HiroKyo, Prologo (con premessa)

« Older   Newer »
  Share  
Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 14/8/2009, 16:33






GRAZIE GIULIAAA!!!

Che dici, allora, continuo?
 
Top
...+.piccola.vampira.+...
CAT_IMG Posted on 14/8/2009, 19:13




Se nn continui ti vengo a picchiare!!!
Muahahahaha.....ok sarò piccola...ma meno bene...Bebe ne sà qualcosa...cmq sisisisisi....devi continuare!!!
Vai Neri, Vai Neri, Vai Neri!!
Divento pure una ragazza pon-pon....ok forse questo è eccessivo!!
Cmq VAI e FACCI SOGNARE!!!
 
Top
Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 20/8/2009, 20:07




SPOILER (click to view)
Questa parte mi è venuta un pò debole. Il fatto è che io non sono portata per l'azione. Prometto che la prossima volta farò meglio. Diciamo che è un brano di transizione.



Capitolo IV
A caccia

Un luna park abbandonato. In una zona estremamente periferica della cittadina. Dei cartelli scritti rozzamente informavano che il terreno era in vendita, ma erano sovrastati da un’ordinanza municipale che diffidava chiunque da entrare nell’area, giudicata pericolosa. Tuttavia, il cancello era appena socchiuso, e la recinzione mostrava in più punti la sua ormai inutile resistenza.
I due ragazzi entrarono, silenziosamente, senza scambiarsi una parola. Entrambi percepirono subito l’atmosfera nefasta che caratterizzava il luogo, sembrava che appena varcata la sua soglia l’aria stessa divenisse rarefatta.
Zero e Kyo sembravano speculari l’uno all’altra.
Lui, alto con i capelli d’argento, l’uniforme scura del collegio. Lei con i capelli nero corvo, l’uniforme bianca, anche lei abbastanza alta per essere una ragazza, ma dalla figura esile, i movimenti aggraziati.
Il soggetto che stavano cacciando era – o era stata – una donna. La fotografia che era stata loro mostrata era quella di una attrice abbastanza nota diversi anni prima, specializzata in Jdrama. I capelli vaporosi, i lineamenti semplici ma regolari, il sorriso dolce. I personaggi che aveva interpretato erano sempre stati quelli della donna comune, la casalinga, la parrucchiera, l’infermiera, qualche volta la segretaria. Il suo ultimo ruolo era stato quello di una giovane mamma del protagonista, una piccola star in erba, nei primi cinque episodi di Tutti i giorni con te, Soichiro. Al sesto episodio il suo personaggio era scomparso, anche perché il protagonista ormai non ne aveva più bisogno per l’economia della storia. Ma anche l’attrice era scomparsa, in un certo senso. Ora era chiaro il perché.
A parte una piccola ruota panoramica, più che altro c’erano diverse costruzioni fatiscenti – La casa dello zucchero, Il percorso degli innamorati, La Chiromante d’Occidente, c’erano ancora le insegne a designarne il tema e, naturalmente, c’era tra esse anche l’inevitabile Casa degli orrori.
- Dividerci non servirebbe a niente. – commentò Kyo. – Meglio restare insieme. Da dove vuoi cominciare?
Un rumore stridente li sorprese alle spalle, facendoli voltare all’unisono. Poco distante da loro c’era una vecchia giostra di ferro, arrugginita, circolare, con dei minuscoli sedili. Mentre la stavano guardando si mosse appena, riproducendo quel rumore fastidioso. Zero guardò più attentamente, c’era qualche dettaglio che non lo convinceva. Poi si accorse che era un fagotto marrone, proprio accanto alla giostra.
Si avvicinarono. Il fagotto era il corpo di una donna. Kyo si chinò su di lei, non tanto per constatarne la morte, che era evidente, quanto per scostarle il collo del soprabito marrone che indossava. Due buchi inequivocabili le marchiavano la base del collo.
- L’ha morsa da poco. – disse Kyo. – Le ferite sono ancora freche, perdono ancora qualche goccia di sangue.
- Allora è sicuro che è qui. – commentò Zero.
- Sì, ma c’è qualcosa di peggio da considerare.
- Uhm?
- Questa donna non era sola. – Kyo, rialzandosi, indicò un coniglietto di pezza tenuto stretto dalla mano irrigidita della morta. – C’era un bambino, con lei.
- Cazzo! – esclamò Zero, guardandosi rapidamente intorno, chiedendosi da dove cominciare per fare il più presto possibile. Intanto, tirò fuori la Bloody Rose.
- Che cosa ti dice il tuo sesto senso? – chiese alla compagna ma, per una volta, nella sua voce non c’era traccia di ironia.
- Andiamo alla Casa dello zucchero. – rispose Kyo, con un tono che sembrava dire che era la cosa più ovvia del mondo. Zero la seguì senza replicare.
La Casa dello Zucchero era, praticamente, una sorta di replica della casetta di Hansel e Gretel, era stata interamente decorata in modo tale da sembrare essere stata costruita da biscotti e cioccolatini. Era una costruzione ad unico piano, con il tetto spiovente dal quale una volta spuntava un finto comignolo – che ora non esisteva più, come non esistevano più la porta e le finestre.
Entrarono, attenti a non fare il minimo rumore per cogliere quelli che potevano offrire loro un indizio su dove dirigersi. La prima stanza era una specie di tinello, con un tavolo rettangolare al centro, circondato da tre sedie. Sulla spalliera di una di esse, c’era appeso un minuscolo cappottino. Kyo si avvicinò per sfiorarlo e, proprio in quell’istante, udirono l’urlo inconfondibile che precedeva il pianto di un bambino, quando qualcosa lo spaventa, o quando fa i capricci perché non ha ottenuto quello che voleva. I due ragazzi corsero attraverso l’archetto che introduceva dalla prima stanza ad un lungo corridoio dove si affacciavano una serie di porte chiuse. Zero lasciò stare le prime, perché il lamento che avevano sentito gli era sembrato più lontano, ma iniziò a sfondarle sistematicamente con dei calci dalla quinta in poi.
Lo fece tanto per essere sicuro ma, naturalmente, fu nell’ultima stanza che trovarono la creatura. Era accovacciata in un angolo della stanza, quello più lontano dalla finestra, e teneva stretto il bambino di pochi anni, al massimo tre, che si dibatteva tra le sue braccia, il visino paonazzo dallo sforzo di piangere disperatamente. I capelli coprivano il volto della donna, ma non potevano nascondere il luccichio dei canini che sporgevano dalle sue labbra sogghignanti.
- Ben – ve-nu- ti… - disse, tra un singulto di risata sinistra e l’altro. - Vo-le-te…un-a taz-za di tè…?
Zero puntò immediatamente l’arma, ma Kyo posò la sua mano su di essa. Sì avvicinò di qualche passo alla donna, che continuava a sogghignare tra sé. Questa sollevò finalmente il volto e i suoi occhi –non – più – occhi fissarono Kyo attraverso i capelli. La sua risata si interruppe improvvisamente, le sopracciglia si aggrottarono e la sua bocca si strinse sulle zanne. La sua voce le uscì improvvisamente stentorea.
- Non mi prenderai il mio bambino! – esclamò, stringendolo più forte. Il piccolo urlò di nuovo.
- Gli stai facendo male. – disse Kyo, calma.
- Come potrei fare del male al mio bambino? – ribattè la donna. In quel momento sembrava quasi normale.
- Non è il tuo bambino. Lo sai benissimo.
- Adesso sì. La madre è morta. Io sono sua madre, adesso.
- La madre è morta. – assentì Kyo. – Ma tu non puoi sostituirla. Non puoi prenderti cura di lui. Lo sai quello che sei.
- Kyo, spostati, facciamola finita. – intervenne Zero. Teneva la testa della Level E sotto tiro, la cosa gli sembrava più semplice del previsto e voleva concluderla alla svelta.
- Allora…- fece la donna Level E, avvolgendo l’esile collo del bambino ormai esausto con una mano, - lo porterò con me. – e si alzò in piedi, pronta a fuggire verso la finestra. Ma, appena fatto un passo, Kyo le comparve alle spalle e, rapidissima, le circondò il collo con un braccio mentre, con la mano, le perforò la schiena. – Prendi il bambino!! – gridò a Zero che si precipitò ad afferrare la creaturina prima che cadesse in terra. La donna, infatti, stava esplodendo in sabbia, come sempre accadeva.
Il bambino aveva ricominciato a piangere, in braccio a Zero. Ma, ormai stravolto dalla stanchezza, si limitava a sommessi singhiozzi e brevi lamenti. Kyo si stava spazzolando l’uniforme dalla polvere che la donna che aveva lasciato addosso.
- Era l’ultimo nome della lista, per oggi, vero?
Chiese, senza guardare Zero, disinvoltamente. Lui tacque, allora lei alzò gli occhi verso di lui, interrogativamente. La stava fissando, continuando a tenere il piccolo tra le braccia come se fosse un pacchettino delicato.
- Zero?
- Sì, era l’ultimo. – rispose finalmente lui.
Kyo alluse al piccolo facendo un gesto con il mento.
- Vuoi che lo prenda io?
Zero esitò. Poi le porse il fagottino che, nel frattempo, si era addormentato. I lineamenti di Kyo si addolcirono mentre avvicinava il suo volto a quello del piccolo.
- Poverino. Adesso che cosa sarà di te? Speriamo almeno che tu abbia un papà…- Poi alzò gli occhi verso Zero. – Conosci un posto dove possiamo portarlo?
- Sì. – si limitò a rispondere lui. Le voltò le spalle e uscì dalla stanza.
Kyo scosse appena la testa, sorridendo tra sé.

Le lezioni stavano per cominciare ed Aidouh aveva preceduto gli altri perché voleva completare dei calcoli che stava facendo su una formula chimica. Erano settimane che si dedicava a questo progetto e la cosa lo entusiasmava di giorno in giorno. Non aveva condiviso questo suo studio con i compagni, perché non voleva essere seccato da stupide domande e, soprattutto, ci teneva ad esporre a tutti il risultato finale – perché lo avrebbe ottenuto, ne era certo – in una unica soluzione e nel modo più elegantemente spettacolare possibile. Entrò nell’aula con un sorrisetto sulle labbra ed uno dei suoi preziosi quaderni sotto il braccio.
Ma si accorse che qualcuno lo aveva preceduto.
Hiro era seduto in alto, accanto alla finestra. Il gomito poggiava sul banco e il mento poggiava sul palmo della mano. Si era tolto la giacca della uniforme e si era arrotolato le maniche della camicia nera, come al solito.
Aidouh aggrottò le sopracciglia. In verità, non aveva alcun motivo razionale per avercela con Hiro, dal giorno del suo arrivo si erano scambiati al massimo un paio di parole. Forse lo infastidiva quel suo individualismo solitario così sfacciato, quel suo non fare gruppo in alcun modo con gli altri. La sua apparente indifferenza perfino nei confronti di Kaname Kuran. In quella sua posa, nel buio dell’aula, glielo ricordava peraltro parecchio, Kaname. Ma solo nella posa. Aidouh doveva ammettere che Hiro non aveva l’aria di nascondere qualcosa, il suo sguardo, anzi, era solitamente fin troppo cristallino. Distolse lo sguardo da lui e si avviò al suo solito posto. Mentre si avvicinava si accorse che alcuni dei suoi quaderni erano sul banco. Doveva averli dimenticati la sera prima. Uno era aperto.
- Non ci posso credere! – esclamò, sbattendo quello che aveva in mano forte sul banco. – hai letto i miei appunti!!!
Hiro distolse a fatica lo sguardo dall’oscurità in cui si era perso, fuori dalla finestra e posò quei due occhi che sembravano fatti di quarzo rosa, svogliatamente, su Aidouh.
- Erano cose riservate. Come hai potuto essere così privo di discrezione? Chi ti credi di essere?
- Ma di che parli? – chiese Hiro, guadandolo perplesso.
- Come “di che”? di questi quaderni, che avrebbero essere ordinatamente impilati e che invece sono qui, aperti. Non ti sei nemmeno disturbato a rimetterli al loro posto.
- Scusa, ma perché dovrei averteli aperti proprio io?
- Come perché? Sono entrato e tu eri qui, i quaderni erano aperti, non c’era nessun altro.
- Capisco. – Hiro era insolitamente remissivo, persino il suo solito sorriso ironico non faceva capolino sulle sue labbra.
- Se ne sei convinto, ti chiedo scusa. – disse, tornando a guardare fuori dalla finestra. Aidouh si imporporò dalla rabbia.
- Ma che mi prendi in giro?!!
- Aidouh. – una voce bassa e inconfondibile gli raggelò la schiena. Aidouh si voltò immediatamente, trovandosi il capo dormitorio molto vicino.
- Kaname – sama!
- Stai come sempre esagerando, Aidouh. In ogni caso, anche se sono certo che Nakada non ti abbia sbirciato nei quaderni, ti ha chiesto comunque scusa. Credo che potresti chiuderla qui.
- Ma, Kaname…- Gli occhi di Kuran non ammettevano repliche. – Va bene. E’ che questi studi che sto facendo sono molto importanti, per me.
- Lo capisco. – proseguì Kaname. – In verità lo sono per tutti noi, non è così? Stai dopotutto tentando di migliorare la formula delle pasticche ematiche, per renderle più propizie al nostro palato.
Aidouh spalancò gli occhi.
- Kaname, tu…
- No, Aidouh. Conosco solo il tuo modo di pensare.
- In verità, serve un additivo che agisca sul cervello, non sul palato. – intervenne inaspettatamente Hiro. – Le pasticche ematiche, in se, sono efficaci, solo che non riescono ad agire sulla parte di cervello che controlla il nostro sistema inibitorio. Quindi, quando le sciogliamo nell’acqua, e le beviamo, non restiamo comunque soddisfatti, perchè l’effetto agisce solo a metà, non lenisce il desiderio, solo il bisogno di sangue. Ma potrebbe esserci un qualche eccipiente naturale che potrebbe molto semplicemente compensare questo difetto. Non so…la Pandora, per esempio.
- E che diavolo sarebbe? - chiese Aiudouh.
- Un’erba medica che cresce tra le rocce, nella zona dove sono nato. Un tempo, all’epoca delle grandi carestie, si usava per resistere ai morsi della fame. Riusciva ad ingannare il cervello molto bene, si dice. Si potrebbe provare ad aggiungerla al composto, manipolandola un po’, ma non so, magari gli altri componenti della pasticca, o anche uno solo di essi, potrebbe renderla inefficace.
Tutto questo discorso, Hiro lo aveva fatto senza minimamente abbandonare la sua posizione, e senza voltarsi mai verso gli altri due occupanti della stanza. Sembrava quasi che solo una parte di se stesse parlando, mentre l’altra era altrove. Completamente altrove. Poi, all’improvviso, si riscosse. Si voltò e guardò Kaname.
- Kaname – sama – disse, serissimo. Sembrava che volesse aggiungere altro. Ma non lo fece. Restò a fissare Kaname, come se gli stesse parlando, ma dalla sua bocca non uscì una parola.
Kaname ricambiò i l suo sguardo. Altrettanto a lungo.
- Credimi, Hiro – si decise alla fine a rispondere. – Le cose non stanno ancora al punto in cui temi. Ho fatto in modo che non lo fossero.
Un mormorio fuori dalla porta annunciò l’arrivo degli altri studenti della Night Class e la strana conversazione si interruppe. Per tutta la durata delle lezioni, di tanto in tanto Aidouh lanciava delle occhiate di sbieco a Nakada, cogliendolo sempre nella stessa posizione. E fu con genuina sorpresa quando, alla fine della notte, al momento di lasciare tutti l’edificio scolastico per fare ritorno ai dormitori, Hiro, passandogli di fronte, gli lascio cadere un foglietto sul banco.
- E’ la pozione che mi hanno insegnato, a base di pandora.
- E cosa me ne dovrei fare?
- Fanne quello che vuoi.
Ribattè Hiro, voltandogli le spalle ed andandosene portandosi dietro la giacca appallottolata in mano.


Edited by Nerissa - 21/8/2009, 18:43
 
Top
Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 21/8/2009, 17:56




RAGAZZE, CHE VERGOGNA!! Oggi mi sono praticamente accorta che il mio personaggio principale, Hiro Nakada, è praticamente un plagio di Raikou Shimizu, uno dei personaggi principali di Nabari No Ou!! Guardate:

SPOILER (click to view)
image


Insomma, a mia discolpa vi posso dire che non ci avevo minimamente pensato, mi ero quasi dimenticata di Raikou, anche perchè ho visto solo poche puntate di Nabari e la mia attenzione era del tutto calamitata da Yioite. Poi un amico mi ha fatto notare la somiglianza e sono sprofondata!! Mi sono messa a fare le ricerche ed ho anche scoperto che Raikou mi piace anche UN SACCO!!!

Diavolo.

Comunque, nonostante non riesca a descriverlo - ed a disegnarlo - meglio, la mia idea di Hiro si sta un pò confondendo (però io me lo immagino sicuramente non anoressico come i personaggi di Nabari, tanto per cominciare.) E poi, ancora a mia discolpa, posso ricordare che la storia del mio personaggio è essenzialmente una passione amorosa, non un combattimento continuo, come in Nabari.

Ad ogni modo, questa digressione per mettervi a disposizione un pò di materiale con cui fare confronti:

SPOILER (click to view)
image


SPOILER (click to view)
image


NON E' UN AMORE??? Mi sono appena presa una cotta per RAIKOU SHIMIZU, è ufficiale. Così le aspiranti amanti di Zero e di Kaname possono stare tranquille, per quanto mi riguarda.

Meno male che non ho ancora fatto usare ad Hiro la spada (come Ichijo, ma la katana è l'arma principale di Shimizu), come era originariamente nelle mie intenzioni. A questo punto, credo che mi limiterò a lasciargli i suoi poteri di vampiro.

GLI AVEVO DATO PERFINO UN TATUAGGIO SUL BRACCIO, PROPRIO COME SHIMIZU!!!

Che vergogna....
 
Top
...+.piccola.vampira.+...
CAT_IMG Posted on 21/8/2009, 18:04




-.-''''''
Sei leggermente sprofondata Neri...poverina...mi dispiace.....
Puoi cercare di cambiarlo......capita di fare confusione....io x esempio ne faccio sempre un pò...sai quando si nasce bacati!!!
Cmq nn credo sia tanto grave...se riesci a cambiare Hiro.....
 
Top
Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 21/8/2009, 18:26





----però la mia storia è diversa.... :o: :huh: :unsure: :( :blink: :wacko:
 
Top
...+.piccola.vampira.+...
CAT_IMG Posted on 21/8/2009, 18:28




Giusto!!!!!
image
 
Top
Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 22/8/2009, 17:22





Qualche volta, al mattino molto presto, poco prima dell’alba, poco dopo il termine delle lezioni, Hiro aveva cominciato a prendere l’abitudine di non rientrare al dormitorio, ma di fare una breve passeggiata nel parco della scuola. Sapeva che era proibito, ma sapeva anche che avrebbe potuto evitare con estrema semplicità ogni avvistamento. In verità, qualsiasi vampiro presente all’accademia avrebbe potuto farlo, i due Guardian incaricati a fare le perlustrazioni non sarebbero mai stati sufficienti. E, infatti, servivano più a controllare che le allieve – o, più raramente, gli allievi – della day class non sgattaiolassero pericolosamente fuori dalla protezione del proprio dormitorio, che per controllare i movimenti vampiri. Ciononostante, era ovvio che fosse proibito anche per essi uscire dal dormitorio durante le ore diurne.
Erano trascorse poche settimane dal loro arrivo all’Accademia Cross e questo transito iniziava a stargli stretto – come aveva immaginato. Non aveva niente da fare e non poteva uscire quanto avrebbe voluto – aveva dato la sua parola a Kaname – Kuran che non si sarebbe fatto notare negativamente in alcun modo, essendo, in definitiva, più un ospite che uno studente.
Aveva deciso di lasciare a Kyo tutto lo spazio di cui avesse bisogno, quindi si imponeva di non farle domande sul suo “lavoro” e di non starle sempre addosso nelle poche ore di libertà, conoscendo fin troppo bene il suo bisogno di solitudine ed autonomia.
La verità era, però, che lei aveva scelto di condividere la loro stanza, ma lui stava cercando di starsene lontano il più possibile. Kyo era molto generosa di se, ma era fisicamente debole – ancora troppo debole, nonostante tutto il sangue che aveva bevuto da lui per anni. E nulla di quello che faceva mancava mai di lasciare qualche traccia nel suo spirito. Se anche lei non si confidava con lui su questo aspetto della sua esistenza, Hiro continuava a percepire quel dolore sordo che in lei covava e che aveva iniziato piano piano a logorarla. Ma non sarebbe servito a nulla parlare ancora una volta di qualcosa alla quale sembrava non vi fosse soluzione. La sua ragazza aveva fatto una scelta precisa e lui non poteva che adeguarsi. Ma si rendeva conto che lui non avrebbe retto a lungo a quella tensione.
Per la prima volta da quando era cominciata la loro storia, si rese conto che stava cercando di proteggersi da lei.
Quel mattino in cui le prime luci tardavano a spuntare, stava ripensando alla breve conversazione avuta con Aidouh e Kaname sulle pillole ematiche. Era vero che non aveva affatto spiato gli appunti di Hanabusa, però l’idea inprovvisa sulla pandora e le altre erbe mediche similari che conosceva avevano solleticato il suo bisogno di azione, che poteva anche distillarsi in una ricerca, insomma, in un qualsiasi obiettivo da raggiungere. Aveva dannatamente bisogno di impegnarsi in qualcosa.
Passeggiando, mentre rifletteva da dove cominciare, ipotizzando una sorta di ruolino di lavoro, si era ritrovato praticamente dentro un orto.
Si guardò intorno, incuriosito.
Un orto?
Si trattava di un bel pezzo di terreno, delimitato da aiuole di fiori. Tirato su con cura, gli stretti vialetti di terra perfettamente mondati da erbacce. Tirato su con amore. Gli sembrava fosse trascorso tantissimo tempo da quando aveva pensato l’ultima volta a questa parola.
- Nakada – kun.
Prima che la voce lo cogliesse di sorpresa, avevsa percepito la presenza di Kaien Cross, quindi si limitò a sorridere, quando questi lo chiamò, ed a voltarsi lentamente verso di lui. Si immaginava un qualche rimprovero, ma l’uomo stava ricambiando il suo sorriso, a pochi passi da lui – aveva percepito la sua presenza, è vero, ma alcun rumore aveva annunciato il sopraggiungere del preside Cross, alle sue spalle. Quell’uomo si muoveva silenzioso quasi come un vampiro. Cosa aveva detto, Kuran? Di non commettere l’errore di sottovalutarlo. La “leggenda vivente”, la persona che aveva colpito profondamente Kyo. Forse, dal punto di vista sentimentale, sarebbe stato lui il suo vero rivale, considerò, ridendo di se.
- Signor preside. Spero di non averla svegliata. Sì, so di avere violato almeno una mezza dozzina di regole, ma avevo bisogno di un po’ d’aria. Per caso mi sono ritrovato qui, ma me ne vado subito se le do fastidio.
- Nessuno dei miei amati studenti potrebbe mai darmi fastidio. – replicò il preside e sembrava che credesse veramente in quelle curiose parole.
- Lo cura lei quest’orto?
Cross sorrise, compiaciuto.
– Oh, sì. Ho piantato un po’ di tutto, adoro la verdura fresca ma, soprattutto, mi piace veder crescere le cose.
Hiro prese tra le mani le foglioline di una pianticella, le sue dita le strofinarono delicatamente, poi se le portò al naso, aspirando il profumo.
- Sai che pianta è? – chiese il direttore.
- Melissa. Era da tanto che non ne respiravo il profumo.
- Quindi conosci le erbe?
- Conosco le erbe aromatiche e le piante medicinali. In un’altra vita forse…- ma si interruppe.
- Ti prego, finisci quello che stavi per dire.
Hiro sorrise malinconicamente. – Dicevo che, in un’altra vita, probabilmente avrei fatto il guaritore. O, forse, il medico, come direste voi umani.
- Uhm. – fece Cross.
Si chinò su un filare di pomodori e staccò qualche fogliolina mal messa, e delle piantine di erbe selvatiche che si erano rifugiate tra le canne che sostenevano le piante.
– Queste bisogna toglierle, altrimenti influenzano irrimediabilmente il sapore dei miei pomodori. – commentò.
Poi, senza guardarlo, gli chiese:
- Potresti aiutarmi in questa piccola coltivazione, se ti va. A me farebbe piacere condividere questa mia passione con qualcuno, tanto meglio se fosse anche in parte competente.
Sorpendendosi per primo, Hiro rispose:
- Mi piacerebbe. Anche se potrei aiutarla solo di notte.
- Te ne sarei grato, sarebbe veramente un grande aiuto, per me.
- Dovrebbe darmi una dispensa speciale per potermi aggirare liberamente a un passo dal dormitorio sole.
- Io sono il preside. Posso fare tutto. – disse Cross, ridacchiando. – Del resto- e qui sollevò gli occhi fissando direttamente quelli di Hiro. – Dubito che tu possa essere in alcun modo tentato dall’assaggiare i miei allievi umani. – affermò.
- Già. – ammise Hiro, senza nemmeno fermarsi a riflettere. – E’ da quando avevo dodici anni che l’unico sangue che bevo è quello di Kyo…quando può darmene.
Il preside si rialzò, sinceramente ed avidamente interessato.
- E’ veramente straordinario. Quindi vorresti dire che non senti il desiderio di mordere una qualche creatura, quando senti l’odore del suo sangue? O che non senti comunque mai il desiderio di farlo?
Ma Hiro non soddisfò oltre la sua curiosità. Gli sorrise di nuovo e fece per andarsene.
- Aspetta…- fece il preside.
Il ragazzo girò appena la testa e gli disse, da sopra la spalla:
- Se non le dispiace, me ne tornerei nella mia stanza. Anche perché il sole sta sorgendo e sono un po’ stanco. Comunque…mi faccia sapere quando ha bisogno di aiuto, per l’orto. Anche io l’aiuterei volentieri.
E si avviò per lo stesso percorso da cui era arrivato.
Kaien Cross restò pensieroso a guardarlo sparire tra il folto del parco.
Kaname aveva voluto Kyo per tenere sotto controllo Zero, questo gli era chiaro, e lui apprezzava le doti della ragazza perché vedeva dell’umanità nei suoi gesti e nelle sue intenzioni, e voleva troppo bene a Zero per non considerare una fortuna che un essere del genere potesse stargli discretamente a fianco, capace di intervenire nel migliore dei modi…nel migliore dei modi possibile in caso di necessità. Ma Hiro Nakada, né lui né Kaname lo avevano preso minimamente in considerazione, e avevano sbagliato. C’erano delle potenzialità in quel giovane vampiro che meritavano di essere esplorate ed esaltate. Se la vocazione di Kyo Nakada era quella di fare, sostanzialmente, l’Angelo della Morte, forse quella di Hiro poteva essere quella di fare l’Angelo della Vita.
Cross iniziò a chiedersi se quelle due esistenze non fossero nate per un destino ben preciso, e che per lo stesso destino si fossero incontrate e intrecciate tanto strettamente. Iniziò quasi a credere che qualcosa di ignoto e irreversibile, più forte perfino di Kaname Kuran, e di lui stesso, con tutti i suoi progetti e la sua determinazione, avesse messo in moto un meccanismo di cui tutti erano inconsapevoli agenti. Forse si stava aprendo una rosa di interessanti prospettive da non sprecare, e se era vero che lui ancora credeva profondamente nelle sue convinzioni, doveva fare in modo che Hiro Nakada svelasse qualcuno dei suoi piccoli intimi segreti. Forse, insomma, quei due giovani vampiri potevano essere una chiave per fare un ulteriore passo avanti in una evoluzione nei rapporti tra vampiri ed umani. Forse.
 
Top
MaRy1996
CAT_IMG Posted on 23/8/2009, 11:58




che bella la storia neriiiiiiiii O.OOOOOOO!!!!
 
Top
Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 23/8/2009, 12:01





:woot: :woot: :woot: :wub: :*love*: :*yuppiii*: :*banzaiiii*: :*banzaiiii*: :*banzaiiii*:

Arigatoo

(allora, continuo?)
 
Top
MaRy1996
CAT_IMG Posted on 23/8/2009, 12:08




certuuuuuuuu ^^
SPOILER (click to view)
puoi venire su msn ti devo dire una cosa XD
 
Top
Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 25/8/2009, 22:34





Capitolo IV
Confronti


Ormai erano rare le occasioni in cui Kyo e Hiro si svegliavano o si addormentavano insieme. I loro orari non combaciavano più, per un motivo o per l’altro. Andavano insieme a lezione, ovviamente, e Hiro prendeva sempre posto dietro di lei. Le sue silenziose gentilezze non mancavano mai ma, spesso, troppo spesso, Kyo coglieva il suo sguardo oltre la finestra, il profilo in parte illuminato dalla luce della luna. Certe volte sembrava non accorgersi che lei lo stava fissando. In altri tempi, si sarebbe quasi immediatamente voltato e le avrebbe regalato un sorriso, o lanciato una battuta scherzosa.
Per la prima volta da quando si conoscevano, Kyo percepiva un cambiamento in lui, le cui cause non riusciva a definire. E poiché non era mai successo che non sapesse interpretare chiaramente gli stati d’animo del suo compagno, questa cosa sempre più spesso le dava da riflettere.
Da alcune settimane, di tanto in tanto, Hiro anticipava il rientro al dormitorio, dopo le lezioni, e quando lei arrivava lui era già addormentato. Scivolava accanto a lui ed aspettava che il suo corpo acquisisse la consapevolezza della sua presenza e si voltasse verso di lei. Dormendo, lui la abbracciava, o le infilava le dita tra i capelli, e da questi gesti inconsapevoli lei riceveva rassicurazioni sui suoi sentimenti, sul suo cuore ancora forgiato dall’amore.
C’erano giorni in cui socchiudeva gli occhi, svegliandosi da un sonno leggero e lo sorprendeva a guardarla, da vicino, come se la stesse aspettando. Le accarezzava delicatamente le guance, le spalle, e iniziava a baciarla, incoraggiandola con delicatezza ad avvicinarsi alla sua gola ed a prendere il suo sangue. Lei accettava sempre queste sue offerte, non solo perché senza nutrirsi del sangue forte di Hiro non avrebbe in definitiva potuto sopravvivere, ma perché bere il suo sangue le faceva provare di nuovo quella forte sensazione di appartenenza che, in alcuni momenti, stava iniziando a rassegnarsi all’idea di perdere. Si rifugiava tra le sue braccia come un gattino, lui la stringeva e si addormentavano con i cuori che battevano tanto forte da sentirli dentro le orecchie.
Ma c’erano anche quelle albe ancora avvolte nell’oscurità in cui Kyo si svegliava all’improvviso e trovava il posto accanto a se, nel letto, vuoto, e fresco da tempo. Come se lui avesse atteso che lei si addormentasse, sfinita per la lunga giornata, per poi alzarsi ed andarsene da qualche parte, non molto lontano ma, abbastanza, comunque, perché lei non riuscisse a capire quanto distante e dove.
Le prime volte restava perplessa e stentava a riaddormentarsi. Ma sempre, più tardi, quando era ora di svegliarsi veramente per iniziare la notte dei vampiri, lo ritrovava nella loro stanza, addormentato di nuovo accanto a lei, o a leggere un libro, a scrivere delle note su un taccuino o semplicemente a guardare dalla finestra.
Silenzioso e riservato come mai era stato.
Si girava verso di lei e le sorrideva nel suo modo speciale, chiedendole se aveva dormito bene, se le andava di fare una passeggiata prima dell’inizio delle lezioni oppure, più raramente, come quando erano piccoli, saltava sul letto e le faceva il solletico dicendole che aveva dormito troppo, che stava facendo la muffa aspettando che la principessa si svegliasse.
Eppure, era diverso. Eppure era lontano, pur essendo così vicino.
E di quelle piccole assenze notturne lei non gli aveva mai chiesto e mai lo avrebbe fatto.
Nel frattempo, i suoi rapporti con Kyriu Zero erano migliorati. Si trattava più di una moratoria, una ragionevole collaborazione di lavoro. Si parlavano molto poco e lei aveva smesso di chiedersi se Zero si fidasse ormai di lei. Concentrava le sue forze negli incarichi che continuavano ad arrivare – in cui la sua collaborazione, peraltro, aveva scoperto che non veniva menzionata ufficialmente, anche se puntualmente richiesta – e continuava ad osservare il ragazzo, ed a cogliere ogni occasione possibile di contatto fisico per valutare le sue condizioni. Che, sorprendentemente, le sembravano stabili. Nulla di Zero era prevedibile, a quanto pareva. Non era ancora ad un livello preoccupante. Nonostante i nefasti pronostici di chiunque conoscesse la sua condizione.
Per quanto riguardava lei, invece, iniziava a sentirsi molto stanca. Era da tanto tempo che non trovava più in se la voglia di leggere, o di starsene per conto suo a pensare. Appena poteva, cercava di dormire. E, con vergogna, aveva iniziato ad avvicinarsi al collo di Hiro più spesso di quanto avrebbe voluto. Mentre lui, era ormai da tanto che non le aveva chiesto il suo. Ultimamente, era il suo corpo che Hiro cercava, non il suo sangue. Forse era uno dei pochissimi ragazzi dell’accademia soggetti alla sperimentazione che reagisse positivamente al 100% alle pasticche ematiche. Mentre su di lei non avevano molto effetto. Del resto, se non avesse incontrato Hiro, sarebbe da tempo diventata una di quei vampiri nati malati, deboli, e finiti in una sorta di stato di ibernazione, una specie di morte apparente, intrappolati in un corpo privo di qualsiasi energia, inerte, vulnerabile. Non ne aveva mai visto uno, ma ne aveva sentito spesso parlare e non con i toni da leggenda. Era l’unica cosa che avesse a che fare con il suo destino capace di terrorizzarla.
In un certo senso, era molto simile a Zero: entrambi in attesa di quell’istante che li avrebbe mutati irreversibilmente in qualcosa che aborrivano.
Ma, almeno, Zero avrebbe perso la coscienza di se e sarebbe stato presto finito mentre per un vampiro inerte, la coscienza persisteva, in una forma di coma cosciente, e nessuno vi avrebbe potuto porre fine, era contro ogni precetto etico vampiro.
Orribile anche solo a pensarsi.
Eppure si detestava quando succhiava il sangue dalle vene di Hiro. Quando prendeva tutta quella vita da lui. Si detestava mentre letteralmente beveva il suo amore. Le sembrava di abusare di lui. Avrebbe preferito mille volte che la situazione fosse ribaltata.
Naturalmente, era entrata anche lei nel programma di sperimentazione, ma il suo corpo ancora rigettava quelle pastiglie che avrebbero dovuto cambiare la cultura dei vampiri e sulle quali il preside Cross riponeva un monte di speranze.
Forse la scarsa ricettività al composto era anche dovuto a tutti gli sforzi a cui si stava sottoponendo per seguire e sorvegliare Zero, che le succhiavano le poche energie di cui disponeva.
Una dura lezione per il suo orgoglio.
Era arrivata all’accademia lusingata dall’invito di Kaname Kuran e si era lasciata rassicurare dalle sue parole. Adesso, nonostante le apparenze, lei sapeva che, invece, stava fallendo nella prova cui era stata sottoposta. Perché anche se riusciva a mascherarlo, non sapeva se, nel momento fatale, sarebbe stata in grado di dare il colpo di grazia a Zero.
La cosa peggiore era che Zero sapeva perché lei lo accompagnava.
Negli ultimi giorni ciò le era divenuto estremamente chiaro. Lo sapeva e contava su di lei.
Non ne avevano mai parlato, ovviamente. Ma era sempre dal modo in cui la gente la osservava che Kyo capiva cosa stava pensando di lei, e gli sguardi di Zero erano eloquentissimi, se li sentiva appiccicati addosso ogni volta che toccava a lei sopprimere una di quelle povere creature cui davano la caccia.
Zero ormai contava sulla sua spietatezza per essere fermato e sulla sua compassione perché fosse rapida ed efficace.
Ancora una volta si rimproverò per la sua presunzione, lei che si era sempre permessa di credersi più posata e matura di Hiro perché meno avventata, meno spontanea…sì, le ultime settimane da quando era arrivata all’accademia Cross erano state veramente una dura lezione per il suo orgoglio. Checchè ne pensassero Kaname Kuran e Kaien Cross, si sentiva umiliata dalla sua inadeguatezza.
Tutti questi pensieri volteggiavano nella sua testa in una notte prossima al suo spegnersi, sopraffatta dalla luce del nuovo giorno.
Kyo aveva trovato una panchina, nel giardino del direttore Cross, e ci si era seduta, composta come una bambina bene educata. Si guardava la punta degli stivaletti, con i quali stava facendo dei piccoli disegni sulla terra.
Quando Hiro arrivò, non sollevò subito gli occhi verso di lui, continuò il suo passatempo, ma sorrise.
- E’ da tanto che aspetti? – le chiese lui. Una frase normale, ma il contesto era sbagliato.
In verità, non avevano un appuntamento.
Hiro, quella notte, come al solito si era dileguato subito dopo le lezioni, saltando anche la cena. Però era vero che lei lo stava aspettando.
- Da un po’. – rispose. – Più o meno da quando ti sei allontanato.
- Perché non sei entrata nell’orto? Anche se stavo lavorando, potevamo parlare.
- Non volevo disturbarti. Mi piace pensare che ci sono cose che fai da solo con entusiasmo e non voglio intromettermici.
- Non mi avresti disturbato. Invece mi avrebbe fatto piacere. Mi fa sempre piacere quando siamo insieme. E non capita spesso, ultimamente.
Kyo alzò la testa e lo guardò.
- Davvero non ti da fastidio che sia venuta a cercarti?
Il corpo di Hiro dava le spalle alla luna e sembrava avvolto da un sottile alone di luce.
Gli occhi di entrambi brillavano nell’oscurità e lei mantenne il suo sorriso. Il ragazzo, invece, era serio, pur ricambiando il suo sguardo. In una mano stringeva un mazzo di fiori e nell’altra degli attrezzi da giardino. Si chinò, posando tutto sulla panchina poi si accucciò davanti a Kyo, appoggiando le mani ai suoi lati. Hiro non rispose alla sua domanda.
- Hai bisogno di bere. – disse, invece, senza mezzi termini. E si portò una mano alla gola, dove le sue unghie trovarono sicure la vena da aprire. Lei sollevò una mano per fermare la sua.
- No, ti prego…
- Sì, invece. Ne hai bisogno, i tuoi occhi sono stanchi.
- Non sono venuta qui per questo, ti prego! Volevo solo stare un po’ con te.
Hiro le posò una mano sulla nuca ed avvicinò la testa di Kyo alla sua. Le loro fronti si toccarono.
- Bevi un po’ del mio sangue. – le sussurrò. – Mi piace quando mi mordi…
- Ti piace essere il mio cibo? – Kyo, per la prima volta, scoprì una punta di cattiveria nel tono della sua stessa voce. Era davvero stanca, se la sua guardia si era abbassata così tanto. Hiro non abbandonò la profondità dei suoi occhi. Ma strinse i denti prima di risponderle. Lo aveva colpito.
- No. – disse. – Sì, anzi. Mi piace essere il tuo cibo se questo ti fa stare bene. Se tutto quello che posso fare per te in questo momento è darti il mio sangue, allora mi va bene.
- Stai dicendo delle cose cattive.
- No. Sei tu che non ti rendi conto dello stato in cui ti sei ridotta.
- Se sei così preoccupato per me, perché ultimamente mi lasci sempre più spesso da sola?
Hiro quasi rise.
– Da quando ti conosco è la prima volta che reciti la parte della patetica. E’ questo che pensi? Che mi stia allontanando da te?
- Mi stai vicino solo quando vuoi che beva il tuo sangue.
Hiro la lasciò andare e si alzò di nuovo in piedi.
- Sto rispettando le regole. Mi hai chiesto di non interferire con il tuo lavoro, e non lo sto facendo. Mi hai anche detto che avresti avuto cura di te stessa e questo, invece, non lo vedo. Che cos’è esattamente che stai cercando di dirmi?
- Che cosa voglio da te, è questo che intendi?
- No! Ma non lo vedi? Non sei più tu! Una domanda come questa, non me l’avresti mai fatta, non ne avresti avuto bisogno. Sei inquieta e preoccupata, ma non parli. Rientri dalle tue missioni stravolta, ma non dormi mai abbastanza. Guarda che non ti sto rimproverando, ma non puoi negare che quello che stai facendo ti sta sottoponendo ad una pressione eccessiva.
Hiro tacque un momento, poi allungò una mano e le accarezzò la testa, e le sue dita scesero a portarle dietro un orecchio una ciocca di capelli.
- Non ti sto lasciando sola perché mi va di farlo ma perchè penso che tu ne abbia bisogno. Penso che il tuo livello di attenzione debba trovare un po’ di respiro e ne impiegheresti tanto concentrandoti anche su di me. E se insisto perché tu beva il mio sangue è perché anche io mi sento meglio quando lo fai.
Kyo non rispose. Aveva ripreso a guardare in basso, verso la poca terra che avevano smosso i suoi piedi mentre aspettava che passasse Hiro.
Lui si sedette a fianco a lei e le passò un braccio sulle spalle, attirandola a se. Kyo lasciò che la sua testa scivolasse nell’incavo del collo di Hiro e chiuse gli occhi. Stettero in silenzio per un po, ad ascoltare i lievi fruscii del vento tra le foglie degli alberi.
- Si sta bene qui…- mormorò la giovane donna, con la voce di quando stava per addormentarsi.
- Sì. – rispose sottovoce Hiro. – Si sta bene.
Si portò un polso alla bocca e lo morse profondamente. Succhiò tutto il sangue che potè, poi si chinò sulle labbra di Kyo e, facilmente, gliele fece dischiudere. Lentamente fece scendere il prezioso liquido nella sua gola fino all’ultima goccia.
Poi attese che Kyo si addormentasse. Non ci volle molto. Hiro la prese in braccio e si avviò verso il dormitorio Luna.

Passando accanto ad un albero percepì una presenza e voltò la testa leggermente. Appoggiato al tronco nodoso, c’era Zero Kyiriu che, serio, lo stava guardando. Hiro lo fissò per un istante appena e subito passò oltre, scomparendo rapido nel parco.
 
Top
MaRy1996
CAT_IMG Posted on 29/11/2009, 19:11




ma che romantica la nostra nery ^^
WAAA C'E' ANKE ZEROOOOOOO *ççççç*
NEBA 6 UNICAAAA!!!*-*
 
Top
27 replies since 13/7/2009, 15:23   1446 views
  Share