella sua stanza, mentre Cindy e l’altra postina se ne andavano. Salome sospirò e trascinò il baule fino ai piedi del suo letto, aprendolo.
“E comunque-disse in quel momento Violet.-non credere che ti renderò la permanenza facile, qui.”
“Violet, non ho alcun dubbio che cercherai in tutti i modo di farmi sentire male, non preoccuparti.”-ribattè Salome, ma nella sua voce non c’era il sarcasmo che avrebbe dovuto esserci, ma rassegnazione. Sistemò le sue cose nell’armadio e si stese sul letto. Non fece in tempo a chiudere gli occhi che si addormentò.
 
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CAT_IMG Posted on 1/6/2009, 15:38
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