I never knew his name, stavolta tocca a Senri

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CAT_IMG Posted on 6/10/2011, 09:00
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Spoiler's Queen~Senri's girlfriend

......

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Senri's private castle

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彼の名を知られてなかった
I never knew his name
story by Zircone68


storia del mio PG GDR Zircone e del suo compagno.

Part 1

Era una giornata come tante in quella città inglese che ricordava ancora i segni ormai lontani dello stile aristocratico del diciannovesimo secolo. Uscita dall’università mi dirigevo al lavoro, indossavo la divisa e servivo i clienti. Alla cassa battevo gli scontrini – menù A - pensando ad altro disperso chissà dove fuori dalla finestra. Poi alcuni clienti ai tavoli richiedevano alcuni thè, appuntavo il tutto sul blocchetto e ritornavo al banco, la sedia del terzo tavolino adiacente alla finestra era nuovamente occupata da quel cliente. Diedi una sbirciata e proseguii.
A casa dovevo risolvere un esercizio per la lezione del giorno seguente, mansione troppo noiosa per essere svolta alle sei del pomeriggio, così accesi la tv.
“…un nuovo caso di omicidio nel distretto 5. La vittima, 18 anni, era di rientro a casa quando è stata sorpresa alle spalle, trascinata in un vicolo e poi brutalmente uccisa. Il movente non è ancora stato chiarito, a ogni modo la ragazza presentava numerose ferite da taglio all’altezza del collo. Si ritiene siano state provocate da una lama. L’assalitore non è ancora stato identificato. Maggiori dettagli al notiziario delle venti…” click.
Era ancora giovane. Chissà quante cose avrà lasciato in sospeso quella povera ragazza?
Al locale raccogliere schegge di vetro non era certo uno dei miei compiti preferiti. Di sicuro, se avesse potuto evitare di rompere quel bicchiere, non avrei rischiato di tagliarmi, signora del tavolo due!
“Un menù A” sentivo alle mie spalle “ senza cipolla, per cortesia.”
Non sapevo che quel tizio avesse simili gusti. Chissà come si chiama? Uff, quanto avrei voluto essere io a servirlo. Lo guardai di sottecchi da dietro un vaso. Quei capelli lisci che gli incorniciavano il viso liscio e perfetto erano alquanto lunghi e spinosi, di un castano ramato che brillava quasi caldo ai raggi del sole che filtravano attraverso le tende. Sotto la frangia scompigliata, distinguevo ciglia nere e lunghissime, rivolte in basso in direzione di una tazza di thè al gelsomino. Poi… si volta e un guizzo azzurro giunge fino ai miei occhi e non riesco a distogliere in tempo lo sguardo. Li ho visti, erano davvero del colore del mare. Non mi dovevo imbambolare! Scappo subito dalla parte opposta del locale, facendo finta di niente.
Chissà se lo rivedrò domani?
Con questo pensiero passarono i giorni e di lui nessun segno. Forse avrei dovuto chiedere il suo nome. Forse avrei potuto andare lì e dirgli “ti va di uscire?” o qualcosa di simile. Quello sguardo intenso rivolto ai palazzi oltre la vetrina e quel suo silenzio. A cosa pensi? Non volevo avere rimpianti se non si fosse più presentato. Nonostante il mio desiderio, non lo vidi.
Di ritorno a casa volevo oltrepassare il parco del centro, così mi incamminai in direzione del quartiere occidentale. I lampioni si erano appena accesi e, ad un certo punto, mi ritrovai sovrastata dalla calca, tanto stipata era la via. In un angolo la folla si faceva più chiassosa e in mezzo a quel frastuono finii per cogliere il discorso di un agente di polizia, almeno così pareva.
“I segni sul collo… non possiamo affrettare conclusioni senza analisi più approfondite. Lei cosa ne pensa? È collegato al caso del quartiere 5? Si direbbe quasi che abbiano cercato di nascondere la vera arma utilizzata, usando quei tagli sul collo. Dov’è il coltello? Portate via il corpo per l’autopsia”.
Un'altra aggressione, un uomo stavolta. Meglio affrettarsi a casa, non è più un quartiere sicuro, eh?
Scorsi un tremolio blu alla mia sinistra, ma quando mi voltai e misi a fuoco vidi che era soltanto la luce del lampione.
“Da domani veniamo a prenderti dopo il lavoro, niente obiezioni”.
I miei genitori erano preoccupati dopo gli ultimi avvenimenti nella zona e non apparivano tranquilli. Eppure l’unica realtà a cui ero capace di pensare in quel momento era il fatto che in tal modo avrei perso l’occasione di parlare un po’ con quel ragazzo, se mai si fosse ripresentato al cafè. Fortunatamente, se fortuna si poteva chiamare, quel giorno non c’era. Pazienza, tanto non avrei combinato molto, in ogni caso. Mi diressi ai tavoli con aria sconsolata.
“Menù A, senza cipolla”.
Era arrivato! L’uomo che stavo servendo non fece in tempo a concludere la sua ordinazione che non lo stavo più ascoltando. Mi voltai subito a cercarlo, ma dai capelli neri capii che non era lui. Mi ero illusa che l’omissione della cipolla potesse rendermi felice? La mia agitazione non era certo dovuta a un ortaggio.
“Cos’è quell’aria incantata? Stai pensando al tuo amore? Chi è? Dimmi, dimmi!!” mi chiese Mary, una collega.
“Non è vero” .
“Non c’è nessuno che mi piace”.
Replicai istantaneamente senza riflettere. Era davvero la verità? Anche se ultimamente pensavo solo a quel ragazzo. Era questo ciò che chiamavano amore?
“Fai attenzione per strada. Ah, giusto. Oggi vengono a prenderti i tuoi, no? Riguardati”.
Il padrone del negozio continuò a salutarmi mentre mi apprestavo ad uscire. Oltre la vetrata vedevo già l’auto rossa dei miei ferma ad aspettarmi.
“Mamma, papà, non era necessario! Me la cavo benissimo da sola, dopotutto avrò fatto autodifesa per qualcosa?”.
“Non dire sciocchezze, e poi volevamo uscire a fare un giro, vero caro?”. Allora non avevate insistito tanto per me. Ah, che modi! C’è traffico…
Fuori dal finestrino si vedeva il mare brillare alla luce dell’ultimo spicchio di sole del tramonto da un lato, il marciapiede con una muraglia in pietra rossastra dalla parte opposta della strada. Un signore in bicicletta, un gatto, dei bambini sulle altalene del parco giochi, poi la volta di un tizio avvoltolato nella sua maglia nera – faceva freddo quel pomeriggio? - i suoi capelli color rame spuntavano dal cappuccio. Ah! È proprio lui! Come se avesse potuto udire i miei pensieri ci guardiamo dritti negli occhi, si era voltato. Mi aveva vista. Chissà poi come si chiama? Non gli avevo ancora chiesto il suo nome.
“Ah, ferma la macchina papà!”
“Come? Adesso? Ti pare il momento? ”
Hanno sempre quel brutto vizio di… ehh?
“guarda davanti , davanti!!”
BAAAM!
Un camion, ci siamo spostati sulla… la corsia…
Ah, non ci vedo, cosa? Sono schizzata fuori dalla macchina. Mamma, papà? Dove sie…
Il sole, dov’è?
Ombra… no, non è un’ombra…
È sangue, a terra.
Poi lui era lì.

“è perché assomiglia a Rose che l’hai…”
Chi erano? Delle voci lontane.
Cosa stavano dicendo? Non capisco…
Non capisco…

“Sai, ai grandi magazzini ci sono gli sconti, non possiamo perderli, no?”
Mamma, che stai dicendo?
“Allora era solo per questo che siete venuti a prendermi?”
“Ma che blateri, tesoro? Non dire sciocchezze! Ah caro, ti dicevo…”
Il mare fuori dal finestrino, che bel colore… Quel verde-azzurro, come i suoi occhi.
Facciamo un gioco: se ora mi volto scommetto che lo vedo sul marciapiede… proprio qui! Puntavo il dito in direzione del muro. Si certo, come no? Pensavo fra me e me.
Ahh! Ma cosa? Non ci credo. E’ davvero lui! Avevo fatto una stupida scommessa e invece!
Chissà come si chiama? È vero, che stupida, non gli ho chiesto ancora il suo nome. Lo voglio sapere.
“Ferma la macchina papà”...
BAAAAAM!
Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!

“Si è svegliata di là, vai a vedere”.
Clack, qualcuno aveva spalancato una porta.
Stavo urlando. Allora è successo davver… ah. Che male. È successo davvero.
Una mano calda sulla mia testa. Che tepore.
“Stai bene”.
Non era una domanda. Sembrava volesse tranquillizzarmi, anzi, lo aveva già fatto.

Chissà quanto avevo dormito? Quando mi svegliai la sua mano teneva la mia.
Tuttavia stavolta ci eravamo scambiati i ruoli. Ora a riposare era lui. Stavolta lo guardai senza ritegno, tanto nessuno se ne sarebbe accorto, nemmeno lui. Il suo viso addormentato era molto dolce, veniva quasi voglia di toccarlo, ma mi trattenni quando, protesa la mano verso quei capelli in disordine, mi accorsi che era fasciata. Era stato lui a prestarmi soccorso? Come mi sentivo? Niente di rotto? Pareva di no.
Mi alzai, più o meno. Avevo ancora quel capogiro che non mi aveva abbandonata da… non ci volevo pensare.
Uscii dalla stanza e trovai il bagno due porte più avanti. Camminai verso il lavandino. Cos’era quel coltello sporco di sangue lì vicino, e quello straccio gocciolante di liquido cremisi? Il mio corpo si bloccò esitante, ma avevo bisogno di guardarmi allo specchio per confermare che stessi bene.
Mi sporsi sul lavandino per esaminare le mie condizioni. Non ero ferita, vero? Ero stata bendata in vari punti, testa, braccia, collo, malgrado ciò non sentivo più nulla, solo un leggero intorpidimento. I miei vestiti, invece, erano sporchi si sangue, come anche il mio labbro. Avevo alcuni segni di cicatrice. Mi sporsi di più per guardare il sangue raffermo sulla bocca, il taglio era aperto, fresco. Ahhhhhhhhhh!
“Che succede? Entro!”
La sua voce era allarmata.
Due canini aguzzi brillavano nella luce soffusa del bagno, in quella specchiera circolare, dove la seconda cosa che vidi fu il riflesso di quell’uomo dietro di me.
“Cosa mi hai fatto?” urlai, mentre quelle ciglia lunghissime si chinavano a terra nascondendo il mare che avrebbe potuto darmi conforto.
E l’unica cosa che disse in un sussurro sommesso “ti sei tagliata il labbro con i canini. Capita all’inizio, ti abituerai”.
Il suo nome non importava più. Era mai importato fin dall’inizio?

La mattina seguente ci misi un’ora abbondante a riordinare le idee. Un vampiro, io.
Anche lui lo era, prima di me. Per salvarmi non aveva esitato a prendere il sangue dei miei poveri genitori e ad immetterlo dentro di me. Io odiavo le siringhe. Lo odiavo davvero, adesso.
Alzata mi diressi in cucina dove trovai thè orientale e feci colazione. Che strani gusti. Mentre addentavo una fetta di pane e marmellata alle fragole notai dei fogli sul tavolo. Mi venne l’idea di scriverci qualcosa, dato che, a quanto sembrava, lui non era in casa: la domanda a cui non avevo ancora trovato risposta. Alla fine preparai qualche tramezzino dolce e lo sistemai su un piatto dalla filigrana dorata, anche se non se lo meritava, poi me ne tornai a dormire.
Verso le due un raggio di sole riuscì a filtrare nella camera buia, perciò mi alzai infastidita.
In cucina i tramezzini erano svaniti e su quella lettera spiccava una riga in più, distinta da una grafia dissimile alla mia. Due sole parole.
“Senri Shiki”
Il suo nome.

Edited by zircone68 - 3/8/2012, 14:35
 
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Kira Knight
CAT_IMG Posted on 25/9/2012, 12:05




ahhhhh!!! ma che bello!!! ma sai che scrivi bene... :*smack*: :*trallalla*:
 
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