HiroKyo, Prologo (con premessa)

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Nerissa
icon8  CAT_IMG Posted on 25/8/2009, 22:34 by: Nerissa





Capitolo IV
Confronti


Ormai erano rare le occasioni in cui Kyo e Hiro si svegliavano o si addormentavano insieme. I loro orari non combaciavano più, per un motivo o per l’altro. Andavano insieme a lezione, ovviamente, e Hiro prendeva sempre posto dietro di lei. Le sue silenziose gentilezze non mancavano mai ma, spesso, troppo spesso, Kyo coglieva il suo sguardo oltre la finestra, il profilo in parte illuminato dalla luce della luna. Certe volte sembrava non accorgersi che lei lo stava fissando. In altri tempi, si sarebbe quasi immediatamente voltato e le avrebbe regalato un sorriso, o lanciato una battuta scherzosa.
Per la prima volta da quando si conoscevano, Kyo percepiva un cambiamento in lui, le cui cause non riusciva a definire. E poiché non era mai successo che non sapesse interpretare chiaramente gli stati d’animo del suo compagno, questa cosa sempre più spesso le dava da riflettere.
Da alcune settimane, di tanto in tanto, Hiro anticipava il rientro al dormitorio, dopo le lezioni, e quando lei arrivava lui era già addormentato. Scivolava accanto a lui ed aspettava che il suo corpo acquisisse la consapevolezza della sua presenza e si voltasse verso di lei. Dormendo, lui la abbracciava, o le infilava le dita tra i capelli, e da questi gesti inconsapevoli lei riceveva rassicurazioni sui suoi sentimenti, sul suo cuore ancora forgiato dall’amore.
C’erano giorni in cui socchiudeva gli occhi, svegliandosi da un sonno leggero e lo sorprendeva a guardarla, da vicino, come se la stesse aspettando. Le accarezzava delicatamente le guance, le spalle, e iniziava a baciarla, incoraggiandola con delicatezza ad avvicinarsi alla sua gola ed a prendere il suo sangue. Lei accettava sempre queste sue offerte, non solo perché senza nutrirsi del sangue forte di Hiro non avrebbe in definitiva potuto sopravvivere, ma perché bere il suo sangue le faceva provare di nuovo quella forte sensazione di appartenenza che, in alcuni momenti, stava iniziando a rassegnarsi all’idea di perdere. Si rifugiava tra le sue braccia come un gattino, lui la stringeva e si addormentavano con i cuori che battevano tanto forte da sentirli dentro le orecchie.
Ma c’erano anche quelle albe ancora avvolte nell’oscurità in cui Kyo si svegliava all’improvviso e trovava il posto accanto a se, nel letto, vuoto, e fresco da tempo. Come se lui avesse atteso che lei si addormentasse, sfinita per la lunga giornata, per poi alzarsi ed andarsene da qualche parte, non molto lontano ma, abbastanza, comunque, perché lei non riuscisse a capire quanto distante e dove.
Le prime volte restava perplessa e stentava a riaddormentarsi. Ma sempre, più tardi, quando era ora di svegliarsi veramente per iniziare la notte dei vampiri, lo ritrovava nella loro stanza, addormentato di nuovo accanto a lei, o a leggere un libro, a scrivere delle note su un taccuino o semplicemente a guardare dalla finestra.
Silenzioso e riservato come mai era stato.
Si girava verso di lei e le sorrideva nel suo modo speciale, chiedendole se aveva dormito bene, se le andava di fare una passeggiata prima dell’inizio delle lezioni oppure, più raramente, come quando erano piccoli, saltava sul letto e le faceva il solletico dicendole che aveva dormito troppo, che stava facendo la muffa aspettando che la principessa si svegliasse.
Eppure, era diverso. Eppure era lontano, pur essendo così vicino.
E di quelle piccole assenze notturne lei non gli aveva mai chiesto e mai lo avrebbe fatto.
Nel frattempo, i suoi rapporti con Kyriu Zero erano migliorati. Si trattava più di una moratoria, una ragionevole collaborazione di lavoro. Si parlavano molto poco e lei aveva smesso di chiedersi se Zero si fidasse ormai di lei. Concentrava le sue forze negli incarichi che continuavano ad arrivare – in cui la sua collaborazione, peraltro, aveva scoperto che non veniva menzionata ufficialmente, anche se puntualmente richiesta – e continuava ad osservare il ragazzo, ed a cogliere ogni occasione possibile di contatto fisico per valutare le sue condizioni. Che, sorprendentemente, le sembravano stabili. Nulla di Zero era prevedibile, a quanto pareva. Non era ancora ad un livello preoccupante. Nonostante i nefasti pronostici di chiunque conoscesse la sua condizione.
Per quanto riguardava lei, invece, iniziava a sentirsi molto stanca. Era da tanto tempo che non trovava più in se la voglia di leggere, o di starsene per conto suo a pensare. Appena poteva, cercava di dormire. E, con vergogna, aveva iniziato ad avvicinarsi al collo di Hiro più spesso di quanto avrebbe voluto. Mentre lui, era ormai da tanto che non le aveva chiesto il suo. Ultimamente, era il suo corpo che Hiro cercava, non il suo sangue. Forse era uno dei pochissimi ragazzi dell’accademia soggetti alla sperimentazione che reagisse positivamente al 100% alle pasticche ematiche. Mentre su di lei non avevano molto effetto. Del resto, se non avesse incontrato Hiro, sarebbe da tempo diventata una di quei vampiri nati malati, deboli, e finiti in una sorta di stato di ibernazione, una specie di morte apparente, intrappolati in un corpo privo di qualsiasi energia, inerte, vulnerabile. Non ne aveva mai visto uno, ma ne aveva sentito spesso parlare e non con i toni da leggenda. Era l’unica cosa che avesse a che fare con il suo destino capace di terrorizzarla.
In un certo senso, era molto simile a Zero: entrambi in attesa di quell’istante che li avrebbe mutati irreversibilmente in qualcosa che aborrivano.
Ma, almeno, Zero avrebbe perso la coscienza di se e sarebbe stato presto finito mentre per un vampiro inerte, la coscienza persisteva, in una forma di coma cosciente, e nessuno vi avrebbe potuto porre fine, era contro ogni precetto etico vampiro.
Orribile anche solo a pensarsi.
Eppure si detestava quando succhiava il sangue dalle vene di Hiro. Quando prendeva tutta quella vita da lui. Si detestava mentre letteralmente beveva il suo amore. Le sembrava di abusare di lui. Avrebbe preferito mille volte che la situazione fosse ribaltata.
Naturalmente, era entrata anche lei nel programma di sperimentazione, ma il suo corpo ancora rigettava quelle pastiglie che avrebbero dovuto cambiare la cultura dei vampiri e sulle quali il preside Cross riponeva un monte di speranze.
Forse la scarsa ricettività al composto era anche dovuto a tutti gli sforzi a cui si stava sottoponendo per seguire e sorvegliare Zero, che le succhiavano le poche energie di cui disponeva.
Una dura lezione per il suo orgoglio.
Era arrivata all’accademia lusingata dall’invito di Kaname Kuran e si era lasciata rassicurare dalle sue parole. Adesso, nonostante le apparenze, lei sapeva che, invece, stava fallendo nella prova cui era stata sottoposta. Perché anche se riusciva a mascherarlo, non sapeva se, nel momento fatale, sarebbe stata in grado di dare il colpo di grazia a Zero.
La cosa peggiore era che Zero sapeva perché lei lo accompagnava.
Negli ultimi giorni ciò le era divenuto estremamente chiaro. Lo sapeva e contava su di lei.
Non ne avevano mai parlato, ovviamente. Ma era sempre dal modo in cui la gente la osservava che Kyo capiva cosa stava pensando di lei, e gli sguardi di Zero erano eloquentissimi, se li sentiva appiccicati addosso ogni volta che toccava a lei sopprimere una di quelle povere creature cui davano la caccia.
Zero ormai contava sulla sua spietatezza per essere fermato e sulla sua compassione perché fosse rapida ed efficace.
Ancora una volta si rimproverò per la sua presunzione, lei che si era sempre permessa di credersi più posata e matura di Hiro perché meno avventata, meno spontanea…sì, le ultime settimane da quando era arrivata all’accademia Cross erano state veramente una dura lezione per il suo orgoglio. Checchè ne pensassero Kaname Kuran e Kaien Cross, si sentiva umiliata dalla sua inadeguatezza.
Tutti questi pensieri volteggiavano nella sua testa in una notte prossima al suo spegnersi, sopraffatta dalla luce del nuovo giorno.
Kyo aveva trovato una panchina, nel giardino del direttore Cross, e ci si era seduta, composta come una bambina bene educata. Si guardava la punta degli stivaletti, con i quali stava facendo dei piccoli disegni sulla terra.
Quando Hiro arrivò, non sollevò subito gli occhi verso di lui, continuò il suo passatempo, ma sorrise.
- E’ da tanto che aspetti? – le chiese lui. Una frase normale, ma il contesto era sbagliato.
In verità, non avevano un appuntamento.
Hiro, quella notte, come al solito si era dileguato subito dopo le lezioni, saltando anche la cena. Però era vero che lei lo stava aspettando.
- Da un po’. – rispose. – Più o meno da quando ti sei allontanato.
- Perché non sei entrata nell’orto? Anche se stavo lavorando, potevamo parlare.
- Non volevo disturbarti. Mi piace pensare che ci sono cose che fai da solo con entusiasmo e non voglio intromettermici.
- Non mi avresti disturbato. Invece mi avrebbe fatto piacere. Mi fa sempre piacere quando siamo insieme. E non capita spesso, ultimamente.
Kyo alzò la testa e lo guardò.
- Davvero non ti da fastidio che sia venuta a cercarti?
Il corpo di Hiro dava le spalle alla luna e sembrava avvolto da un sottile alone di luce.
Gli occhi di entrambi brillavano nell’oscurità e lei mantenne il suo sorriso. Il ragazzo, invece, era serio, pur ricambiando il suo sguardo. In una mano stringeva un mazzo di fiori e nell’altra degli attrezzi da giardino. Si chinò, posando tutto sulla panchina poi si accucciò davanti a Kyo, appoggiando le mani ai suoi lati. Hiro non rispose alla sua domanda.
- Hai bisogno di bere. – disse, invece, senza mezzi termini. E si portò una mano alla gola, dove le sue unghie trovarono sicure la vena da aprire. Lei sollevò una mano per fermare la sua.
- No, ti prego…
- Sì, invece. Ne hai bisogno, i tuoi occhi sono stanchi.
- Non sono venuta qui per questo, ti prego! Volevo solo stare un po’ con te.
Hiro le posò una mano sulla nuca ed avvicinò la testa di Kyo alla sua. Le loro fronti si toccarono.
- Bevi un po’ del mio sangue. – le sussurrò. – Mi piace quando mi mordi…
- Ti piace essere il mio cibo? – Kyo, per la prima volta, scoprì una punta di cattiveria nel tono della sua stessa voce. Era davvero stanca, se la sua guardia si era abbassata così tanto. Hiro non abbandonò la profondità dei suoi occhi. Ma strinse i denti prima di risponderle. Lo aveva colpito.
- No. – disse. – Sì, anzi. Mi piace essere il tuo cibo se questo ti fa stare bene. Se tutto quello che posso fare per te in questo momento è darti il mio sangue, allora mi va bene.
- Stai dicendo delle cose cattive.
- No. Sei tu che non ti rendi conto dello stato in cui ti sei ridotta.
- Se sei così preoccupato per me, perché ultimamente mi lasci sempre più spesso da sola?
Hiro quasi rise.
– Da quando ti conosco è la prima volta che reciti la parte della patetica. E’ questo che pensi? Che mi stia allontanando da te?
- Mi stai vicino solo quando vuoi che beva il tuo sangue.
Hiro la lasciò andare e si alzò di nuovo in piedi.
- Sto rispettando le regole. Mi hai chiesto di non interferire con il tuo lavoro, e non lo sto facendo. Mi hai anche detto che avresti avuto cura di te stessa e questo, invece, non lo vedo. Che cos’è esattamente che stai cercando di dirmi?
- Che cosa voglio da te, è questo che intendi?
- No! Ma non lo vedi? Non sei più tu! Una domanda come questa, non me l’avresti mai fatta, non ne avresti avuto bisogno. Sei inquieta e preoccupata, ma non parli. Rientri dalle tue missioni stravolta, ma non dormi mai abbastanza. Guarda che non ti sto rimproverando, ma non puoi negare che quello che stai facendo ti sta sottoponendo ad una pressione eccessiva.
Hiro tacque un momento, poi allungò una mano e le accarezzò la testa, e le sue dita scesero a portarle dietro un orecchio una ciocca di capelli.
- Non ti sto lasciando sola perché mi va di farlo ma perchè penso che tu ne abbia bisogno. Penso che il tuo livello di attenzione debba trovare un po’ di respiro e ne impiegheresti tanto concentrandoti anche su di me. E se insisto perché tu beva il mio sangue è perché anche io mi sento meglio quando lo fai.
Kyo non rispose. Aveva ripreso a guardare in basso, verso la poca terra che avevano smosso i suoi piedi mentre aspettava che passasse Hiro.
Lui si sedette a fianco a lei e le passò un braccio sulle spalle, attirandola a se. Kyo lasciò che la sua testa scivolasse nell’incavo del collo di Hiro e chiuse gli occhi. Stettero in silenzio per un po, ad ascoltare i lievi fruscii del vento tra le foglie degli alberi.
- Si sta bene qui…- mormorò la giovane donna, con la voce di quando stava per addormentarsi.
- Sì. – rispose sottovoce Hiro. – Si sta bene.
Si portò un polso alla bocca e lo morse profondamente. Succhiò tutto il sangue che potè, poi si chinò sulle labbra di Kyo e, facilmente, gliele fece dischiudere. Lentamente fece scendere il prezioso liquido nella sua gola fino all’ultima goccia.
Poi attese che Kyo si addormentasse. Non ci volle molto. Hiro la prese in braccio e si avviò verso il dormitorio Luna.

Passando accanto ad un albero percepì una presenza e voltò la testa leggermente. Appoggiato al tronco nodoso, c’era Zero Kyiriu che, serio, lo stava guardando. Hiro lo fissò per un istante appena e subito passò oltre, scomparendo rapido nel parco.
 
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